URIAH HEEP - salisbury (1971)
Settembre 1999
Deep Purple In Rock, Led Zeppelin II, Sabbath Bloody Sabbath... e Salisbury! Penso che, ben difficilmente, si possa trovare un album che, meglio di questi quattro, rappresenti in qualche modo quello che e' stato l'hard rock britannico degli anni '70. Ma, se Purple, Zep e Sabs sono piu' o meno noti a tutti al giorno d'oggi, bisogna dire che gli Uriah Heep passano sempre in secondo piano e al massimo vengono ricordati come "quelli che sono stati coverizzati da Blind Guardian e Gamma Ray". Insomma... Mick Box & Company non sempre godono della considerazione che invece dovrebbero avere, alla luce dei loro effettivi meriti e della loro importanza.
Questo album, in particolare, rappresenta il vero e proprio manifesto sonoro della band, con le sue splendide armonie e con le sue melodie sognanti sorrette da una base hard e progressiva al tempo stesso.
Registrato nel tardo 1970, Salisbury e' il secondo album degli Heep, ma il primo a portare l'effettiva impronta di quel genio che risponde al nome di Ken Hensley. Il grande tastierista (il "quarto mostro" dei tasti d'avorio assieme a Jon Lord, Keith Emerson e Rick Wakeman), aveva in realta' partecipato anche alle registrazioni del primo platter della band, l'ottimo ma un po' indeciso "Very 'eavy, very 'umble", pero' il suo contributo era stato poco piu' che quello di un session-man. Al momento del suo ingresso nella band, infatti (gli Heep dovevano essere in origine un four-piece senza tastiere, almeno fino al momento in cui non si ritrovarono a suonare nello studio accanto a quello dei Purple, il che li porto' ad accorgersi che il suono dell'hammond... non era poi cosi' male!), tutte le canzoni erano gia' state composte e registrate dal resto del gruppo, e Hensley non ebbe quindi la possibilita' di esprimere le sue immense capacita' di songwriter.
Capacita', che invece, tira fuori alla grande su Salisbury: il tastierista diventa in pratica il leader indiscusso della band, e riesce finalmente a dare al sound degli Heep una direzione ben precisa, fatta di potenza e melodia, di liriche magiche e riffoni ben assestati.
Ma naturalmente gli Uriah Heep non erano certo solo Ken Hensley! Se la sezione ritmica era originariamente un po' instabile (il bassista Paul Newton ha comunque fatto un gran lavoro sui primi tre platter), non bisogna comunque dimenticare l'ineguagliabile contributo dato dalla chitarra di Mick Box (dallo stile essenziale e non esageratamente tecnico, ma comunque importantissimo per il sound della band... Mick e' ancora adesso la vera anima degli Heep, l'unico membro fondatore rimasto a portare avanti la leggenda con album di gran classe, molto apprezzati sia dalla critica che dai fan vecchi e nuovi) e dalla voce del compianto David Byron, capace di dare sostanza e magia alle meravigliose melodie scritte da Hensley.
Ma veniamo a questo Salisbury, album che si apre con quello strepitoso e devastante pezzo che risponde al nome di Bird Of Prey: riff di chitarra duro e tagliante (uno dei piu' scopiazzati della storia del metal), ritmica veloce con parti di doppia cassa, voce high-pitched, atmosfere maestose... se non e' power metal poco ci manca! Penso proprio pochi album possano vantare un attacco migliore! Curiosamente, BOP e' l'unica song dell'album a non portare la firma del tastierista, dato che risale ancora alle session del primo album.
Passiamo a The Park e l'atmosfera cambia completamente: beh... questo pezzo e' pura poesia! Penso che ben difficilmente Hensley avrebbe potuto introdursi meglio come songwriter: una stupenda melodia in falsetto, tutta costruita su un meraviglioso giro di clavicembalo, assistito da chitarre delicatissime! Sfido chiunque ad ascoltare The Park e a non commuoversi... Penso che sia davvero una cosa al limite dell'impossibile!
Time To Live e' il classico pezzo riempitivo, comunque assolutamente godibile nelle armonie vocali (cosa in cui gli Heep sono sempre stati maestri indiscussi) e nelle ritmiche in crescendo, mentre Hensley si diverte a rifare il verso del Jon Lord di Living Wreck... ma dopo questa breve pausa ecco arrivare un altro grande capolavoro, un altro di quei pezzi che hanno letteralmente fatto la storia del rock! Lady In Black (con Ken nel ruolo del lead vocalist) e' una meravigliosa ballata dal flavour celtico, con un testo che si colloca a meta' fra certi classici del romanticismo (la tematica tipica della Dama del mistero) e l'ideologia pacifista freak, e con un coro che ancora adesso mette i brividi a tutti i convenuti ad ogni concerto della band. Curiosamente questo pezzo diventera' la canzone di maggior successo della band... Ma lo fara' solo nel 1977, in seguito alla release su singolo in Germania.
La successiva High Priestess e' un altro pezzo veloce, anche questo eccezionale nelle linee vocali melodiche (la prova di Byron su tutto l'album e' da paura!), ma e' con la lunghissima suite Salisbury che la band dimostra ancora una volta di che pasta e' fatta. Registrata con l'incredibile accompagnamento di una sezione fiati, la title-track mostra tutta l'anima piu' progressive dei primi Heep, purtroppo destinata a diminuire notevolmente con i pur splendidi album seguenti. Lunghe improvvisazioni, maestose parti classicheggianti, svisate e cavalcate pre-metalliche... La suite contiene tutto quello che puo' fare felice gli amanti del prog anni '70 (ma non solo!) ed e' il degno epitaffio per un album davvero meraviglioso, dalla prima all'ultima nota.
Inutile dire che dopo Salisbury le cose cambieranno parecchio per la band, che da questo momento in poi comincera' a costruirsi un pubblico sempre piu' fedele ed appassionato, confortato dall'altissima qualita' di platters come Look At Yourself, Demons And Wizards e The Magician's Birthday (e bisogna dire che, se da una parte il gruppo perdera' un po' quella vena piu' progressiva e sperimentale che mi fa preferire Salisbury, dall'altro Hensley riuscira' addirittura a diventare un songwriter ancora piu' geniale e maturo, come dimostrano pezzi quali The Wizard, Circle of Hands o Wonderworld). Ora gli Uriah Heep esistono ancora: hanno perso un po' alla volta quasi tutti i pezzi (Byron per sempre, purtroppo), ma il prode Mick Box e' riuscito a costruire un ensemble che, pur non avendo dalla sua il genio del tastierista originale, ha dimostrato in piu' occasioni di essere degno erede di chi li ha preceduti. E finche' esisteranno vecchietti come questi, potete contare sul fatto che l'hard rock piu' vero e viscerale non morira' mai! Dimenticavo: Salisbury e' stato recentemente rimasterizzato dai tizi della Castle. Come spesso succede in queste occasioni il suono ha guadagnato parecchio in pulizia, ma e' diventato al contempo piu' freddo e asettico (per non parlare del fastidioso suono della batteria in Lady In Black). Personalmente, se trovate l'edizione non remastered ve la consiglio di gran lunga, anche se bisogna dire che l'ottimo booklet e la gran bella bonus track (Simon the Bullet Freak, originariamente presente sull'edizione americana dell'album), valgono comunque il prezzo (per altro mid-price) dell'edizione attuale. In ogni caso, non fatevi scappare Salisbury, che non ve ne pentirete!
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