C'e' un pezzo alieno in questo disco, una traccia impazzita capace di annientare la volonta' di chi l'ascolta. Una magia semiacustica condita da assoli di chitarra elettrica e hammond, con un testo devastante: "If tomorrow's just a million pasts away / Yesterday / Brings another trace of fallen grace / Say goodbye when dreams decay". Un disincantato spaccato di sofferenza umana...
Cominciare da qui la descrizione di questo Shockmachine, lavoro solista di Markus Grosskopf (storico bassista degli Helloween, ma c'era bisogno di ricordarlo?), e' praticamente inevitabile; un po' perche' si tratta davvero di un piccolo gioiello un po' perche' "When dreams decay" e' emblematica di quel gusto settantiano che pervade tutto il platter. L'atmosfera che si respira lungo tutte le dieci tracce che lo compongono e' infatti quella, nonostante certi accorgimenti aiutino a svincolarsi dal pericolo di cadere nel nostalgico.
Diciamo subito che Shockmachine non e' un disco "alla Helloween": e' pesantissimo, cantato in modo estremamente grintoso e "sporco" (a tratti vicino al growl!) e privo di melodie immediate. Un ottimo esempio insomma di come si possa fare del power alla vecchia maniera restando ben saldi nell'anno duemila. La coppia Grosskopf/Kusch ci stupisce insomma con pezzi grintosi e moderni, con espedienti se non originali almeno riuscitissimi come le tastiere techno in "The once forgotten"! Pezzo quest'ultimo a scanso di equivoci per niente "tunz-tunz" ma rifinito con cose da discoteca. Il risultato e' guerra, una battaglia di suoni senza ne' vinti ne' vincitori sempre tesa fra la violenza delle chitarre e la melodia accattivante delle tastiere. Ci stupisce con la sua varieta' espressiva, prima che compositiva; se infatti qualcuno di voi aveva ancora dei dubbi questo disco gli dimostrera' come questa sezione ritmica abbia ben pochi rivali al momento. Dicevamo pero' degli anni settanta, che compaiono in tutto l'album: ebbene non stupira' nessuno credo sentire nominare i Black Sabbath. In "Too many words" per esempio le loro chitarre pesanti ed ossessive si fondono con il calore dell'hammond per dare vita ad un suono pieno ed avvolgente. Anche in questo caso comunque siamo lontanissimi dalla nostalgia, e anzi il tutto suona estremamente moderno.
Shockmachine e' consigliatissimo a tutti quindi; a coloro che amano il buon heavy metal non potra' che fare piacere vedere come rappresentanti storici del genere siano ancora in grado di creare ottimi dischi, a coloro che amano sonorita' piu' moderne non potra' mancare di offrire spunti di riflessione. Ben fatto, ragazzi!