Dopo la ridda di ipotesi e supposizioni scatenata dal mini "Intermezzo II", finalmente il nuovo full-lenght album dei Satyricon e' sul mercato ed i fans piu' estremisti possono riacquistare la calma, dato che l'esperimento di "Blessed From Below" per ora sembra destinato a rimanere un episodio isolato.
"Rebel Extravaganza" e' un disco che, pur mantenedo saldamente le radici in territorio black-metal, cerca di ampliare il proprio raggio stilistico con risultati spesso interessanti. Le sfuriate velocistiche non mancano(pur non costituendo l'intelaiatura di un album piuttosto vario nelle parti di batteria), ma spesso affiorano evidenti strutture classicamente metal(vedi "Havoc Culture",dalla bizzarra introduzione dance-metal, o "Prime Evil Renaissance") , riff di matrice thrash ed accordi dissonati inusuali per il genere.
Il merito piu' grande dell'album e' quello di essere totalmente centrato sulla triade chitarra/basso/batteria, senza l'abuso di cliche' come tastiere e voci femminili per coprire eventuali carenze compositive. Quando(raramente) questi elementi vengono utilizzati, e' perche' sono davvero funzionali alla struttura del pezzo: in "Supersonic Journey" i synth aggiungono al momento giusto un tocco "spaziale" ad una canzone ed un testo gia' evocativi. In "Havoc Culture" l'organo Hammond e' presente in pochi momenti, ma perfettamente amalgamato, mentre gli inserti di voce femminile nella conclusiva "The Scorn Torrent" sono lontanissimi dai luoghi comuni di tanto dozzinale goth/black/metal decadente.
Imponenti atmosfere, freddezza siderale e odio sono le vibrazioni emanate da "Rebel Extravaganza": il suono delle chitarre e' aggressivo e personale, la voce spesso distorta dai filtri...l'influenza dell'industrial e' avvertibile a livello di produzione, ma la sostanza musicale rimane saldamente metallica(senza inutili paraocchi).
Intelligenza compositiva, quindi... ma non tutto e' perfetto: alcune originali soluzioni a livello di sound e progressioni di accordi sono sfruttate un po' troppo spesso nell'arco dell' album, perdendo impatto con lo scorrere delle canzoni( penso ad alcuni arpeggi semi-distorti, ad esempio). Inoltre, la durata media piuttosto elevata rischia di rendere meno efficaci i brani medesimi.Probabile che Satyr non sia per nulla scalfito da queste accuse di autoindulgenza, ma il difetto mi pare abbastanza avvertibile.
Evito ogni considerazione sulle liriche, dato che certe posizioni confusamente pseudo-misantropiche mi sembrano lasciare il tempo che trovano( oltre a scadere nel cliche' del"siamo un'elite superiore/siamo davvero cattivi"): anche questo e' metal, che ci piaccia o meno...
In definitiva un disco che, esclusa qualche evitabile prolissita', non contiene neanche una canzone da scartare(con picchi in "Tied In Bronze Chains","Havoc Vulture" e "The Scorn Torrent"). Potrebbe piacere anche a chi, pur viaggiando in territori extra-blackmetallari, si concede qualche escursione nell'estremo...
Per concludere, una nota sulle foto di copertina e del booklet: ma siamo sicuri che incutano realmente timore?Il folklore va bene, ma se ci si dimostra musicisti maturi, perche' scivolare sul modo di presentarsi? Contraddizioni irrisolvibili, temo...