CONTROL DENIED - the fragile art of existence
Novembre 1999
Il 1999 per il metal e' stato un grandissimo anno: tanti dischi di qualita' (non oso pensare alla difficolta' che avro' nel fare la top ten degli album del '99!!), ma soprattutto tanta varieta', tanta personalita', fattori importanti dopo che negli ultimi anni ci si era adattati ad una monotematicita' poco stimolante.
Quando pensi che ormai il meglio sia uscito, ecco che ti si presenta davanti questo disco...i Control Denied.
Chi sono i Control Denied? Semplicemente il side project di quel geniaccio di Chuck Schuldiner, leader dei Death, che ha al suo fianco gente come Steve DiGiorgio al basso, Richard Christy alla batteria, Shannon Hamm alla chitarra e Tim Aymar alla voce.
Ormai in gestazione da piu' di 3 anni, il progetto Control Denied ha finalmente visto la luce e non si puo' dire altro se non che il Chuck ha fatto un capolavoro. Heavy metal purissimo, non etichettabile in nessun altra maniera, suonato in maniera a dir poco sublime, con uno sfoggio di tecnica da fare letteralmente paura, ma mai esagerata o fine a se' stessa, canzoni complessissime, ma che non per questo perdono di immediatezza, una produzione davvero buona e testi che fanno riflettere, e tanto.
Da segnalare sicuramente la prestazione di Chuck, come al solito bravissimo, ma anche Steve Di Giorgio e' eccezionale, e tra l'altro la produzione lo mette nel giusto risalto, cosi' come Chrsty alla batteria.
La voce di Tim Aymar e' una piacevolissima scoperta, e devo dire che il cantante se la cava veramente bene, cambiando in continuazione tonalita', riuscendo ad arrivare a toni acuti senza pero' fissarcisi come i vari Kiskoidi.
"The fragile art of existence" e' uno di quegli album che ti prendono dal primo ascolto e non ti lasciano piu', crescendo sempre di piu' nel lettore dei compact disc...ad ogni nuovo ascolto c'e' sempre qualche particolare che viene alla luce, sempre qualcosa di nuovo...anche al quarantesimo ascolto la noia non sopraggiunge mai.
Tentare di spiegare il flusso di sensazioni che quest'opera provoca e' cosa difficile, anche perche' e' uno di quei dischi che si adatta alla personalita' di chi lo ascolta, cosi' come tentare di parlare delle signole canzoni e' praticamente inutile, visto che ognuna e' convincente in ogni sua parte.
Penso che questo disco dei Control Denied si possa definire tranquillamente un capolavoro, anche se non esente da difetti (la perfezione, come si dice, non e' di questo mondo!!): il riffing infatti e' fin troppo simile a quello di "The sound of perseverance" dei Death, anche se alla fin fine si puo' dire che questo disco sia la piu' naturale (e giusta) prosecuzione del discorso iniziato con quel disco.
In piu' Tim Aymar pur essendo bravissimo, fa capire fin troppo le sue ispirazioni (Warrel Dane in particolare...ma niente di scandaloso, soprattutto se si pensa che doveva essere proprio Dane il singer dei Control Denied), ma alla fin fine l'unico elemento che veramente non va e' Shannon Hamm, un po' coperto e decisamente non all'altezza degli altr membri del gruppo.
Ma alla fine sono elementi che non intaccano quello che e' un capolavoro e che per quanto mi riguarda e' sicuramente ed innegabilmente il disco dell'anno.
Ah, mi ero dimenticato di uno degli effetti collaterali provocati dal disco: probabilmente dopo il cinquantesimo ascolto verranno dei simpatici omini vestiti di banco a prelevarvi ed a portarvi n una casa con delle stanze imbottite, ma non preoccupatevi, tutto regolare...

VOTO: 1/1
Alby

Buio...solo buio...sei perso in un labirinto che sembra interminabile, lo zippo fuori uso, gli occhi che ormai riescono a percepire solo brandelli di immagini, l'orecchio che ingigantisce ogni minimo rumore.
Rumori distanti, ossessionanti: cori distanti tutti uguali, storie scontate di vichinghi e draghi, una specie di organo che continua incessantemente a bombardare con arabeschi sonori il cui scopo sembra essere solo la gratificazione dell'ego della presenza che suona quello strumento, mummie che incessantemente suonano la stessa melodia variandone gli oscuri versi che la accompagnano.
E le immagini...inquietanti figuri, con la faccia pitturata di strani segni e con simboli blasfemi al collo, e poi buffoni vestiti di pelle e borchie che cercano di far rivivere un passato che ormai e' stato....e poi altre persone, inghiottite senza pieta' dal vuoto, perse nei meandri dei loro portafogli.
Ormai l'angoscia, la disperazione piu' cupa ti ha preso, quando all'improvviso vedi la fine del labirinto, una luce devastante, violenta, che brucia gli occhi, ma che ti riempie di una gioia immensa. Ed in sottofondo senti la chitarra di Chuck Schuldiner intonare i primi devastanti riff, la batteria di Richard Christy incominciare a produrre i suoi primi battiti, il basso di Steve Di Giorgio che ne fa di tutti i colori, la voce di Tim Aymar che incomincia ad urlare.
E, quasi inebetito te ne stai a sentirti una dopo l'altra le canzoni dei Control Denied (cosi' si chiama il gruppo), 8 grandi capolavori di puro heavy metal, musica suonata con due palle grandi come una casa, musicisti con una tecnica immensa, ma mai fastidiosa, mai fine a se' stessa e con una precisione chirurgica.
Stai li', a tentare di capire le parole di quelle canzoni, ad emozionarti ed a pensare su quello che Chuck ha voluto dire e senza volerlo ti ritrovi a pensare a cos'e' la vita a quale sia il suo senso a come sia effettivamente fragile l'arte della esistenza, soprattutto pensando che il povero Chuck e' gravemente malato.
Cerchi dei difetti in quella musica, la tua mente non riesce ad accettare la bellezza di quella musica, cerchi difetti ma ne trovi ben pochi; pensi alla voce di Tim Aymar che ti ricorda fin troppo quella di Warrel Dane, ma ha importanza dinnanzi ad un cantato cosi' eccezionale e vario?
Pensi ai riff che ti ricordano la precedente opera di Chuck, ma ti rendi conto che questa e' solo la piu' naturale evoluzione di quel discorso.
Pensi al secondo chitarrista Shannon Hamm, ti rendi conto che al confronto degli altri membri e' quasi inesistente, sempre in secondo piano e ne concludi che probabilmente e' l'unica cosa che non va in un disco che ormai ritieni a tutti gli effetti un capolavoro di valore assoluto.
Ti siedi e incominci a sentire quelle 8 canzoni sempre piu' volte di fila, ed ogni volta quelle canzoni ti piacciono sempre di piu', ogni volta trovi sempre cose nuovi, tasselli di un complicato puzzle che formano un quadro di una bellezza quasi inebriante.
Stremato, ma colmo di felicita' ti sdrai e con la testa libera da preoccupazioni, da quelle immagini inquietanti e da quei suoni sentiti nel buio, e finalmente ti addormenti.
Ti risvegli molto tempo dopo, guardi le pareti imbottite della tua stanza, senti le tue braccia avvinghiate dalla camicia di forza, vedi lo specchio da dove i dottori scrutano la tua esistenza e senti il registratore che va, con il cd dei Control Denied che gira incessantemente.
Ti siedi sul tuo letto e te ne stai li' ad ascoltare, a gioire, a pensare, a pensare, a pensare...

VOTO: 1/1
Alby
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INFO:
Etichetta: Nuclear Blast
Anno: 1999
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