Eccoli qui, gli arzilli nonnetti di "Sweet home Alabama"!
Oddio, un altro disco di scontatissimo southern rock, un altro cd giurassico!
Bene, mettete insieme una band di veterani del rock, miscelate una formazione che gia' ha regalato momenti splendidi, talmente fuori dal tempo anche se registrati e pubblicati negli anni novanta, metteli pure su di un palco come testimonia un live come "Lyve from Steel Town" dello scorso anno, rendetevi conto che se e' rimasta una cosa sola dello spirito che li animo' nei seventies di certo e' l'onesta', mettete in consolle il geniaccio di Ron Nevison ed avrete "Edge of forever".
"working" apre le ostilita' e sembra di tornare alle atmosfere di "Pronunced", indietro venticinque anni senza manco rendercene conto, con lo smalto dei suoni che ci offrono gli anni novanta.
Pare di sentire vibrare le selle delle moto con "Full moon night", prima ballad del disco, intrisa della polvere del Texas e del fumo dei saloon dei migliori Wyatt Earp.
Certo, e' Southern rock, nell'accezione piu' classica del termine, sette elementi che trasportano come in un ipotetico nuovo viaggio di Thelma e Louise ai confini del lecito, del possibile e lasciano intravedere l'impossibile.
Sicuramente ci sara' chi obiettera' "ma come, un gruppo da bikers, che cosa ci potremmo aspettare da gente cosi'?". Bene, pare che "Preacher man" sia li' apposta per farvi esclamare "ma questi sono hard rock, torrido, genuino, onesto, cribbio!". Segue "Mean streets", incedere sinuoso ed elegante di una chitarra libera di correre per tutto il Tennessee senza che nessuno la possa fermare.
Ecco poi la ballad di fine millennio, assoluta, cinque minuti a perdifiato di "Tomorrow's goodbye", dovwe gli Skynyrd incontrano le orchestrazioni e nobilitano una semplice canzone acustica in un monumento. Bryan Adams potrebbe rodersi dalla rabbia per anni al cospetto di una canzone come questa. E qui John Mutt Lange non c'e', cosi' come non c'e' Desmon Child ormai assoldato alla corte di Ricky Martin.
Ascoltare gli inserti di chitarra elettrica sotto l'arpeggio, in compagnia degli archi e' da tuffo al cuore, altro che aor songs!
La title track del disco invece ci riporta al sanguigno southern puro ed onesto, tirato quanto basta, melodico quanto necessita, con la giusta dose interpretativa di un singer come Johnny Van Zandt secondo il sottoscritto sempre e comunque sottovalutato.
"Gone Fishing" e' tutto quello che Lenny Kravitz ha sognato e perso prima del risveglio sin dai tempi di "Are you gonna go my way", riabilitato in modo del tutto naturale dal combo dal nome piu' assurdo del rock a stelle e strisce.
Da qui al finale, e' puro Skynyrd sound, torrido, annaffiato di birra e whiskey, con gli echi blues di "GWTGG" (mitica l'intro honky tonky!), l'assoluto americanismo di "Through it all" e di "Money back Guarantee".
La doppietta finale e' quanto mai incredibile: "Rough around the edges" e' il potenziale hit single che, con una giusta promozione porterebbe alle hits questo album, con il suo andamento da ballad che sembra dover esplodere da un momento all'altro ma non e' nulla di piu' di un abbraccio amichevole, e la conclusiva "FLA" porta marchiato a fuoco il boogie a cui gli Skynyrd ci hanno da sempre abituato.
Qualcuno ha parlato di rinascita del gruppo con questo disco, a mio avviso questi "connetti" non si sono mai arresi, non sono mai morti, solo che oggi hanno avuto il coraggio di essere onesti proprio fino in fondo, fino ad essere spietati, fino a rimettere in riga le prove decisamente sottotono dei loro "colleghi" Molly Hatchett, fino ad impadronirsi di nuovo del titolo di Band Southern Rock, termine coniato proprio per loro, adatto a loro, in tutta onesta', come onesto e' questo "Edge of forever".
Sogno il giorno in cui tutte le birrerie del mondo dimenticheranno la solita compilation e dopo aver premuto play, diffondano nel locale questo disco... sara' il giorno in cui, da fuori, un bisonte vi fara' l'occhiolino.