In questo ultimo anno e mezzo abbiamo visto i componenti dei Dream Theater impegnati in una serie di progetti differenti: prima John Myung e Derek Sherinian con i Platypus, poi Mike Portnoy e John Petrucci (e il recente acquisto Jordan Rudess) nei due dischi strumentali a nome Liquid Tension Experiment. All'appello mancava solo il cantante James LaBrie, che puntuale timbra il cartellino con questo progetto Mullmuzzler.
LaBrie e' in un certo senso il membro dei DT che ha meno occasioni di mettersi in mostra, nonostante il ruolo di cantante: dal vivo le sue performance sono limitate, data la preponderante natura strumentale dei brani della band madre, e anche su disco e' spesso impossibilitato ad esprimersi completamente, visto che gran parte dei testi e' composta dalla coppia Portnoy-Petrucci. Con molta curiosita' dunque (aumentata dal sorprendente artwork surrealista) mi sono avvicinato a questo lavoro, che consente di inquadrare in maniera piu' precisa le capacita' del vocalist canadese. Dico subito che "Keep it to Yourself" e' un ottimo disco di prog-metal, ben riuscito nel tentativo di fondere della musica complessa con una notevole componente melodica, sulla scia di quanto proposto quest'anno nei rispettivi dischi di debutto da Ice Age e Dali's Dilemma. Di notevole interesse la squadra che accompagna James nel suo nuovo viaggio musicale: Matt Guillory (Dali's Dilemma) alle tastiere, Mike Mangini (a suo tempo negli Annihilator, poi negli Extreme e con Steve Vai) alla batteria, oltre a Mike Keneally (musicista del giro di Frank Zappa e autore di un paio di dischi da solista) e Bryan Beller, rispettivamente alla chitarra e basso. Inoltre sono presenti vari ospiti, il piu' noto dei quali e' Trent Gardner, mastermind dei Magellan. Per quanto riguarda la performance strumentale, il talento tastieristico di Guillory ottiene una nuova conferma, mentre grande sorpresa e' la sezione ritmica, potente e versatile. Mike Keneally invece si dimostra buon chitarrista, ma senza particolari acuti.
Ulteriore motivo di interesse nell'album e' il fatto che i brani sono stati scritti con alcuni dei membri delle piu' interessanti realta' prog-metal sulla scena: Shadow Gallery, Magellan e, appunto, Dali's Dilemma. Il risultato e' quindi un prodotto curioso, dotato di una sua innegabile atmosfera, costruito su brani ariosi, melodici, affascinanti e mai scontati, ma ricco anche di riferimenti alle bands citate.
I brani scritti con Matt Guillory sono tre: l'iniziale "His Voice" e' un pezzo vorticoso (quasi alla Liquid Tension Experiment), segnato dall'ottima ritmica e da suggestivi inserti tastieristici. LaBrie canta con il suo solito registro pulito, senza esagerazioni. "Statued" si avvicina allo stile Dali's Dilemma, ma risulta molto piu' avvincente, grazie all'ottima performance vocale, a involontaria conferma del fatto che il debutto dei Dali's avrebbe potuto essere notevolmente migliore con un altro cantante. Affascinante il break pianistico, ottimo il lavoro ritmico, su continui cambi di tempo. "Lace" e' stilisticamente affine, con la fantasia ritmica, anche di chitarra, sempre in bella evidenza e un cantato che alterna passaggi pacati, cori inquietanti e toni acuti: un bel brano che ricorda vagamente "Mirror" dei Dream Theater.
Fulcro del disco sono le quattro canzoni scritte con i componenti degli Shadow Gallery; si comincia con "Shores of Avalon", forse la canzone piu' "dreamtheateriana" del lavoro, anche nel cantato di James: l'inizio acustico si apre poi in un mid-tempo dove i riff di chitarra e tastiere rievocano melodie e ritmi dell'immortale "Kashmir" dei Led Zeppelin. Il gusto un po' settantiano del brano sfocia in un possente e inaspettato break dalla ritmica pesante, prima di tornare sulle coordinate di inizio canzone. Da elogi nell'occasione il lavoro di Guillory. "Guardian Angel", costruita su un riff aggressivo, e' la canzone dove il marchio degli Shadow Gallery si sente maggiormente, soprattutto negli incastri vocali del ritornello, che brilla di pura magia. Il brano e' melodico e accattivante, in un alternarsi continuo di cambi di tempo che mettono in luce il valore della coppia basso-batteria; anche Keneally si fa sentire con un buon assolo. "Sacrifice" e' una ballata semiacustica dalla struttura abbastanza classica, cantata con notevole trasporto, ma, onestamente, non molto originale. Molto meglio invece "Slow Burn", costruita su un affascinante giro di pianoforte e chitarra (un po' come "Alaska" degli Shadow Gallery) che sottolinea efficacemente l'ottima performance di James, caldo sui toni bassi ed emozionante nei crescendo.
I restanti due brani, scritti con Trent Gardner, sono i piu' sperimentali del disco. "Beelzebubba" ha una struttura ritmica quasi funkeggiante, rafforzata dall'abbondante uso di fiati (lo stesso Trent suona il trombone): ne risulta una canzone strana e singolare, fuori contesto rispetto al resto del disco (anche se ci sono alcune melodie "alla Magellan"), ma divertente e ben amalgamata con il testo molto ironico. "As a Man Thinks", che chiude il disco, e' una palestra per gli esercizi vocali (e verbali) di LaBrie, supportati da una ritmica "obliqua" con abbondante uso di strani suoni tastieristici. Un brano un po' spiazzante che richiede parecchi ascolti per essere apprezzato.
"Keep it to Yourself" e', in tutta onesta', un disco molto migliore di quanto mi sarei aspettato: un album accattivante e di facile presa, ma per niente noioso, anzi dotato di molteplici sfaccettature che si rivelano pienamente ascolto dopo ascolto. Pur senza inventare nulla di particolarmente nuovo, James (che si fa notare anche per dei testi ben riusciti) e i suoi collaboratori ci regalano cinquanta minuti di ottima e intrigante musica, che evita le trappole e i luoghi comuni del prog-metal, a cominciare dal tecnicismo fine a se' stesso. A questo punto, con i Mullmuzzler in sottofondo, ci possiamo rimettere in ansiosa attesa del nuovo lavoro dei Dream Theater: se la band newyorkese riuscira' a miscelare l'esplosivita' dei Liquid Tension Experiment con l'espressivita' e la concisione dimostrata da James, alla fine di Ottobre ci attende un disco davvero storico. Incrociamo le dita.