Una cosa sorprendete per me e' riscoprire quello che i mostri sacri del
rock (miei adorati!) siano riusciti a combinare nel lasso di tempo che va
dai tempi a loro piu' propri ('60-'70) sino ai giorni nostri: dalla
variegata famiglia Purple, alle prese con progetti molto famosi (tipo
Rainbow, Whitesnake, etc.) o piu' sperimentali (per quel che ne so Ian
Gillan Band e via dicendo), a Page e Plant, un certo Eric Clapton, un
tantinello piu' monocorde dei precedenti, Jeff Beck e chi piu' ne ha piu'
ne metta. I risultati di questo mio tentativo di mettere un po' d'ordine
nelle varie discografie porta alla sconcertante (almeno per me!)
conclusione che i Grandi degli anni Settanta certamente non stavano fermi
nemmeno in quello strano periodo che per molti e' stato dominato dalla
Disco da una parte e dall'avvento del vero e proprio Metal dall'altra.
Insomma, tali Coverdale e Page che nel '93 fanno uscire un album semplice
semplice di purissimo Hard Rock sono proprio quelli che siamo abituati ad
ascoltare, magari un pelo maturati dagli anni.
E cosi' l'album si apre con gli accordi rapidi e acustici di "Shake my
tree", che prosegue intrigante e rockeggiante come ai tempi degli Zeppelin
(e con lo stesso testo tra il ridicolo ed il blues ^____^), seguita con
continuita' da "Waiting on you". Prima rottura dal passato: ok, Settanta a
manetta, ma di psichedelia quasi zero. Atmosfere invece magnifiche e molto
intimiste per "Take me for a little while", pezzo dissonante e dolcissimo
(il miglior lento dei miei ultimi 4 anni) in cui il buon Coverdale ricorda
che non ha bisogno di scalare montagne irraggiungibili con la sua voce
pazzesca per rendere un'emozione, e Page.....ascoltare per comprendere,
quasi indescrivibile.
Si profila anche un altro punto, poi verificato nel resto dell'album: la
produzione e' fantastica, e d'altra parte in queste cose proprio Page e'
maestro, quindi largo ad armoniche, archi e cosi' via a seconda dei casi.
Giusto a dire 'It's only rock and roll' parte "Pride and joy", e similmente
"Feeling hot", un salto nel blues-rock del passato. Fantastico. Tra le due
"Over now", pezzo cadenzato che IMO ricorda vagamente i bei vecchi tempi di
"Kashmir".
Poi "Easy does it" con strane atmosfere melliflue prima acustiche e poi
ancora elettriche, "Take a look at your self", forse il punto piu' basso
dell'album ma cmq godibile; "Don't leave me this way" suona come un vecchio
blues ovattato (ora che ci penso e' una vera escalation, sempre piu' '70s!).
"Absolution blues" e' in realta' un rockettone granitico introdotto in modo
orientaleggiante dalla chitarra sempre presente di Jimmy, e proseguito in
modo trascinante fino a "Whisper a prayer for the dying", chiusura stile
country (un po' Bon Jovi) riflessiva sugli urli strazianti dovuti alle armi
per questo bell'abum che la 'storia della musica di plastica usa-e-getta'
di oggi vorrebbe non farvi conoscere.