Bathory, un nome che richiama una truce leggenda, quella di una donna,
pazza, che era solita fare il bagno nel sangue di giovani vergini per
mantenere integra la propria bellezza. Ma questo nome richiama anche la
leggenda del gruppo che ha dato inizio al movimento del black metal
scandinavo e che da lei prende il nome. Prima di Mayhem, Emperor, Immortal e
quant'altri c'erano loro, i Bathory. Mossi dalla mente di un solo uomo,
Quorthon, questa band ha dettato le regole su cui si sono poi mossi tutti i
gruppi della scena underground nordica per almeno un decennio.
"Blood Fire Death" e' un album particolare nella discografia della band
svedese. Se infatti il precedente "Under the sign of the black mark" aveva
segnato l'inizio del black metal nordico, quest'album segna l'introduzione
della componente epica nelle composizioni della one man band per eccellenza.
Proprio qui i Bathory cominciano a sperimentare nuovi elementi anche se in
realta' la maggior parte dell'album e' ancora molto ancorata allo stile
passato. Si cominciano pero' a delineare quelle che sarebbero poi state le
coordinate degli ultimi album della band (dal successivo "Hammerheart", dove
avviene il vero e proprio cambiamento, a "Blood on ice", dove l'elemento
epico prende definitivamente il sopravvento).
Basti ascoltare l'inizio dell'album, ovvero "Odens ride over nordland", una
rivisitazione di "O Fortuna" di Carl Orff seguita dall' incredibile "A fine
day to die", un vero gioiello in campo estremo.
Da queste due canzoni iniziale si nota come i Bathory comincino a mischiare
elementi epici al proprio stile, che paga pero' ancora un forte tributo al
vecchio thrash. Infatti sentiamo ancora il tipico "tu-pa tu-pa" della
batteria, assoli taglienti come lame di coltello e velocissimi (cosa poi
sparita nel moderno black), il suono ruvido e sporco delle chitarre che
creano riff a volte semplici e di facile presa (come quello della
sopracitata "A fine day...") a volte intricati e cattivissimi, delle vere e
proprie mazzate.
E' cosi' che dopo un inizio "tranquillo" ci si trova davanti al muro sonoro
creato da canzoni quali "The golden walls of Heaven", "Pace' till death" e
"Holocaust". Ritmiche forsennate, la batteria sembra impazzita e la voce di
Quorthon e' cosi' maligna da mettere i brividi. Gli assoli sono cosi' affilati
che potrebbero scarnificare un rinoceronte.
Dopo queste tre botte in faccia ecco che ancora una volta si ritorna a
sperimentare. Un ritmo piu' cadenzato e un riff piu' "facile" segnano la
bellissima "For all those who died". Ancora una canzone marcata da quella
novita' che Bathory sta introducendo in un genere cosi' estremo per la prima
volta. Credo che il gruppo che piu' ha assimilato la lezione qui cominciata
da Quorthon siano gli Emperor del primo "In the nightside eclipse".
Si prende fiato per una attimo ed ecco che "Dies Irae" irrompe prepotente.
Ancora una volta velocita' e cattiveria la fanno da padroni. Batteria e
chitarre creano un tappeto ritmico allucinante che rispecchia bene il titolo
della canzone (chissa' cosa direbbe Mozart se sentisse questo di "Dies
Irae"). Pero' ecco che tutto a un tratto il ritmo cambia, e ancora si ritorno
verso il modulo dell'epic.
A proposito, piccola nota bene per chi non conoscesse Bathory: non crediate
che quando parlo di componente epica mi riferisca a cose tipo i cori del
power metal di oggi, o all' "Hollywood metal" dei Rhapsody, per carita'! Qui
non c'entra niente di tutto questo, non fatevi ingannare mi raccomando.
Si giunge infine alla traccia conclusiva, la bellissima title track "Blood
fire death". Il disco si chiude come era cominciato, ovvero con un pezzo
totalmente epico. Ritmo cadenzato, la voce di Quorthon e' diversa qui, ha
un'altra sfumatura, meno rabbia e piu' coralita'. Inoltre la canzone si dipana
su un tappeto di tastiere (l'unica canzone in tutto l'album). Gli assoli
sono meno veloci e graffianti, sono piu' tesi alla melodia.
Se si ascolta attentamente questa canzone si capisce la grande influenza che
questo gruppo ha avuto negli anni. Provate a confrontare questo pezzo con
"Alma Mater" dei Moonspell e ditemi se non trovate somiglianze nel modo di
cantare (o nell'uso delle chitarre). Lo stesso singer della band lusitana ha
ammesso di essere un grandissimo ammiratore dei Bathory. Inoltre molti dei
gruppi che oggi fanno black metal e usano le tastiere per rendere la propria
musica cattiva ma al contempo maestosa dovrebbero pagari i diritti d'autore
ai Bathory.
Credo che Quorthon rientri a pieno titolo nella ristretta cerchia di quelli
che hanno inventato qualcosa di nuovo in ambito musicale, quest'album la
dice lunga, e credo anche che in lui ci sia tanta follia e rabbia quanta
genialita' artistica e questo nessuno lo potra' mai negare.