MORDRED - in this life (1991)
Novembre 1999
C'era una volta, tanti anni fa, la Noise Records, la migliore label indipendente del mondo, l'etichetta che aveva in mano tutte le sorti del metallo. Helloween, Running Wild, Kreator, Voivod, Celtic Frost, Coroner, Watchtower...provate a riflettere: quante case discografiche potevano permettersi un catalogo altrettanto vario e all'avanguardia? A pensare come la Noise abbia sprecato in pochi anni tutto il suo patrimonio, viene quasi da piangere. Non stupisce quindi che un disco strano, coraggioso e metallico come questo "In This Life" sia stato pubblicato dall'etichetta berlinese. E ovviamente non stupisce il fatto che la Noise abbia praticamente abbandonato al suo destino (come potete leggere nella sezione Archives di questo numero) una band che poteva imprimere una svolta interessante e personale al mondo dell'heavy metal.
Ma in che cosa consiste la particolarita' del suono Mordred, si chiederanno i piu' scettici tra voi. Prendete la title-track posta in apertura di "In This Life": un basso slappato supporta un melodico assolo di chitarra, poi irrompe la classica ritmica grattugiante del thrash, mentre il basso prosegue nel suo lavoro funky; infine fa la sua comparsa la voce del cantante Scott Holderby perfetto stile rap...confusi? Beh, certo, la collisione degli stili e', all'apparenza, un po' forzata, ma basta proseguire l'ascolto, lasciare che il ritmo si attorcigli ai vostri padiglioni auricolari e sarete rapidamente, inevitabilmente ammaliati dalla miscela sonora dei Mordred. Le strutture di base sono totalmente metalliche: i chitarristi James Sanguinetti e Danny White costruiscono una solida impalcatura di riffs veloci e taglienti, oltre a assoli magari non particolarmente incisivi, ma ben inseriti nel contesto sonoro. L'andamento ritmico e' quello del thrash, ma l'esecuzione, soprattutto da parte della coppia basso/batteria (Art Liboon e Gannon Hall) e' totalmente diversa da quello di qualsiasi gruppo della Bay Area: una vera tempesta di suoni "neri", funky e grassi, messi in risalto da una produzione che dona al basso di Liboon un suono degno dei Primus o dei Red Hot Chili Peppers. Sentite quello che combina il bassista in "The Strain", singolare e unica combinazione di strofe funky-rap e ritornello thrash: i Mordred riescono a fondere alla perfezio-ne i due stili musicali in un unico miscuglio dotato di notevole potenza, arricchito dagli scratch del DJ Aaron "Pause" Vaughn". Le prime due canzoni sono la chiave di lettura di tutto il disco, che prosegue sulle coordinate tracciate da questi brani; "High Potency" (la parte centrale con ritmi quasi tribali e chitarre doppiate dovrebbe scuotervi non poco) e "Window" (con il bellissimo crescendo iniziale e il grande assolo di basso a meta' canzone) lasciano storditi nei loro improvvisi mutamenti di fronte senza soluzione di continuita': le chitarre saltano da allegri momenti alla James Brown ad assalti mosh come se fosse la cosa piu' naturale del mondo, mentre la sezione ritmica macina ritmi complicati con la massima scioltezza. La tensione del disco si spezza brevemente in "Esse Quam Videri", un curioso brano volutamente del tutto rap, con un bruciante e metallico finale. Ma siamo solo a meta' disco. Un'intro acustica ("A beginning") lascia lo spazio a "Falling Away", la canzone piu' thrash e diretta di tutto il lavoro: ritmica distrut-tiva sporcata dallo scratch, cantato incisivo, stacco centrale e assoli degni dei migliori Metallica; un brano facilmente memorizzabile che giustamente fu usato anche come singolo. "Killing Time" riprende il discorso musicale dalle coordinate del funky ma si trasforma quasi subito in un attacco frontale all'arma bianca. La sezione ritmica, sempre in bella evidenza, si districa abilmente in una canzone che fa di tutto per stendere l'ascoltatore con una serie di cambi di tempo inaspettati. "Downtown" e' forse la canzone piu' funkeggiante, con un andamento caden-zato e uno strano feeling oscuro che la rende particolarmente accattivante. Chiudono il disco "Progress" e "Larger than life", due brani meno ricchi di inventiva rispetto ai precedenti, ma non per questo poco interessanti, infarciti come sono di bassi slappati e chitarre a manetta.
La musica nera, quella fatta di grooves formidabili, percussioni martellanti, bassi oltre il limite della resistenza umana e maratone di assoli chitarristici, il Funk con la F maiuscola, spietato e godereccio, condivide col metallo una potenza e una tensione che troppa black music moderna, e troppo metallo recente hanno perduto forse per sempre. Nei 40 minuti di "In This Life" e' concentrata tutta la creativita' e la forza dirompente di una band unica, che solo le magagne del music businnes hanno relegato tra la polvere degli scaffali. Fatevi un favore e riscoprite questo disco, in onore dei Mordred e di quei pochi gruppi (Living Colour, Faith No More, i Coroner di "Grin", i Cathedral piu' sperimentali) che, senza formalismi e pretese di purezza, hanno osato guardare oltre gli steccati e creare una miscela sonora senza eguali.

VOTO: 1/1
Lorenzo
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INFO:
Etichetta: Noise
Durata: 42.02 minuti
Anno: 1991
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