DanieleAssereto.it - GANDHI'S GUNN

Daniele
Assereto

9 Ottobre 2007
GANDHI'S GUNN

Il nome è evocativo e spiazzante al tempo stesso. E' un nome che unisce una figura pacifista, da sempre associata ai concetti splendidi e divini della "non violenza", ad uno strumento inventato dall'uomo proprio per provocare e disseminare dolore e morte. Uno strumento di sofferenza. Un'arma che annichilisce le persone che vi si trovano davanti, costrette ad inginocchiarsi davanti a lei. Una sorta di divinità materiale, con un mirino giusto per identificare senza possibilità di errore ogni misero credente. Un dio con caricatore. Troppo spesso si sente dire che non è un'arma ad essere cattiva, ma la persona che la tiene in pugno. Un po' come certe religioni, in effetti. Ed in un certo senso, è anche vero. Anche. Ma la sensazione di potere che si prova quando si tiene un simile strumento di potere tra le mani, non dovrebbe essere alla portata di tutti, e nemmeno di tanti. Ma invece accade. Guerre a parte. Pensate alle crociate. Pensate alla legittima difesa. Pensate anche agli omicidi che si commettono per strada, in nome di chissà quale credo, di chissà quale estentato motivo, di chissà quale religione. E quindi, pensare a cosa sarebbe successo a mettere tra le mani di Gandhi una pistola, fa venire i brividi. Cosa sarebbe potuto succedere a quell'uomo, al suo pensiero, alle sue convinzioni? Cosa sarebbe successo a tutti i suoi pensieri sulla "non violenza"? Cosa sarebbe successo alla sua religione? La risposta credo sia nascosta in quella doppia consonante finale. Prolungatela sulla vostra lingua, lasciate che vi si soffermi addosso, strascicatela nella pronunzia, e avrete il vostro credo. Il credo di tanti, se non di tutti. La messa è finita male, andiamo in pace. Amen.