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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
12 Agosto 2006
ESTATE 2006 - GIORNO 1

Incantata, e vecchia Praga. Ma andiamo con ordine.
Stamattina mi sono svegliato nello stesso motel in cui mi ero addormentato, dopo una notte non priva di incubi. Prima o poi dovrei decidermi a raccontarli o scriverli, perché alcuni potrebbero essere veramente degni di nota. Comunque. Dopo un veloce colazione mi rimetto in cammino e dopo poche curve trovo finalmente l’albero che cercavo. Mi fermo. Lo guardo. Lo riguardo. Scatto qualche foto. Lo guardo ancora. E finalmente, mi rimetto in cammino.
Continuo a percorrere la Svizzera verso il passo di San Bernardino, quando succede l’impensabile. Inizia a nevicare. Fiocchi grandi come un dito cadono giù dal cielo, e sembrano volermi cancella re dalla memoria il fatto che siamo esattamente a metà agosto. Magico. Continuo il mio cammino e attraverso le cittadine di Splugen, Thusis e Chur. Poco prima di entrare in Liechtenstein attraverso una postazione militare che mi ricordo già da tre ani fa, e finalmente entro a Vaduz. Non sembra cambiata. Non mi accorgo nemmeno di aver cambiato stato e sono già in Austria, a Feldkirch. Alla dogana ancora una volta non sembrano nemmeno guardarmi in volto. Penso di aver preso l’autostrada, a questo punto, ma non ne sono sicuro. Certo è che, se l’ho veramente fatto, non avevo pagato la tassa per poterla prendere e sono stato fortunato che non mi abbiano fermato.
Tempo nemmeno un’ora e sforo in Germania. Mi immetto in direzione Memmingen e alla prima sosta mi fermo a mangiare da un McDonald per poter fare in fretta. Era già quasi l’una, in effetti. Acquisto anche una cartina stradale, per poter sapere dove io stia andando. Va ricordato infatti che fino a questo punto ero dotato solamente della cartina autostradale del nord Italia.
Mi dirigo verso Munchen (autostrada numero 96), ma solamente perché l’autostrada verso Nurnberg (numero 7) era intasata dal traffico. Giro poi in direzione di Regensburg (numero93), poi ancora Weiden fino alla deviazione in direzione Plzen (numero 6), e quindi Praga (E50). Appena entrato in repubblica Ceca mi fermo per fare rifornimento, e ne approfitto per comprare la “vignette” per poter utilizzare le autostrade ceche, e cambio 100 euro in moneta locale.
A questo punto, non mi lascio più distrarre da niente e mi dirigo senza remore verso Praga, che raggiungo finalmente alle 18.30 di sera. Dopo aver vagato in macchina una mezz’ora alla ricerca di un alberghetto dove dormire, trovo finalmente una pensione in pieno centro dove riesco a sistemarmi. Lascio quindi le mie cose in camera, e mi dirigo alla ricerca del pub che più mi è caro al mondo: U Fleku. E riesco inesorabilmente a perdermi. Le vie di Praga sono qualcosa di incantato, veramente. Credi di andare in una direzione e ti ritrovi al punto di partenza, senza nemmeno rendertene conto. Chiedo delle timide indicazioni ad un tassista e dopo dieci minuti mi accorgo che sono nuovamente di fronte alla sua via, come se non mi fossi spostato, come se lui mi avesse seguito. Ma la realtà è ben diversa. Praga è una città magica, un po’ come certi vicoli di Genova. Sei convinto di sapere dove stai andando, ma in realtà solo loro sanno dove sei, e dove ti vogliono far andare. E ci riescono perfettamente. Sul serio. Ma dopo tanto girovagare, finalmente lo raggiungo.
Una piazza che rappresenta la sosta di un’intera vita. Ci sono posti che sono legati intimamente a ciò che siamo, quello che abbiamo vissuto, alle scelte che intraprenderemo. Praga, per me, è un luogo magico, è uno di questi posti. E la birreria U Fleku non potrebbe mancare. L’atmosfera che vi si respira mi ha stregato fin dalla prima volta che vi venni, nel lontano 1996, oramai dieci anni fa. Svaniti come un batter di ciglia dopo un sonno durato un secondo, un attimo, un istante soltanto. Ma quanto basta per farmi sentire a casa come la prima volta che varcai quella soglia, anni fa. E non esiste miglior cura per l’anima se non il trovarsi in posti che significano la pace, la tranquillità, l’essenza stessa della vita.

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