E cosi' siamo giunti al secondo capitolo anche in casa "Liquid tension
experiment", sorta di "super-gruppo" che vede la partecipazione, per chi
ancora non lo sapesse, di alcuni dei musicisti piu' noti della scena
rock/metal odierna. Come altrimenti definire un side-project (esclusivamente
strumentale) che si avvale della collaborazione di soggetti del calibro di
Mike Portnoy e John Petrucci (rispettivamente batterista e chitarrista dei
Dream Theater), Jordan Rudess (nuovo tastierista del "Teatro Del Sogno") e
Tony Levin (sicuramente uno dei bass-player piu' apprezzati di sempre)? Se
gia' il primo "esperimento" era risultato gradevole e, in un certo senso,
spiazzante, elogiato a dismisura dai (molti) fans dei Dream Theater rimasti
delusi da un disco come "Falling into infinity", i quali potevano finalmente
riassaporare certi passaggi del capolavoro "Images and words", questo
secondo lavoro pare addirittura superiore, sotto molti punti di vista, al
suo predecessore. Il gruppo, fin dai primi ascolti, sembra molto piu'
affiatato, e le otto composizioni (o forse sarebbe piu' giusto dire
"improvvisazioni") non possono che trarne giovamento. L'opener "Acid rain"
sembra mettere subito le carte in tavola: il drumming folle e
"inafferrabile" di Portnoy non stupisce quasi piu' nessuno, mentre e' una
sorpresa trovare il suono della chitarra di Petrucci cosi' pesante, dalle
sfumature quasi thrash, che dominera' la scena per quasi tutta la durata del
disco. Lo stile tastieristico di Rudess e', ancora una volta, largamente
influenzato da sonorita' classiche, il che potrebbe far ben sperare tutti
coloro che vorrebbero dai Dream Theater una specie di ritorno al passato,
mentre al basso Levin si conferma il solito mostruoso musicista.
In 74 minuti di improvvisazioni varie i quattro riescono a fare il bello e il
cattivo tempo, riuscendo a non annoiare, ma, anzi, a creare un impasto
sonoro vario e relativamente orecchiabile (dopo pochi ascolti i pezzi
cominciano gia' ad entrare in testa, fenomeno assai singolare visto che siamo
alle prese con un'opera puramente strumentale).
Si passa con naturalezza dalle dolci note di "Biaxident" (veramente toccanti certi passaggi
jazzistici) alle atmosfere quasi "mediterranee" presenti in un pezzo come
"Another dimension", senza alcun cedimento di sorta. E se la favolosa e
melodica "When the water breaks" vede un Petrucci stellare alla sei corde,
sia per feeling che per capacita' tecniche e fantasia, la seguente
"Chewbacca" e' a tratti piu' oscura e minacciosa, ma sembra non stonare nel
contesto sonoro del disco. "Liquid dreams", grazie alla sua leggiadra intro
pianistica piacera' a tutti coloro che si sono commossi con "Surrounded", per
poi trasformarsi (ovviamente) in qualcosa di totalmente diverso. La festa
infine si conclude con la dolce "Hourglass", in un cui il duo
Petrucci-Rudess estrae dal cilindro magico una melodia affascinante e senza
tempo, dotata di un fascino tutto suo.
Cala cosi' il sipario anche per questo album, che magari molti troveranno
indigesto se non addirittura pretenzioso. Potrei sbagliarmi, ma credo che
progetti del genere nascano soprattutto dalla voglia di suonare insieme e
divertirsi. E se avete voglia di sentire in che modo si divertono musicisti
come quelli suddetti, allora accomodatevi.....in sala dovrebbero esserci
ancora posti liberi.