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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
22 Agosto 2007
TURISMO DI MASSA

Mi sveglio alle due di notte senza più sonno. Accendo il computer e scopro che l'albergo è dotato di connessione wi-fi: ne approfitto quindi per leggere la posta e mettere online i resoconti dei primi quattro giorni di viaggio. Mi alzo poi in mattinata relativamente presto e mi dirigo verso Teramo, poi rasento Ascoli Piceno e volgo verso i Monti Sibillini. Mi inerpico lungo strade splendide e deserte fino a raggiungere la quota di oltre 1500 metri. Rimango affascinato dalla presenza di Piano Grande, un'enorme pianura che pare abbandonata e distesa tra i monti, perfettamente livellata, e quindi probabilmente il lascito a noi posteri di un ghiacciaio di qualche tempo fa. Giusto "qualche".
Abbandono i monti e passo vicino al paese di Norcia, saluto Camerino e sfioro Fabriano. Entro quindi in Genga, alla volta delle grotte di Frasassi. Splendide, niente da dire a riguardo. I paesaggi scavati nella roccia hanno qualcosa di extraterrestre, quasi. E l'illuminazione rende uniche quelle costruzioni che madre natura ci ha lasciato. La nota negativa? La gente. Dopo giorni passati a visitare luoghi abbastanza deserti o comunque non centri di migrazioni collettive, mi sono trovato catapultato in un enorme girone infernale popolato da famiglie urlanti e turisti giapponesi muniti ovviamente di macchine fotografiche. Odio questo genere di sensazioni. Si faceva quasi fatica a respirare, da quanta bolgia era presente.
E' per questo che a giro ultimato, sul tardo pomeriggio, decido che è giunta l'ora di purificarmi e decido di volgere verso Recanati, patria poetica di Giacomo Leopardi. Non che mi aspettassi di trovare il deserto di gente, ma sentivo la necessità di andare in una specie di oasi purificatrice. E Recanati, che ho sempre sentito nominare associata a colui che considero il miglior poeta italiano, è proprio ciò di cui ho bisogno. Giungo quindi in loco e trovo alloggio per la notte nel fulcro esatto del centro storico, presso l'hotel La Ginestra. Munitomi di mappa turistica della città, inizio quindi a vagare per quei posti che sono stati resi celebri dalle parole del poeta: vedo quindi la torre del "passero solitario" e la piazza del "sabato del villaggio", fino a finire su quel colle la cui siepe impediva lo sguardo al Leopardi. E' nel frattempo giunta l'ora di cena, e mi infilo all'Old Way, l'unico minuscolo e rustico ma accogliente pub presente nel centro storico di Recanati, che a dire il vero è anche abbastanza piccolo: stretto e lungo, lo si percorre in dieci minuti a piedi. Qui, tra una birra scura ed un hamburger ben cotto, scopro essere il punto di ritrovo dei giovani autoctoni, visto che il posto sembra essere disprezzato dai turisti di passaggio che preferiscono bar ben più allettanti in piazzette eccessivamente illuminate o altisonanti ristoranti dai prezzi esorbitanti. Ascolto accidentalmente i discorsi e mi sembra che siano un po' insofferenti alla massa che arriva ogni giorno, attirata da quel mito ancestrale che è Giacomo Leopardi. Mi sento un po' in colpa per questo, ma cerco di celare la mia identità. L'occasione vuole che la serata sia un'occasione per festeggiare il futuro matrimonio tra due di loro, e quindi il tono dei discorsi varia quasi immediatamente: capisco di essere di troppo ed esco per farmi l'ultimo giro per la città, illuminata per il mio sguardo solo da una pallida e smunta luna. Incantata luna.
Torno quindi in albergo, e lascio che i miei pensieri si rilassino su tutto quanto ho visto nella giornata di oggi: dalle bellezze che la natura ci ha lasciato, all'inutile migrare delle masse vacanzifere in posti sicuramente interessanti ma rovinati dal pressapochismo e dal fiume di presenze in piena. Soffermo la memoria sulla pace provata a Recanati, e socchiudo gli occhi. Oggi ho percorso soltanto 280 km, ma l'animo è stremato e soddisfatto. Chiudo gli occhi definitivamente.

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