Son trascorsi piu' di due anni dal seminale 'Regn In Blood', gli Slayer hanno passato ogni limite
con quel terribile disco vendendo a palate, suonando piu' velocemente e piu' malignamente di chiunque
altro, scrivendo i testi piu' provocanti e fatto saltare gli Hi -Fi di tutto il globo. Chi aspettava come il Messia il nuovo parto della band storcera' un po' il naso sentendo questo opaco 'South Of Heaven'. Araya e soci non suonano alla velocita' della luce anzi, il pezzo migliore del platter sara' proprio
una scurissima ballad, la titletrack, uno dei piatti forti delle loro future esibizioni dal vivo, il cui arpeggio iniziale mette i brividi dal primo secondo. Che vuol dire? Gli Slayer rallentano? Si e no. In generale comunque si ha la sensazione che la band voglia provare altro, incupendo e rallentando i pezzi fino a ottenere un disco maggiormente riflessivo e con un approccio piu' maturo alle liriche perche', forse,
il polverone sollevato dal mitico pezzo 'Angel Of Death' ha lasciato il segno, raffreddando gli animi della scatenata band californiana.
Lombardo non ci stupisce piu' per la velocita' disumana con la quale sorreggeva i pezzi anzi, cerca un approccio prevalentemente tecnico e ragionato, lavorando enormemente sulle rullate senza comunque nascondere il proprio amore per l'alta velocita' che, cmq, raramente affiora anche se l'essenzialita' e la precisione del suo stile sono impareggiabili.
Pezzi come la martellante 'Silent Scream' e la rabbiosa 'Ghost Of War' ( l'unico brano che pare "escluso" dal precedente platter ) dimostrano che King e Hannemann non han perso l'istinto per il riffing, ed il songwriting si fa piu' maturo e intricato, i brani appaiono piu' riflessivi, frequentemente scanditi da mid-tempos, con testi non piu' ferocemente offensivi ma intenti a denunciare le schifezze quotidiane quali la guerra del Viet - Nam ( Mandatory Suicide ) e la soppressione della liberta' individuale poi, rimane sempre aperta la diatriba con la chiesa e le congregazioni ecclesiastiche a dar ispirazione ai nostri.
La produzione di Rick Rubin, per il tempo, era la migliore possibile tanto che i suoni secchi non hanno subito
il passar del tempo, anzi, rendono il disco ancor piu' cupo e catacombale, notturno ed inquietante. E' evidente l'impegno della band a voler sperimentare in questo 'South Of heaven', perche' nei testi c'e' la ricerca, nella musica una svolta e tutto e' accompagnato da una riflessione sullo stato di cio' che sta a sud del paradiso: le atrocita' quotidiane. Tutta la band sembra estremamente affascinata da film e letteratura horror, scenari apocalittici e dalle pagine della cruda, cronaca nera quotidiana; quelle stesse pagine che le gente comune sfoglia con fastidio senza prestar attenzione, quasi si trattasse di avvenimenti appartenenti ad un altro
pianeta. Gli Slayer hanno il pregio ed il coraggio di sbatter tutto questo in faccia ai propri ascoltatori, in modo si' diretto ma anche un po' criptico, di modo da obbligarci a riflettere su quei 'maledetti' testi. In chiusura appare 'Dissident Aggressor', una scialba cover dei Priest che lascia abbastanza delusi e, in definitiva, questo e' un disco di transizione, abbastanza lontano dal canonico thrash e la sua qualita' non si discute, pero' lascia un po' d'amaro in bocca per un senso d'incompiutezza che lo accompagna.