I Necrodeath si fanno subito notare in campo estremo con un disco di
debutto malato e selvaggio. Infatti "Into the macabre" unisce corpose
ritmiche death a riff thrash, ottenendo cosi' un disco di inaudita violenza
Inoltre il riff delle chitarre si ispira molto agli Slayer, maestri di
violenza e velocita' folli, verso i quali i Necrodeath hanno profonda
ammirazione.E "Into the Macabre" risalta proprio per la sua brillantezza
e spontaneita', troviamo infatti canzoni prive di fronzoli,con il gruppo
che ha un solo pensiero, quello di andare giu' pesti. Il disco di apre con
"The Flag of the inverted Cross", un brano che gli accaniti fans del gruppo
sceglieranno come manifesto dei Necrodeath durante gli anni di assenza
dalle scene. The "Flag of the inverted Cross" sprigiona nella sua durata
violenza pura ed e' caratterizzata da un bellissimo breal centrale cadenzato
e pesantissimo. La segue "At the mountains of madness", un brano piu'
atmosferico con rallentamenti oscuri e inquietanti ma che non rinuncia
lo stesso a parti piu' veloci. A questo punto un altro pezzo che diverra'
storico arriva a sconvolgere le nostre menti, ovvero quella Southenerom
che fara'strage di proseliti. Corposi riff di matrice thrash si abbinano
al drummind devastante di Peso che nonostante non sia un mostro di tecnica
trasuda feeling a non finire. "Mater Tenebrarum" invece sembra essere la
canzone piu' accattivante del disco, che si apre con un riff iniziale
oscuro e cadenzato ma che presto si rivelera' essere piu' pesante e con
un Ingo dietro il microfono davvero ispirato. A "Mater Tenebrarum", segue
la piu' thrasheggiante "Necrosadist", song dalle ritmiche serrate e
poderose.
Anche questa song e' caratterizzata da un piccolo break centrale davvero
pesante, che cerca di dare un attimo di fiato all'ascoltatore prima di
travolgerlo completamente. Quindi arriva il turno di "Internal Decay",
che come "At the mountains of madness" e' una song piu' oscura,
caratterizzata da corposi mid tempos e da devastanti accelerazioni di matrice thrash.
La canzone seguente, "Graveyard of the innocence", e' invece piu' sulfurea,
con Ingo che canta in modo allucinato e sofferto, con le chitarre che
sfornano riff a non finire e la base ritmica che incalza sempre piu'
poderosa.
A chiudere l'album ci pensa "The Undead", che parte velocissima, just in
your face, e cattura con i suoi riff incalzanti e taglienti. Un debutto
davvero interessante per un gruppo che all'epoca non riusci' a guadagnare
i consensi che meritava ma che oggi e' tornata per rifarsi del tempo
perduto.