LED ZEPPELIN - II (1969)
Ottobre 1999
Parlare di Led Zeppelin II vuol dire andare a toccare un monumento della storia della musica: il "Bombardiere Marrone" (cosi' i fan della band chiamano l'album, per via della stramba copertina) e' infatti uno di quei platter che piu' ha contribuito a fissare le coordinate sonore dell'hard rock come lo intendiamo oggi.
Se il primo album dei Led Zeppelin era fondamentalmente un meraviglioso concentrato di cover di classici del blues e del folk, riarrangiati in chiave distorta e psichedelica secondo la lezione di Jeff Beck (gli unici brani veramente originali erano infatti l'opener Good Times Bad Times e la devastante Communication Breakdown), e' proprio con II che gli Zep hanno definito realmente il loro suono, andando a scrivere cosi' quella che e' una delle pagine piu' belle della storia del rock duro.
E la cosa stupisce ancora di piu' se teniamo conto delle condizioni in cui l'album fu registrato. Reduce dal successo del debutto, la band era impegnata in una serie di tour estenuanti e doveva approfittare di ogni piu' piccola pausa per potersi recare negli studi e incidere... incidere quelle stesse canzoni e quegli stessi riff che, magari, avevano appena inventato poche sere prima, improvvisandoli durante un concerto. Fra l'altro erano anche sorti dei problemi fra i musicisti (dovuti anche allo stress che era derivato dall'improvviso successo) che avevano addirittura rischiato di risolversi nel licenziamento di Robert Plant. Il cantante, infatti, ebbe dei serissimi problemi in quel suo primo tour: molto istintivo ma relativamente ineducato dal punto di vista musicale, aveva inanellato una serie di performance non proprio impeccabili, anche a causa del suo stile di vita eccessivo e dei suoi atteggiamenti sopra le righe (Robert era fondamentalmente un rozzo buzzurro di provincia e certamente l'improvvisa popolarita' gli aveva fatto perdere ogni senso della misura). Questo aveva causato soprattutto la rabbia di John Paul Jones, che, invece, era esattamente l'opposto del cantante: musicista serio e preparato, pretendeva che tutti i membri della band si impegnassero allo spasimo, lasciando da parte eccessi e personalismi per mettersi al servizio della causa comune del gruppo. E , per lui, dover sopportare le continue stonature di un Robert (documentate da molti bootleg risalenti a quel periodo) sempre impegnato a raggiungere malamente tonalita' da sirena, unite ai suoi eccessi off-stage (che davano alla band una pessima nomea: non dimentichiamoci che prima di entrare negli Zep Jones era un sessionman, e rischiava di precludersi la possibilita' di tornare a lavorare di nuovo nel caso le cose fossero finite male) doveva essere una vera e propria pena. Un meeting con Page porto' alla decisione di dare una nuova possibilita' al cantante che, da par suo, essendosi probabilmente reso conto di quella che era la situazione, comincio' ad autodisciplinarsi, migliorando sensibilmente la propria resa live, e raggiungendo pian piano il livello consono alla grandezza della band, con buona soddisfazione dei suoi compagni, il che porto' ad un deciso rasserenamento della situazione interna (ma resta da dire che i rapporti fra Robert e John continuano a non essere buoni ancora adesso, tanto che il cantante continua a rifiutare l'ipotesi di una reunion dei Led Zeppelin con il bassista e, addirittura, avrebbe fatto di tutto per impedire la sua partecipazione al Live Aid del 1985).
Beh... Tutto questo discorso e' necessario per far comprendere appieno l'album: anzi, e' molto probabile che, senza tutte queste situazioni, ben difficilmente Led Zeppelin II (che, lo ricordiamo, e' stato concepito un po' alla volta durante tutta la fase di cui sopra) sarebbe stato quel capolavoro che e', con il suo passare da fasi piu' iperaccese ed elettriche ed altre decisamente piu' rilassate e sognanti (ma sempre con un ben avvertibile elemento di tensione sullo sfondo).
Ma ora rilassatevi... mettete quel piccolo CD di plastica nel lettore (o, molto meglio, quel meraviglioso vinile nero sul piatto) e fatelo andare a tutto volume...
Uno... due... tre... Risatina appena abbozzata di Plant.. e parte subito uno dei riff piu' belli ed immortali della storia del rock! Ascoltare Whole Lotta Love e' come farsi travolgere da un treno hard blues. La prestazione vocale, tutta sguaiata nel suo recitare il suo testo sessista, e' letteralmente da brivido, mentre il tappeto ritmico e' qualcosa che ti resta nella testa per il resto della tua vita. Per non parlare, poi, della parte centrale, dove, mentre il cantante recita il suo orgasmo in un crescendo di emozioni, e il mitico John "Bonzo" Bonham inventa una ritmica inquietante picchiando a mani nude le pelli della sua batteria, Jimmy Page crea un vero e proprio incubo sonoro utilizzando per la prima volta l'infernale theramin (a dimostrazione del fatto che la genialita' dei grandi musicisti di allora stava anche nello sperimentare senza limiti con tutto quello che la tecnologia poteva offrirgli, al fine di andare a costruire delle sonorita' uniche e davvero personali). Al culmine di tutto cio', ecco improvviso un break da paura (con un assolo di chitarra al fulmicotone che ha fatto la storia) e il reprise del riff principale, prima che un nuovo stacco (questa volta incentrato sulla voce... "Waaaaaaaaaaaaay dooooooown insiiiiiiiiiiiide!") prepari il furioso finale in sfumando. Come potete vedere, parlare di Whole Lotta Love senza entusiasmarsi e' davvero qualcosa di difficile, ma d'altronde il pezzo e' qualcosa di travolgente!
Ad onor del vero, bisogna pero' dire che la canzone suscito' parecchie polemiche negli ambienti blues. Whole Lotta Love, infatti, era in pratica la rilettura modernizzata di "You Need Love", classico di Willie Dixon. E come gia' era successo per quasi tutti i pezzi di Led Zeppelin I, la band si era tranquillamente autoaccreditata il pezzo, non citando minimamente l'autore originale. Beh... Se da una parte e' giusto notare che, dopo il restyling, con nuovi riff, nuove strutture, e arrangiamenti completamente differenti queste canzoni diventavano a tutti gli effetti parecchio diverse, praticamente dei pezzi nuovi, forse sarebbe stato piu' corretto coaccreditare anche coloro che avevano avuto l'idea originale, e che ora vedevano i Led Zeppelin arricchirsi grazie a quelle che loro consideravano, non a torto, loro creazioni. (Per inciso, c'e' da dire che qualcuno e' riuscito ad avere soddisfazione: si tratta di Joan Baez che ha ottenuto che nell'antologico Remasters fosse inserito il suo nome nei credits di Babe I'm Gonna Leave You, dopo che era stata assurdamente esclusa ai tempi dell'uscita del primo album!)
Ma torniamo all'album: sse Whole Lotta Love e' il devastante inizio, il resto dell'album non e' davvero da meno: What Is And What Should Never Be e' un meraviglioso alternarsi di delicatezza e potenza, The Lemon Song e' un altro degli "omaggi" (sigh!) Led Zeppeliniani ai classici del Blues (questa volta Killing Floor di Howlin' Wolf miscelata a Travelling di Robert Johnson) mentre Thank You e' uno dei pezzi piu' belli in assoluto della storia del rock, un lento con un magico accompagnamento di organo.
Il lato B si apre con due devastanti hard rock pieces: Heartbreaker contiene un altro riff che ha fatto la storia, oltre a quello che e' probabilmente l'assolo piu' veloce e famoso in assoluto di Page, mentre la veloce Living Loving Maid anticipa i fasti heavy rock di Rock'n'Roll (sul quarto album). E' il momento di calmarsi un attimo, e la deliziosamente folkeggiante Ramble On, e' il primo pezzo della storia del rock a citare Tolkien e il mondo magico della Terra di Mezzo.
La conclusione e' affidata alla notevole Moby Dick (strumentale che, nonostante un bellissimo riff di chitarra, era piu' che altro un pretesto per l'assolo di batteria - che comprendeva una parte a mani nude!!!) e a un ennesimo classico autoattribuito: la trascinate Bring It On Home (originariamente di Sonny Boy Williamson, ma effettivamente pochi potrebbero dire che, inizio a parte, sono la stessa canzone).
Beh... Inutile dire che, considerazioni sui diritti a parte, Led Zeppelin II e' uno di quegli album che non puo' mancare nella discografia di chiunque, sia esso appassionato di blues, rock o metal.
Perche' e' proprio qui che questi mondi si fondono alla grande, andando a concepire quella miscela unica ed inimitabile che e', a tutti gli effetti, l'esplosivo hard rock degli Zep. Non lasciatevi sfuggire la storia!
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VOTO: 1/1
Purple74
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