Era dal novembre del 1994, periodo in cui acquistai "Promised Land" e assaggiai per la prima volta la musica del gruppo, che fremevo dalla voglia di vedere i Queensryche in concerto. Ancora oggi maledico me stesso per non essere stato presente allo show che il combo di Seattle tenne in quel di Milano (aprile 1995) nel "Road to Promised Land" tour, fino ad adesso l'ultimo concerto in Italia con Chris DeGarmo alla chitarra, spettacolo che mi dicono essere stato davvero ottimo.
Visto che, con il passare degli anni, la mia passione per i Queensryche e' ulteriormente cresciuta, e' facile immaginare con quale stato d'animo mi sia avvicinato al 27 gennaio, giorno in cui il gruppo avrebbe tenuto a Milano il suo unico concerto italiano del tour di "Q2K". Se il desiderio di vederli suonare live era quindi enorme, con tutta sincerita' temevo (non chiedetemi perche') che le mie aspettative sarebbero state deluse. Avevo il timore di trovarmi davanti ad una band agli sgoccioli, con poca voglia di suonare, o addirittura (orrore!) dinnanzi ad un Tate a mezzo servizio, senza voce. I dubbi mi hanno accompagnato anche all'interno dell'Alcatraz (gran bel locale per un concerto) fino al termine dell'antipasto offerto dai The Tea Party, ottimo gruppo di supporto con un sound a meta' tra i Pearl Jam e la musica piu' sperimentale, che e' stato molto apprezzato dal pubblico milanese.
Dopo un'intro inquietante, i Queensryche si presentano sul palco (un palco privo di amplificatori!) al suono del classico "Revolution calling", e nel momento in cui Tate comincia a cantare ("for a price I'd do about anything.."), ogni minimo dubbio viene istantaneamente spazzato via. Il suono e' ottimo, la band sembra compatta e affiatata, e il singer pare in serata di grazia, come dimostrera' ampiamente lungo tutta la durata delle spettacolo. La scaletta prevede l'esecuzione dei pezzi piu' energici e diretti registrati dalla band dai tempi di "Rage for order" in poi ("The warning", come del resto "Hear in the now frontier", sara' del tutto ignorato), con una predilezione particolare per le canzoni di "Operation:Mindcrime" (dal quale sono stati estratti ben otto brani) e, ovviamente, di "Q2K" (suonato quasi per intero). Non ci sono ballate (tranne la "dovuta" "Silent Lucidity"), non ci sono momenti acustici, non ci sono pause troppo lunghe tra un brano e l'altro. Trascinati da chitarre pesanti come non mai (tanto che i pezzi di "Q2K" ne guadagnano molto in quanto ad aggressivita'), i pezzi vengono eseguiti con una precisione piu' che chirurgica, e non potrebbe essere altrimenti data la caratura tecnica della band. Il concerto e' tutto un continuo fluire di canzoni ed emozioni, una magia durata un'ora e e 3/4, con il gruppo che passa con assoluta disinvoltura dai pezzi "metal" di Mindcrime a quelli piu' "rock" di "Q2K", senza dimenticarsi i momenti piu' importanti di "Empire" (oltre alla gia' citata "Silent Lucidity", Empire" e una "Jet city woman" rimessa a nuovo) ne' di un classico come "Walk in the shadows" (da "Rage for order"). Dispiace sentire la sola "Damaged" (un pezzo incredibile e intenso anche dal vivo) da quel capolavoro chiamato "Promised Land", ma e' doveroso ammettere che le atmosfere rarefatte e progressive di quel disco mal si sarebbero adattate ad una scaletta che voleva essere soprattutto "chitarristica". Se i pezzi tratti da "Mindcrime" sono stati, come era prevedibile, quelli accolti con maggior calore del pubblico, anche i brani di "Q2K", un disco a mio parere molto sottovalutato dai piu', hanno riscosso il loro successo (i cori di "Liquid Sky" e di "The right side of my mind" sono stati cantati a squarciagola da tutti o quasi).
Le prestazioni dei singoli? Beh, partiamo da lui, La Voce, Geoff Tate (conosco gente che e' andata a vedere i Ryche solo per sentirlo cantare): la sua ugola d'oro non pare aver subito alcun danno, ma anzi, sembra quasi migliorare con il passare degli anni, un po' come accade al buon vino. Una performance incredibile, senza la benche' minima sbavatura: insomma, avete presente la PERFEZIONE? Non contento di cantare come solo lui sa fare, il buon Geoff e' come al solito impeccabile pure nel ruolo di frontman (tutto il pubblico pende dalle sue labbra) e eccellente nella sua personale interpretazione delle canzoni, sempre accompagnate da gesti e da espressioni facciali. Chi lo ha visto all'opera durante "Breakdown" (sembrava quasi...impazzito, sul palco) o lo ha sentito tingere di nuovi colori "Jet city woman" potra' senza dubbio confermarvelo. Se prima lo ritenevo il migliore, ora ne sono piu' che mai convinto.
Il chitarrista Michael Wilton (che sembra quasi essere ringiovanito con il passare del tempo!) mostra una classe e una pulizia esecutiva di primo piano, mentre al basso Eddie Jackson esegue alla meglio il suo compito senza improvvisare piu' di tanto (ma e' come al solito velocissimo nella devastante "Needle lies"). Scott Rockenfield si dimostra sempre lo straordinario batterista che tutti conosciamo e Kelly Gray...gia'..e Kelly Gray? Come se l'e' cavata il sostituto di Chris DeGarmo? La sua prova e' stata piu' che buona, ma, soprattutto durante l'esecuzione dei vecchi brani (quelli piu' "metal" con i duetti tra le chitarre, per intenderci), si e' notato abbastanza chiaramente che il suo stile e' troppo sporco per un gruppo come i Queensryche. Ha dispensato grande energia, ci ha messo l'anima e forse anche qualcosa in piu': ma il suo modo di suonare, dispiace dirlo, non riesce a convincermi (l'assolo centrale di "Silent Lucidity" -suonata tra l'altro senza chitarre acustiche, uno scandalo!- eseguito da Gray stesso, e' stato terrificante). L'unica nota stonata in un concerto fantastico, emozione allo stato puro, che difficilmente potro' dimenticare, l'ulteriore eccellente prova di una band immensa.
E intanto ricomincia l'attesa per un nuovo disco e, logicamente, per un nuovo tour. Con una possibilita' (e una speranza), quella del ritorno nella band di Chris DeGarmo che, secondo alcune indiscrezioni, non sarebbe piu' troppo remota.