MARILLION - marillion.com
Novembre 1999
Doveva succedere, prima o poi...
Senza fare troppi giri di parole, la verita' e' che i Marillion sono riusciti a produrre il primo disco realmente inutile della loro carriera. Non parlo da fanatico oltranzista della fazione "quando c'era Fish era tutta un'altra cosa", dato che sono un'estimatore di lunga data della svolta "Hogarthiana", ma da appassionato di un gruppo che ha dato moltissimo alla scena rock non ottenendo (almeno negli anni novanta) il giusto riconoscimento da parte del pubblico. Un disco inutile, dicevo, che manca quasi del tutto di guizzi vincenti, di emozioni vere. Forse alla ricerca di un'accessibilita' "radiofonica"(almeno entro i patrii confini) che a mio parere avevano gia' raggiunto (senza aumentare in modo significativo vendite ed airplay) con i precedenti "Radiation" e "This Strange Engine", Rothery e soci si sono diretti verso un mix di British pop-rock settantiano e piu' soffuse atmosfere tastieristiche (periodo "Afraid Of Sunlight" circa).
Formalmente ineccepibili, le canzoni risultanti dall'esperimento mancano pero' di quella scintilla che rende memorabile una composizione: brani come "Go" e "Enlightened" sembrano promettere esplosioni di romanticismo che in realta' non arrivano, limitandosi ad accarezzare l'ascoltatore e scivolare via senza lasciar segni duraturi. Un po' meglio se la cavano le tracce piu' "energiche" e ritmate come "Deserve"(innervata da un sax aggressivo ed in bilico tra produzione moderna e rock tradizionale) e soprattutto "Rich", con il suo orecchiabilissimo motivetto da fischiettare sotto la doccia e l'incedere contagiosamente sixties delle strofe.
Gli arrangiamenti complessi, attuali ed inconsueti tengono quasi a galla anche "Built-In Bastard Radar", ma, in generale le poche idee azzeccate vengono diluite troppo allungando la durata media dei pezzi.
In un'ottica pop, l'unico brano realmente riuscito e' "Tumble Down The Years": melodico e sognante ma carico di un'energia dolce, sprigionata da limpidi arpeggi di chitarra e da un ritmo deciso sostenuto dal pianoforte. Quasi un'out-take da "This Strange Engine"(avete presente "80 Days"?) ed un possibile singolo di successo.
Note positive spazzate via dai 14 minuti di "Interior Lulu", una suite atmosferica nelle intenzioni, noiosa e banale nei fatti. Raramente mi e' capitato di sentir produrre da gruppi di
tale valore un pezzo cosi' scontato, messo li' quasi per far abboccare all'amo i fans piu' prog-oriented in virtu' della durata sopra la media: quattro minuti iniziali basati su di un reiterato e placido loop di batteria, tappeti di tastiere ed una melodia vocale melliflua lasciano spazio ad un acidissimo, violento assolo di tastiere per poi ricadere nello stato semiletargico iniziale. Tutto qui? Magari fosse cosi', perche', in evidente crisi creativa, la band decide di riciclare sprazzi(ipersemplificati) delle atmosfere pompose di "Clutching At Straws"("Hotel Hobbies", in particolare). E avanti cosi' per un quarto d'ora...che tristezza. Hogarth rimane uno dei migliori vocalist degli ultimi dieci anni ed un ottimo paroliere, il resto della band si conferma raffinatissimo(dove sono finiti gli assoli di Rothery,pero'?), ma mancano l'anima, l'intensita', lo struggimento, la stordente malinconia che hanno sempre caratterizzato la band.
Non c'e' nulla che possa giustificare l'acquisto di "Marillion.com" da parte di un ascoltatore che non faccia parte della ormai poco nutrita schiera dei fans. Per non perdere totalmente la speranza invito questi ultimi a comprare comunque l'album ed a sostenere la band in virtu' di un precedente ben noto: il successore di un disco non riuscito completamente come "Holidays In Eden" e' stato il capolavoro "Brave". Speriamo che la storia si ripeta.

VOTO: 1/1
Tiziano

P.S.
In realta' una grandissima canzone e' presente sull'album: la conclusiva "The House". Ne parlo a parte perche' e' del tutto estranea al resto del disco, trattandosi di un vero e proprio brano trip-hop, sullo stile dei Massive-attack piu' soul ed impreziosito dagli interventi di una tromba con sordina. Un brano davvero da brividi, con Steve Hogarth semplicemente perfetto e coinvolto al 100% dal punto di vista emotivo. Anche se in forma differente(ma il chorus e' inconfondibile), qui pulsano davvero il cuore e l'anima dei Marillion. Strano, ma meraviglioso.
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INFO:
Etichetta: Intact
Durata: 62.30 minuti
Anno: 1999
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