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Maggio 2008
24 maggio 2008
A B
Ho i brividi.
B, ti prego, dimmi che lo stai facendo apposta.
Non riesco proprio a credere che una persona [tu, nello specifico] che abbia pensato, scritto e soprattutto consegnato una tesi di laurea al termine di un qualunque piano di studi, riesca anche solamente a pensare di scrivere email come quelle che ho avuto il dispiacere di leggere nell'ultimo periodo. A parte l'utilizzo sconsiderato, e senza cognizione di causa, dei "tre puntini di sospensione" - abusati quasi che fossero vecchi compagni di bagordi da cui non ci si riesce proprio a separare - l'intera composizione è un susseguirsi di errori tipografici che farebbe morire Johan Gutenberg se vedesse l'utilizzo improprio che viene fatto oggi della sua geniale invenzione.
Mi sto riferendo a frasi che iniziano con lettere minuscole, mancanza di spazi dopo una singola parola e anche dopo la punteggiatura, maiuscole soppresse in nomi propri come se non fossero mai esistite, abbreviazioni lessicali degne del gergo dei paninari di 20 anni fa, accenti perduti e definitivamente dimenticati, ecc...
B, ti prego ancora, dimmi che lo stai facendo apposta.
Non sto scrivendo questa mail per rimproverarti o farti la morale, sia chiaro, ma solo per cercare di descriverti i brividi freddi che son corsi lungo la mia schiena mentre leggevo le tue parole. Riga dopo riga, è stato un continuo cercare di interpretare quello che suppongo tu stessi pensando, perchè dalla sola lettura ti assicuro che era quasi impossibile. E non intendo adesso citarti ogni singolo passaggio dei tuoi sproloqui, perchè altrimenti rischierei di arrivare alla fine della giornata senza quasi accorgermene. O accorgendomene, ecco si, ma penando le torture dell'inferno.
Lascia quindi che adesso io ti saluti e ti auguri una buona giornata a dispetto di tutto quello che mi verrebbe invece da augurarti, con la preghiera di sforzarti un po' di più quando scrivi email in giro. Okay, so che non hai fatto lettere moderne o seguito una facoltà umanista, ma a tutto esiste un limite. E so che ce la puoi fare. SOno ottimista. Non pretendo certo che tu scriva in una forma artistica o seguendo i dettami di copioni teatrali e/o cinematografici, ma almeno cerca di osservare un minimo di regole di fruibilità. Ti prego. Non ti suggerirò di prendere in mano un dizionario e cercare di utilizzare termini che parrebbero dotti anche sulla bocca di un docente universitario, ma ti imploro soltanto di essere corretto nella forma. Ti prego. Fallo per chi ti legge. Fallo per me. Ma soprattutto, fallo per te.
A presto.
P.S. Se poi posso permettermi un ultimo consiglio, prova ad abbandonare l'uso dei puntini di sospensione. Inizia con quello, e tutto il resto vedrai che potrebbe venire automaticamente. Mi rendo conto che non sarà un passo facile, ma nessuno ha mai detto che lo sarebbe stato. Prova a vederla come se fosse una rinuncia inevitabile ma a fin di bene. In bocca al lupo, e spero di leggere presto qualcosa di tuo [puntini puntini puntini]...
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13 maggio 2008
URLA
Andiamo, fratello, smettila di comportarti così. Mi sembra che tu la stia prendendo veramente troppo sul serio. Cerca di renderti conto che non sei il protagonista di un videoclip musicale, di quelli dove gli attori saltano giù dai ponti e atterrano su tir in movimento. Non sei alla guida di un caccia militare. O se credi di esserci veramente, allora renditi conto che stai volando ad una velocità folle, e sei troppo vicino al suolo. Attento, fratello. Non ho dubbi, stai veramente esagerando. Guarda che stai prendendo tutto alla lettera, e non ti fa affatto bene. Non è questo il vero significato della musica, lascia che te lo dica. Ascoltami. Cerca di uscire da quel vicolo mentale in cui ti sei rinchiuso, finchè sei in tempo.
Mi rendo perfettamente conto di come la vita ti abbia trattato. Lo so, è tutto una merda. Lo vedo nei tuoi occhi, lo leggo nei miei. Non sei solo in questa città triste, non sei l'unico che soffre per quello che stai provando in questo momento. Non cedere alle lusinghe di soluzioni immediate, perchè non sarà grazie a loro che troverai la pace. Sei tu l'ago della bilancia della tua vita, e non qualcos'altro che puoi piantarti nelle braccia, conficcandolo finchè non vedrai sgorgare il tuo sangue. Hai mangiato la polvere, e ti ha fatto schifo. Ma ora non pensare che imbottirsi di farmaci sia una soluzione. Il sapore, alla fine, non cambierà. Il sapore, alla fine, sarà esattamente lo stesso.
Non fare lo stupido. Cosa stai cercando di fare? Smettila. Di questo passo, l'unico a perdere sarai tu.
Andiamo, ragazza, smettila di piangere. Oggi è una splendida giornata. Smettila di vedere tutto nero, e tira fuori quel piede dalla fossa che tu stessa ti stai scavando. Non lasciare che un solo amore infranga tutte le tue speranze, e distrugga quel fantastico mondo che ti circonda. Usa le tue lacrime per fortificarti, non per distruggerti. Smettila di struggerti. Sul serio. Coraggio, sorella, impara a mandare a fanculo tutta quella merda che ti avvolge e dimostra alle strade, alle case, alla città intera che tu sei più forte di loro, di tutte loro, che non sono poi così dure come vorrebbero farti credere. Smettila di mentire a te stessa ed affronta i tuoi demoni. Il tuo cuore è rotto, ma non è danneggiato irreparabilmente. Tu sei più forte. Credimi.
Capisco che adesso tu stia vedendo tutto rosso, ed è per questo che ti porgo la mia mano. Tu aprimi la tua, e poggia sul tavolo quella pistola che cerchi ossessivamente di puntarti alle tempie, perchè non è una soluzione. Le risposte arrivano quando meno te le aspetti, che sia o meno il cielo a mandarle. Non credere che il tuo destino sia oramai irrimediabilmente segnato. Non è così. Non è affatto così.
Non fare la stupida. Cosa stai cercando di fare? Smettila. Di questo passo, gli unici a vincere saranno loro.
Non è tuo padre quello che ti sta parlando adesso. Lo sai tu, così come lo so io. La tua storia, in fondo, non è poi così scioccante. Lo so io, esattamente come lo sai anche tu. Cosa devi fare? Niente di particolare, in fondo: esci e urla. Urla al cielo il tuo barbarico istinto di sopravvivenza. Esci e urla. Urla. Più forte. Più forte ancora. Urla.
[Liberamente ispirato a "Hey stoopid" di Alice Cooper]
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11 maggio 2008
CESENATICO III - CASO
Gli incontri casuali sono gli eventi che maggiormente condizionano le giornate. Gli incontri casuali riescono a dare un senso a ore e ore di noia in una giornata infinitamente lunga, così come riescono a stravolgerne completamente il senso di una giornata anche dopo una serie di eventi rilevanti che comunque tengono impegnati mente e spirito. A cosa mi sto riferendo? A tante cose, e a nessuna allo stesso tempo. Ma dopo una giornata che ha visto la sveglia puntata prima delle sei, devo dire che la fine è stata veramente imprevedibile. Dapprima una cena in una struttura alberghiera che è finita davanti ad un pianoforte a suonare L'incantevole Creamy ed il tema di LeChuck da Monkey Island, ascoltando subito dopo l'esecuzione dei Pirati dei Caraibi e della Signora in Giallo, e poi... lo stupore.
Andiamo a berci una birra in un posto qua in giro?
Okay, dai, giusto per non andare sempre nello stesso piccolo pub a fine giornata.
Dieci minuti - scarsi - di macchina e siamo finiti lì, a Pinarella, in questa discoteca rock dal nome Rock Planet, dove abbiamo scoperto esserci quella sera stessa il concerto de Gli Atroci. Gioia. Che in parte è stata poi mitigata dal concerto stesso, che se da una parte è stato divertente per l'impatto emotivo, dall'altra mi ha permesso di rendermi conto che musicalmente il gruppo presenta qualche lacuna, a partire dalla presenza eccessiva di base registrate a reggere il ritmo per tutto il concerto. Ottima la presenza scenica del gruppo, studiate nel minimo dettaglio le coreografie, ma musicalmente sono stati abbastanza deludenti. Con tutto che avrei anche acquistato una maglietta, se non mi fosse stato negato dal fatto che "c'era la finanza nel locale". Dettaglio non trascurabile, in effetti. Il locale invece era eccessivamente fiero, enorme, una realtà che a Genova non riuscirebbe mai ad esistere e probabilmente neanche a sopravvivere, struttrata com'era: vi erano più sale dove al termine del concerto veniva propagata musica di generi differenti, contemporaneamente. Ma la sensazione di aver incontrato qualcosa per caso, inaspettatamente, è stata assolutamente impagabile. Così come è stato impagabile parcheggiare di fianco ad un minigolf e scoprire, a fine serata uscendo dal locale, che il parcheggio era privato e la macchina era rimasta chiusa da un cancello automatico all'interno di un giardino. Sono imprevisti che succedono, anche questi.
Ed ora, dopo quattro ore scarse di sonno ed una mattinata passata ad assistere alla premiazione delle gare di matematica singole, sono decisamente lessato. Tra un'ora si mangia, e poi si riparte per tornare a Genova. Anche quest'anno, la trasferta a Cesenatico è finita. Casualità incluse.
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10 maggio 2008
CESENATICO II - GAFFES
- Meno male che quest'anno ci siate voi ad aiutarci. L'anno scorso c'erano certi normalisti di Pisa che...
- Veramente noi siamo della Normale di Pisa.
- Si ma quelli degli anni scorsi non erano poi molto svegli...
- Veramente noi vi aiutiamo da un po' di anni.
- Ehi! Ma l'avete vista, quella Ferrari laggiù?
A volte capita, di fare qualche piccola gaffe. Non so voi, ma a me capita abbastanza spesso. Sono gaffe innocenti, alla fine, ma di quelle che lasciano il segno per l'intera giornata. Giornata che si preannuncia massacrante come le precedenti. Sveglia all'alba, ma anche prima, e poi di corsa verso un palazzetto per far correre dei giovani matematici in sfida contro il tempo e contro problemi di logica e analisi. Algebra e geometria. Vabbè, matematica insomma. Organizzare gare di matematica a squadre non sarebbe poi così male, se non avesse alcune controindicazioni, tra le quali appunto la sveglia ad orari improbi. E andare a dormire dopo ore di riunione per trovare soluzioni a problemi logistici. E riuscire a scrivere queste sparute righe appena svegliato, con una cappa di sonno che ancora incombe sulla cervello, perchè è praticamente l'unico momento libero della giornata: poi di corsa verso la colazione, e via in direzione del palazzetto. Il tutto, sperando di riuscire a fare meno gaffe possibile nel corso delle ore, possibilità che in fondo aumentano sempre di più con il calare delle ore di sonno. E domani, avrò veramente l'aspetto di uno zombie all'alba del giorno dopo.
Oh, cavoli, quant'è tardi. Fuggo incontro al destino.
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9 maggio 2008
CESENATICO I - PRIMAVERA
La primavera è una stagione strana. Di quelle che fan perdere le parole, praticamente. C'è chi la sente arrivare precisa come un orologio svizzero, il 21 marzo, dopo i tre lunghi mesi di freddo invernale, e poco importa se tutto attorno ancora continua a cadere la neve e ad imbiancare le cime dei monti più vicini. C'è chi crede che sia scomparsa, e quindi divide l'anno in estate e inverno, evitando magari di asserire banalità come "non esistono più le mezze stagioni" ma credendoci convintamente. E poi ci sono io.
Per me, la primavera comincia con una trasferta a Cesenatico. E di anno in anno, non cade mai negli stessi giorni, ma il periodo è sempre quello: i primi di maggio. Non dipende tanto dal posto, che in effetti potrebbe essere considerato quasi irrilevante, ma da tutta una serie di coincidenze di contorno. Anzitutto, l'allergia: è venendo a Cesenatico che inizio a trovarmi con gli occhi che lacrimano per il troppo sole, e con il naso che prude perennemente. Fastidioso. Non so se siate mai stati allergici a qualche cosa, ma è una di quelle condizioni che non augurereste a nessuno: non vi sentite male, ma perennemente indisposti, con un leggero filo di mal di testa che vi perseguita per tutta la giornata. E non dipende dalle poche ore di sonno, no, ve lo posso assicurare. Fastidioso, quindi, decisamente fastidioso. Poi mi ritrovo ad avere in valigia vestiti prevelentemente invernali, quando invece comincia a fare abbastanza caldo da farmi sudare in quelle magliette dalle maniche lunghe e nere che tanto mi hanno tenuto compagnia nei mesi invernali, quando mi salivano a noia le camicie. Si susseguono quindi ore in cui ho caldo, freddo, di nuovo caldo, ancora freddo, e avanti così. E poi okay, c'è anche la trasferta. Ma il risultato di tutto questo è che in genere mi ritrovo con qualche tratto di febbre che mi rovina tutto il periodo di trasferta fuori Genova.
Quest'anno, miracolo, non è ancora successo. La febbre intendo, perchè l'allergia e le botte di caldo/freddo ci sono ancora. Ma niente febbre. E mi domando se non stia in qualche modo rimpiangendole, visto che mi ritrovo adesso a narrarle quasi come se fossero un vecchio amico di cui sento nostalgia. No, non è così. Ma trovo curioso che in effetti sia il primo anno in cui ciò non accade, e sorrido. La primavera è proprio una stagione strana, ed è per questo che...
P.S. Ah, rieccole qui. Maledette parole.
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6 maggio 2008
SILENZIO
Guardami. Guarda nei miei occhi. Lo sai, non mi hai mai visto piangere. Mai. E ora guardami. Se mai tu vedessi una lacrima che scorre sulle mie guance, sappi che mi starà facendo rabbrividire in tutto il corpo, fin dentro le ossa. Se mai tu vedessi una lacrima scorrere giù, sempre più giù, fino a scomparire sotto il collo, sappi che starò tremando. Oh, se starò tremando. Starò tremando come se il mio cuore fosse vittima di un terremoto, nato nel più profondo dei miei occhi. E tu lo sai, io non piango mai. Io non grido mai il mio dolore. Mai.
Silenzio.
Lo sai, sai perfettamente che cosa provo. Sai che vorrei amarti, darti tutto il mio cuore. Sai che vorrei amarti, ma allo stesso tempo io so che farei meglio a non avvicinarmi nemmeno a te. Vorrei stringerti a me, stringerti forte, sempre più forte, ma i miei stessi sensi mi avvertono del pericolo, e capisco che devo fermarmi. Vorrei baciarti. Oh, lo vorrei così tanto. Così tanto. Vorrei avere la possibilità e la fortuna di pregustare ogni tuo più piccolo respiro, ogni tuo desiderio. Ma so che non è possibile. Vorrei baciarti, ma so che ne morirei. Morirei. Perchè tu sei come un veleno che mi è entrato in circolo, nel sangue, e oramai scorre dentro le mie vene senza che io possa fare nulla per fermarlo. Presto arriverà fino al cuore, e allora sarà troppo tardi, per avere ancora la possibilità di liberarmi di te. Per liberarmi dalle catene che mi imprigionano, ma da cui non voglio separarmi. E' troppo tardi, oramai.
Silenzio.
E adesso prendili, e portali via, lontano. Prendi i miei occhi e portali via con te, perchè preferisco essere cieco piuttosto che subire tutto questo. Hai rotto il mio cuore, l'hai distrutto. Hai rotto quel cuore che credevo fosse di pietra, da quanto l'avevo reso insensibile al dolore esterno. Ora, ti prego, portalo via con te, o gettalo via. Ma non lasciarlo lì, solo. Perchè lo sai. Guardami. Io non piango mai. Mai.
Silenzio.
Un solo tuo sguardo potrebbe uccidere. Potrebbe uccidermi. Ma non posso più fare a meno di te. Ti amo, silenzio, tu che niente mi dici che non sappia già. Ti odio, silenzio, perché già conosco tutto di te, ma non posso fare a meno di stare un’ora, un giorno, un anno, o ancora più, senza di te. Senza di me.
[Liberamente ispirato a "I never cry" e "Poison", di Alice Cooper. E ad "Al modo di me" e "Don't break the silence", di Chiara Daino.]
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2 maggio 2008
GOFFO
12 giugno 2006.
Le statistiche dicono che il 30% degli incidenti individuali succedono in bagno, ed il 20% sul luogo di lavoro. A scivolare nei cessi in Siemens, praticamente, scopro di essere un vero "numero". Ho ancora il culo dolorante per la caduta: le piastrelle sono dure, anche quando si cerca di fermare la caduta aggrappandosi scompostamente al lavandino... Insomma. Sono scivolato nel cesso di Siemens. Ho preso una culata, facendo "SGUISH". Mi sono salvato appoggiandomi scompostamente al lavandino. Ci pioveva dentro, c'era bagnaticcio, e sono scivolato. Punto.
22 dicembre 2006.
Torno verso casa dopo Inferno, sono circa le due di notte. Sono appena uscito dal casello autostradale di Rapallo, e mi sto inerpicando su per l'angusta strada campestre di casa. Tutto intorno, tira un vento fortissimo che mi costringe ad andare piano. Veramente piano. A cinquecento metri da casa mia, un ulivo in mezzo alla strada. Il tronco spezzato, e l'albero che taglia esattamente a metà il manto stradale. Prima bestemmia.
Scendo e comincio a spingere, tirare, facendo leva su tutti i rami che mi sembrano migliori. Inciampo, tiro, incespico, tiro, spingo, "spostati maledetto!" STUMP STUMP, anf anf anf. Prendo due facciate per terra. Le imprecazioni si sprecano. Tiro, spingo, anf anf, "cristo!", scivolo e la sciarpa mi si incastra in un ramo che quasi mi impicco. Bestemmio.
Spingo spingo spingo, scivolo ancora e cerco di aggrapparmi scompostamente ai rami dell'ulivo che prontamente decidono di rompersi. Mi alzo, "porco il tuo!", spingo, tiro, scivolo, anf anf ANF ANF, spingo, tiro, tiro "ahiaaaaaAAAA!", bestemmio. I rami non collaborano affatto.
Dopo mezz'ora di tentativi riesco finalmente a spostare il tronco quel tanto che basta per passarvi con la macchina. In tutto il tempo, dal finestrino abbassato uscivano note natalizie che accompagnavano le mie imprecazioni notturne.
2 maggio 2008.
A pranzo decido di farmi un paio di toast utilizzando il tostapane. Dentro ci metto sottilette e fettine di prosciutto. Le faccio bollenti. Ma proprio bollenti. Prendo il primo toast e inizio a mangiare. Al secondo morso, una bolla di formaggio fuso e incandescente fuoriesce dal toast e va a finire direttamente sul mio labbro inferiore. URLO. Ritrovo tutta la mia religiosità perduta, in quel momento.
Decido quindi di finire primo toast, facendo bocconi piccoli piccoli per evitare altro formaggio fuso. Prendo il secondo toast, ci tiro tre morsi. Al quarto, urlo di nuovo. Il formaggio FUSO è decisamente subdolo.
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05/08: My BEST 10 ALBUMS
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30/12: Math
Antro del Fato: 1, 2, 3, 4 Control Denied: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 Control Denied 2: 1, 2, 3 Imagine 7D: 1, 2, 3, 4 Le sole 24 Ore: 1 Lupus: 1
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