THE CURE - bloodflowers
Marzo 2000
Vorrei tanto poter iniziare questa recensione in questo modo: 'I maestri sono tornati, si facciano da parte tutti i cattivi imitatori! I Cure sono di nuovo qui e reclamano il loro scettro!'. Vorrei, vorrei... ma non posso. Pur essendo un fan incallito (e spesso tutt'altro che imparziale...) non posso far finta che questo Bloodflowers sia un capolavoro, perche' non lo e'. Non e' neppure un buon album, a dire il vero. E' un lavoro che si trascina stancamente, che indugia troppo su certe soluzioni che mancano totalmente di ispirazione e che spreca in modo banale le (poche, purtroppo) idee buone che compaiono nell'arco dei 9 brani proposti. L'album era stato annunciato come un ritorno al passato, alle atmosfere cupe e malinconiche che hanno decretato la fortuna dei Cure e di Robert Smith, il capitolo conclusivo di una ipotetica trologia che comprende anche Pornography e Disintegration: tutti ottimi propositi... ma propositi restano. La realta' e' fatta di brani banali come l'opener Out of this world o addirittura imbarazzanti come The loudest sound, che cercano di barcamenarsi alla meno peggio tra melodie che danno un fastidioso senso di deja vu e non riescono a lasciare il segno come dovrebbero. Perche' il guaio e' proprio questo: dopo un ascolto accurato, resta veramente poco di questi 60 minuti di musica che valga la pena di essere riascoltato... e la nostalgia per lavori come Faith o i gia' citati Pornography e Disintegration si fa sentire prepotentemente. Intendiamoci, non si tratta di un album inascoltabile come il precedente (ignobile!) Wild mood swings, e' semplicemente un disco fiacco e mediocre - e forse e' pure peggio. Certo, la title track e' pur sempre un brano di gran classe che molte altre band si sognano e il flavour elettrico dell'hendrixiana Watching me fall riesce a svegliare un minimo di interesse, ma si tratta di episodi sporadici. Anche i testi di Smith sono privi di mordente e raramente risultano efficaci e visionari come invece ci si aspetterebbe. Che questa volta il fuoco si sia definitivamente spento, come recita il testo di 39? Pare proprio di si'. In fondo sono passati ben 8 anni dall'ottimo Wish e a distanza di anni il testo della splendida End sembra quasi un segno premonitore: 'I think I've reached that point/ where giving up and going on/ are both the same dead end to me/ are both the same old song/ please stop loving me/ I am none of these things...'. Sigh, sob, sniff...

VOTO: 1/1
Aragorn

Ehm...erh.....che dire? Convinta dell'assoluto capolavoro di questo album ho praticamente campeggiato nel mio negozio di dischi preferito per 3 settimane...il giorno di San Valentino (giorno previsto per l'uscita) io ero li' a implorare una copia di Bloodflowers. Mi sono sbucciata un ginocchio perche' mi sono inginocchiata e ho strisciato per terra supplicando il signor Dario (il boss del negozio) di procurarmi uan copia, una demo, un poster, uno sputo, qualche cosa....altri 3 giorni prima di averlo, altri tre giorni in cui mi sono anche vista 20 volte lo speciale di mtv....alla fine eccolo li'...ho pagato quasi 40 mila lire, ma ero felice, felicissima. Al primo ascolto l'ho trovato fantastico: poetico come pochi, sublime, cosi' romantico, cosi' triste, cosi' dolce...cosi'....come dire...tra le nuvolette che popolano i miei sogni di ragazzetta....ho pianto tutto il pomeriggio e tutta la sera dalla gioia, nemmeno una proposta di matrimonio da Andi Deris mi avrebbe fatto piangere cosi' tanto!
Ma...perche' a questo punto c'e' sempre un ma...al secondo ascolto l'ho trovato bellino, anche se dopo 3 canzoni....l'ho tolto dallo stereo e ho messo i Gamma Ray.
Al terzo l'ho trovato...ehm...noioso.
Al quarto.....DECISAMENTE noioso.
Che fine ha fatto ora? E' ancora li' sul mio scaffalino dei cd, solo soletto. Non credo di volerlo ascoltare. Anzi. Non lo ascoltero' mai piu'. Se lo riascoltassi...lo troverei uno schifo e un raptus di follia mi farebbe strappare tutte le foto do Roberth Smith che decorano casa mia. Vorrei che non fosse mai uscito. E'...terrificantemente VUOTO.
Non c'e' una "A forest" che rabbrividisce...non c'e' una "Close to me", non c'e' una "Lullaby" e nemmeno una "Mint car". Ci sono solo tante belle canzoni, per carita', delle bellissime poesie...ma di una noia allucinante. Ok che Robert Smith aveva dichiarato ai suoi tempi che a 40 anni avrebbe smesso di far musica (non mi ricordo se disse solo musica o musica decente) ma propinarci questo coso proprio no! Voglio dire, se le scrivevo io le canzoni venivano piu' belle (il che e' tutto dire). In una intervista ha detto che "doveva scrivere un cd per esprimere quello che si prova a 40 anni"...ma Robertino mio....te la passi proprio male se sei arrivato al punto di tediare a morte i tuoi fans!
Non avrei mai detto che un giorno avrei stroncato i The Cure....mi aspettavo da tutti un fallimento, anche da Kai Hansen (ma nemmeno sotto tortura direi che un album dei Gamma Ray mi fa schifo...e con questo mi sono giocata tutte le future recensioni dei Raggi Gamma....) ma NON DAI THE CURE.
Comunque se ci riusciro' andro' a vederli in concerto e spero sinceramente di ritrovare i The Cure di una volta, dei bei tempi di "Wish", di "Disintegration" e delle belle atmosfere e non della noia mortale....

VOTO: 1/1
Galadriel
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INFO:
Anno: 2000
Durata: 58 minuti
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