SMASHING PUMPKINS - machina
Marzo 2000
Quando una band ha personalita' lo si nota da mille miglia di distanza. Lo si vede dal suo modo di porsi di fronte al pubblico e di fronte ai fans, verso i quali c'e' il dovuto rispetto ma anche quel pizzico di distacco che evita al gruppo stesso di trasformarsi in un "giocattolo" in mani altrui, e di perdere cosi' facendo la propria identita'.
Non si puo' negare che gli Smashing Pumpkins, e Billy Corgan (leader indiscusso del gruppo) in particolare, di personalita' ne abbiano da vendere, e da questo punto di vista avrebbero molto da insegnare ai tanti "gruppi burattini" che suonano non quel che vogliono, ma quel che gli altri impongono loro. La differenza e', ovviamente, enorme: sta qui la distinzione tra artisti e piu' semplici e umili mestieranti.
Dopo il capolavoro "Siamese Dream" e i sapori agrodolci dei due (epocali) "Mellon Collie and the infinite sadness", dischi carichi di emozione e di canzoni che hanno segnato, volenti o nolenti, il rock degli anni novanta, i Pumpkins hanno confezionato, fregandosene altamente delle possibili reazioni negative della critica e dei fans, un album strano e tutt'altro che di facile assimiliazione come "Adore", quasi del tutto privo di scosse elettriche e di pezzi tirati e dal facile ritornello. Un album pieno di ballate dal retrogusto elettronico, di delicati momenti acustici (uno per tutti : la poesia di "The tale fo Dusty and Pistol Pete") e di melodie trasversali, di certo poco accessibili Un album che la critica e i fans (quasi in toto) hanno distrutto e criticato, deriso e sottovalutato, ma che presentava al meglio quello che e' il lato piu' soft e introspettivo del gruppo, un esperimento che forse non e' stato capito.
Il ritorno in formazione del batterista Chamberlin, che non aveva suonato su "Adore", faceva presagire un deciso passo indietro della band, la quale, secondo il pensiero comune, sarebbe tornata alle sonorita' piu' sicure e rassicuranti dei due "Mellon Collie", dimenticando quindi un episodio come "Adore" che il pubblico non aveva apprezzato troppo. Cosi' avrebbe operato una band senza personalita', non gli Smashing Pumpkins. Se e' vero che i due singoli "The everlasting gaze" (dal morbido ritornello) e l'esaltante "Stand inside of your love" (in puro stile Pumpkins) non si discostano troppo da quanto il gruppo ha proposto nei vecchi dischi, e' doveroso ammettere che l'album, nella sua globalita', non e' affatto un passo indietro, ma costituisce l'ennesima evoluzione di un gruppo che rappresenta al meglio quello che dovrebbe essere il rock di oggi, il "rock del 2000", tanto per sfruttare un abusatissimo luogo comune. E quindi libero sfogo al vecchio fragoroso suono delle chitarre, senza pero' tralasciare i trip elettronici di "Adore", un album che pare aver decisamente lasciato il segno nel Pumpkins sound. Ascoltate questo disco, e perdetevi nella melodia di "I of the morning" (che non smetterete piu' di canticchiare), stupitevi davanti al riff stoner di "Heavy metal machine" (con un testo che potrebbe essere stato scritto dai Manowar!), commuovetevi con le note di "This time" e di "Wound", meravigliatevi davanti alla bellezza di certi dettagli e dei testi come al solito intelligenti e ben scritti. Quindici canzoni, quindici straordinari affreschi. Non chiedetemi come faccia, ma Billy Corgan ha centrato di nuovo il bersaglio: magari i primi ascolti possono leggermente disorientare (tanto vasta e particolare e' la proposta musicale), ma i successivi non possono che confermare che "Machina" e' un lavoro intenso e sentito, l'ennesimo grande disco degli Smashing Pumpkins, malinconico e sfuggente, melodico e aggressivo, soave ma concreto nel suo modo di porsi.
Io la colonna sonora per l'imminente primavera l'ho gia' trovata....

VOTO: 1/1
Gianluca "Geoff"
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INFO:
Anno: 2000
Etichetta: Virgin
Durata: 73.54 minuti
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