Se un certo Philip K. Dick non avesse mai messo mano a penna, papiro e calamaio in tempi non sospetti, probabilmente l'immaginario metallico degli ultimi anni sarebbe profondamente diverso. I Rising Moon non fanno che confermare la perversa fascinazione che il metallaro medio prova nei confronti del 'maestro' della fantascienza contemporanea, creando un concept che a Dick non sarebbe certamente dispiaciuto. Anno 2010: cosa succederebbe se una entita' superiore decidesse di donare l'immortalita' alla razza umana? Beh, il quadro immaginato dai Rising Moon non e' dei piu' ottimisti: l'essenza stessa della vita andrebbe perduta e l'uomo si ridurrebbe a trascorrere un'esistenza ormai meccanica e svuotata. Incoraggiante, vero? A far da sottofondo ad un progetto del genere non poteva sicuramente esserci della musica banale o scontata: quella che propone la band e' una sapiente commistione di death e sprazzi melodia, passando da tipici riff svedesi (se Dick ha influenzato le menti dei metallari, gli At The Gates pare che abbiano tirato su migliaia di musicisti!) a reminescenze di metallo classico in alcune melodie chitarristiche. Certo, niente di particolarmente innovativo e originale, ma c'e' da dire che l'impatto che possiede la band e' decisamente fuori dall'ordinario e se a questo aggiungiamo anche una buona dose di personalita', il quadro e' completo. Certo, non tutto e' oro quel che luccica, ci sono anche dei difetti su cui si puo' lavorare, in primis la struttura dei pezzi che tende a ripetersi in vari momenti e in secondo luogo la dinamica dei brani, che acquisterebbero sicuramente in freschezza se godessero di una varieta' maggiore. Discreta la voce del cantante, pur non discostandosi molto dal classico trade mark growl: anche in questo caso un pizzico di varieta' e di ricercatezza in piu' non guasterebbe.
Si tratta pero' di peccatucci veniali che possono essere risolti facilmente con l'esperienza. State sintonizzati, perche' e' probabile che sentiremo parlare ancora di questi Rising Moon!