BATHORY - blood fire death (1988)
Ottobre 1999
Bathory, un nome che richiama una truce leggenda, quella di una donna, pazza, che era solita fare il bagno nel sangue di giovani vergini per mantenere integra la propria bellezza. Ma questo nome richiama anche la leggenda del gruppo che ha dato inizio al movimento del black metal scandinavo e che da lei prende il nome. Prima di Mayhem, Emperor, Immortal e quant'altri c'erano loro, i Bathory. Mossi dalla mente di un solo uomo, Quorthon, questa band ha dettato le regole su cui si sono poi mossi tutti i gruppi della scena underground nordica per almeno un decennio.
"Blood Fire Death" e' un album particolare nella discografia della band svedese. Se infatti il precedente "Under the sign of the black mark" aveva segnato l'inizio del black metal nordico, quest'album segna l'introduzione della componente epica nelle composizioni della one man band per eccellenza. Proprio qui i Bathory cominciano a sperimentare nuovi elementi anche se in realta' la maggior parte dell'album e' ancora molto ancorata allo stile passato. Si cominciano pero' a delineare quelle che sarebbero poi state le coordinate degli ultimi album della band (dal successivo "Hammerheart", dove avviene il vero e proprio cambiamento, a "Blood on ice", dove l'elemento epico prende definitivamente il sopravvento).
Basti ascoltare l'inizio dell'album, ovvero "Odens ride over nordland", una rivisitazione di "O Fortuna" di Carl Orff seguita dall' incredibile "A fine day to die", un vero gioiello in campo estremo.
Da queste due canzoni iniziale si nota come i Bathory comincino a mischiare elementi epici al proprio stile, che paga pero' ancora un forte tributo al vecchio thrash. Infatti sentiamo ancora il tipico "tu-pa tu-pa" della batteria, assoli taglienti come lame di coltello e velocissimi (cosa poi sparita nel moderno black), il suono ruvido e sporco delle chitarre che creano riff a volte semplici e di facile presa (come quello della sopracitata "A fine day...") a volte intricati e cattivissimi, delle vere e proprie mazzate.
E' cosi' che dopo un inizio "tranquillo" ci si trova davanti al muro sonoro creato da canzoni quali "The golden walls of Heaven", "Pace' till death" e "Holocaust". Ritmiche forsennate, la batteria sembra impazzita e la voce di Quorthon e' cosi' maligna da mettere i brividi. Gli assoli sono cosi' affilati che potrebbero scarnificare un rinoceronte.
Dopo queste tre botte in faccia ecco che ancora una volta si ritorna a sperimentare. Un ritmo piu' cadenzato e un riff piu' "facile" segnano la bellissima "For all those who died". Ancora una canzone marcata da quella novita' che Bathory sta introducendo in un genere cosi' estremo per la prima volta. Credo che il gruppo che piu' ha assimilato la lezione qui cominciata da Quorthon siano gli Emperor del primo "In the nightside eclipse".
Si prende fiato per una attimo ed ecco che "Dies Irae" irrompe prepotente. Ancora una volta velocita' e cattiveria la fanno da padroni. Batteria e chitarre creano un tappeto ritmico allucinante che rispecchia bene il titolo della canzone (chissa' cosa direbbe Mozart se sentisse questo di "Dies Irae"). Pero' ecco che tutto a un tratto il ritmo cambia, e ancora si ritorno verso il modulo dell'epic.
A proposito, piccola nota bene per chi non conoscesse Bathory: non crediate che quando parlo di componente epica mi riferisca a cose tipo i cori del power metal di oggi, o all' "Hollywood metal" dei Rhapsody, per carita'! Qui non c'entra niente di tutto questo, non fatevi ingannare mi raccomando.
Si giunge infine alla traccia conclusiva, la bellissima title track "Blood fire death". Il disco si chiude come era cominciato, ovvero con un pezzo totalmente epico. Ritmo cadenzato, la voce di Quorthon e' diversa qui, ha un'altra sfumatura, meno rabbia e piu' coralita'. Inoltre la canzone si dipana su un tappeto di tastiere (l'unica canzone in tutto l'album). Gli assoli sono meno veloci e graffianti, sono piu' tesi alla melodia.
Se si ascolta attentamente questa canzone si capisce la grande influenza che questo gruppo ha avuto negli anni. Provate a confrontare questo pezzo con "Alma Mater" dei Moonspell e ditemi se non trovate somiglianze nel modo di cantare (o nell'uso delle chitarre). Lo stesso singer della band lusitana ha ammesso di essere un grandissimo ammiratore dei Bathory. Inoltre molti dei gruppi che oggi fanno black metal e usano le tastiere per rendere la propria musica cattiva ma al contempo maestosa dovrebbero pagari i diritti d'autore ai Bathory.
Credo che Quorthon rientri a pieno titolo nella ristretta cerchia di quelli che hanno inventato qualcosa di nuovo in ambito musicale, quest'album la dice lunga, e credo anche che in lui ci sia tanta follia e rabbia quanta genialita' artistica e questo nessuno lo potra' mai negare.
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