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21 Agosto 2007
IL SINDACO BURLONE
Esistono incontri che ti ribaltano il significato di un'intera giornata. Ad esempio. Sto vagando sul Gran Sasso, è già pomeriggio inoltrato, stanno anzi già calando le prime ombre della sera, quando a lato della strada vedo una ventina di posteggi a lisca di pesce. Non c'era niente, attorno, proprio niente. Il nulla. A parte un vecchietto, seduto su di un muretto a lato della strada. La tentazione è troppo forte, e devo fermarmi a chiedere. Accosto la macchina e scendo.
Scusi, ma a cosa servono questi parcheggi? Non ho visto cartelli con indicazioni turistiche, e non mi sembra che ci sia niente, così a occhio...
Ha ragione, sa. Questa è una storia che merita di essere raccontata.
Mi siedo sul muretto anche io.
Parecchi anni fa, in un paese qui vicino, gli abitanti si lamentavano che non vi fossero abbastanza posti per lasciare macchine e trattori vicino alle proprie dimore. Dopo l'ennesima riunione di paese, un comitato decise di andare dal sindaco e far sentire la loro voce. Il sindaco accettò le rimostranze e promise che avrebbe risolto il problema in men che non si dica. Nottetempo, fece predisporre i parcheggi esattamente sul confine dove finiva l'area comunale di sua competenza, esattamente dove noi siamo adesso. Una volta ultimati i lavori, la leggenda vuole che tornò alla taverna del paese e si ubriacò ridendo per tutta la notte. Quando i suoi concittadini lo raggiunsero, al sorgere del sole, stava ancora ridendo.
E poi cosa successe? Cosa ne è stato di lui?
Venne rieletto ancora per i due mandati successivi, finchè non venne investito da un camion una domenica mentre usciva da chiesa. Ma da allora, nessuno ha più chiesto un parcheggio oltre a questi che vedi. Che comunque nessuno usa.
Rimango senza parole.
E pensare che la mattinata era cominciata in maniera completamente diversa. Mi alzo prestissimo, sono ancora a Bari. Scambio due convenevoli con la ragazza alla reception, durante i quali scopro che si sta interessando al fatto che sto girando da solo poichè sono single. Affascinante. Il suo interesse, e in fondo anche lei. La saluto e mi dirigo verso Foggia, dove esco dall'autostrada e vado verso Manfredonia. Raggiungo il paese di Monte Sant'Angelo, arroccato sul mare con una sequenza di abitazioni tutte bianche che hanno la forma esatta delle casette del monopoli, e quindi mi catapulto all'interno per oltrepassare il Parco Nazionale del Gargano. Mentre la Puglia sopra Bari mi è sembrata abbastanza spoglia, questo promontorio è decisamente lussureggiante e verde. Molto verde. Bello. Faccio foto stupide nel bosco. Esco nei pressi di Rodi e costeggio la costa vicino ai laghi di Varano e Lesina. Riprendo quindi l'autostrada e mi dirigo verso Pescara, per poi uscire a Popoli e mettermi sulla statale in direzione di L'Aquila. La strada interrotta mi costringe ad una deviazione, e scopro così l'antico castello medievale di Capestrano. Faccio altre foto stupide. Riprendo quindi il cammino e arrivo a L'Aquila: faccio un breve giro in centro giusto per rendermi conto di come la città sia un insieme disomogeneo di salite e discese, anche pedonali, e lascio che i piedi mi conducano un po' dove vogliono loro per un'oretta. La città non mi comunica niente di particolare, e quindi risalgo in macchina.
Decido quindi che è giunta l'ora di puntare al Gran Sasso. Mi inerpico sulle pendici della montagna, lungo strade veramente splendide se confrontate a quelle dell'Aspromonte, ma forse un po' meno intriganti a livello di feeling che sento sulla pelle. Però sono tutte da guidare. Assolutamente. Arrivo all'osservatorio astronomico a quota 2130 metri e iniziano a cadere alcune sparute gocce di pioggia, che per fortuna restano isolate. Inizio la discesa e mi dirigo a nord, attraversando paesini minori tipo Ortolano, Cervaro, Cortino, Elce, e Fiume. All'altezza di Torricella Sicura, dopo aver percorso 680 km, trovo un ostello che mi ospita per la notte. Simpatico il gestore. Scopro che i proprietari organizzano anche escursioni a cavallo per il Gran Sasso, e ne prendo nota mentale per riferirlo all'Eleonora: il posto si chiama Monte Fanum.
Ripenso quindi al sindaco e alla storia che mi è stata raccontata. Che cosa potrei aggiungere? Niente. Proprio niente.
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