In una carriera costellata di evoluzioni stilistiche iper-ponderate, "Somewhere In Time" rappresenta per i Maiden la svolta piu' eclatante...
Powerslave (con il relativo, monumentale tour poi immortalato su Live After Death) aveva segnato il punto d'arrivo del discorso iniziato con il debutto omonimo, l'ondata rivoluzionaria della NWOBHM si era ormai estinta lasciando spazio a nuove agguerritissime leve (thrash) da un lato e ad inedite alchimie sonore (guitar synth, tecnologie di studio) dall'altro: non poche pressioni sulle spalle di Steve Harris, insomma.
La soluzione, tanto semplice quanto efficace, e' stata un balzo in avanti chiaro fin dalla "bladerunneriana" cover: adottare i nuovi (per il genere) timbri sintetici, rendere il suono piu' aggressivo e incalzante E (fattore fondamentale), mantenere comunque elevato il tasso di melodia sia nelle linee strumentali che in quelle vocali. Cercare la quadratura del cerchio, proponendo il classico trade-mark della band in una versione futuribile ma non stravolta. Almeno all'80%,l'esercizio e' riuscito, soprattutto grazie all'apporto compositivo di Adrian Smith, autore dei pezzi piu' eterodossi (di certo i piu' riusciti) dell'album: brani come il singolo apripista Wasted Years (il cui riff simil "profondo rosso" e' diventato in breve un classico), Sea Of Madness (turbinosa nelle chitarre e spezzata da un break atmosferico raffinatissimo) e Stranger In A Strange Land (tutta giocata sul contrasto fra una pulsante, quasi ballabile, linea di basso e le fantascientifiche, spaziali aperture di guitar synth) sono le gemme piu' scintillanti dell'"esperimento Somewhere in Time". E' un vero peccato che ad Adrian Smith non sia piu' stato permesso di sviluppare certe intuizioni a cavallo fra l'hard melodico e il metallo, ma e' probabile che l'ultra-conservatore Harris abbia ritenuto troppo rischiose certe sbandate (timori peraltro confermati dallo scarso gradimento da parte dei fans d'oltre oceano) e troppo opprimente l'idea di Smith come autore "in proprio" di una parte significativa del materiale.
Ipotesi fantasiose a parte, rimane il fatto che il bassista ha contribuito in maniera significativa con soli due pezzi davvero sopra la media, ovvero l'opener Caught Somewhere in Time (un up-tempo furioso e anthemico all'inverosimile, con Dickinson sugli scudi in quanto a grinta e trasporto interpretativo) e l'ormai leggendaria cavalcata di Heaven Can Wait, con il suo "Ohohooooooooooo!" nato per far cantare le platee di mezzo mondo. Il resto delle canzoni del leader (mi riferisco soprattutto a The Loneliness Of The Long Distance Runner e Alexander The Great) non fa che confermarne la capacita' di scrivere brani epici e dal minutaggio piuttosto elevato, ma l'eccessiva reiterazione degli stessi fraseggi all'interno del singolo brano concede qualche spazio alla noia ed alla sensazione di Deja Vu (non casualmente titolo di un'altro brano della raccolta). Niente di eccessivamente allarmante, almeno all'epoca, ma con il senno di poi sono avvertibili un certo senso di stress e qualche forzatura di troppo (valga per tutti l'ostinarsi di Bruce sui registri piu' alti, con conseguente mancanza di dinamica in alcuni frangenti).
Piccole ombre spazzate via dalla grande energia sprigionata dalla sezione ritmica (davvero anfetaminica, specie per quanto riguarda Nicko McBrain, nelle sue inarrestabili evoluzioni) e dal raffinati&potenti intrecci dei due axemen (che si spingono a volte ai limiti del prog, arrivando a proporre in sede live un duetto strumentale fortemente Pink Floyd oriented), enfatizzati da una produzione coraggiosa e innovativa rispetto ai canoni maideniani precedenti e successivi. Somewhere In Time non e' un album perfetto (nessuna produzione del gruppo puo' fregiarsi di questo aggettivo), ma con il passare degli anni ha mantenuto un fascino indubitabile proprio grazie alle atipiche scintille che ne emergono. Ovviamente le velleita' progressive hanno continuato a caratterizzare con una certa frequenza il sound del gruppo (basti come prova il concept Seventh Son Of A Seventh Son), ma un "ritorno al futuro" di questa portata non si e' piu' verificato, purtroppo.