Sull'onda del successo (commerciale) del loro "Metropolis 2: Scenes from a memory", i Dream Theater regalano all'Italia alcune date, per la gioia dei loro numerosissimi fan. Dopo il concerto di Roma, il gruppo statunitense giunge a Firenze per esibirsi al Palasport (edificio dalla buon acustica, limitato a 4000 posti per l'occasione) , e il pubblico fiorentino (e non) risponde con grande entusiasmo alla chiamata, affluendo in massa per lo show di una band che, nel bene e nel male, ha ormai acquistato una grande notorieta' sul suolo italico.
La bella prestazione degli Spock's beard, gruppo spalla dedito ad un intrigante rock progressivo di palese origine seventies, forse non viene apprezzata quanto dovrebbe essere, ma e' chiaro che il famelico pubblico non aspetta altro che l'arrivo di Petrucci e compagni. A dimostrazione di tutto questo sono da sottolineare le reazioni di puro delirio ed esaltazione scaturite dall' imprevista entrata in scena di Mike Portnoy (travestito da Gene Simmons dei Kiss!) per suonare la batteria in un pezzo. Terminato l'antipasto, si arriva dunque al piatto forte. I Dream Theater, ripercorrendo la strada dei Pink Floyd di "The wall" e dei Queensryche di "Operation: livecrime", si presentano sul palco (non troppo grande ed accogliente, ad essere sinceri) , per eseguire interamente il loro ultimo (concept) album, aiutati nella narrazione da 4 piccoli schermi che proiettano sia immagini legate alla storia (abbastanza banali e bruttine) sia particolari del loro spettacolo (le fulminee dita di Petrucci che si muovono sulle corde della chitarra, per esempio) . Lo show e' tecnicamente ineccepibile e il pubblico sembra gradire, anche se i momenti davvero emozionanti sono coincisi, almeno per chi scrive, con l'esecuzione degli ultimi tre brani di "Scenes from a memory", e mi riferisco a "One last time", "The spirit carries on" (per la quale i Pink Floyd potrebbero citare i Theater per plagio) e alla sinceramente splendida "Finally free". I pezzi precedenti sono stati ovviamente suonati alla grande (con Petrucci che comunque ha esagerato piu' di una volta con i suoi soli alla velocita' della luce, alla lunga davvero soporiferi) , ma hanno trasmesso quella sensazione di freddezza che traspare anche dall'ascolto dell' album, davvero buono e ben realizzato, ma che troppo spesso suona finto o ruffiano. Si potrebbe discutere all'infinito anche sulla necessita' di allungare ulteriormente delle parti strumentali (si veda la riproposizione della tutt'altro che esaltante "The dance of eternity") che gia' su disco paiono ridondanti e inutili ai fini del concept che si vuole rappresentare, mentre dal vivo risultano solamente delle pure e sterili esibizioni di tecnica, il tutto a scapito dell'impatto e dell'emozione. Che poi siano tutti dei mostri di tecnica e' effettivamente un dato di fatto: Myung (nonostante anche live si senta poco, un po' come avviene su disco) e' incredibile nei suoi giri di basso, Petrucci e' oggettivamente un fulmine (anche se ad essere cattivi gli si potrebbero imputare un paio di errorucci) , Portnoy e' il solito fenomeno dietro le pelli, Rudess esegue il suo compito alla perfezione, e LaBrie canta sorprendente bene (mentre di solito dal vivo e' abbastanza penoso) . Ma dovrebbe far riflettere il fatto che siano proprio le ultime tre canzoni del disco, prive di virtuosismi o di passaggi accademici e incentrate su grandi melodie, ad essere le piu' cantate e acclamate dal pubblico.
Dopo un'ora e mezza di concerto (tanto e' durata la riproposizione di "Scenes from a memory") , i nostri ci propongono "Peruvian skies" (bel pezzo, ma avrei preferito sentire altro) e "Erotomania" (altra strumentale!) rispettivamente da "Falling into infinity" e "Awake", ed un medley finale nel quale vengono eseguiti frammenti di canzoni come (tra le altre) "Pull me under", "Take the time", "A fortune in lies" e "Acid rain" (dei Liquid Tension Experiment) . Un finale spettacolare ed emozionante (finalmente!) , che rafforza in me la convinzione che i pezzi di "Images and words" e "When day and dream unite" siano troppo superiori a quelli che la band ha scritto in seguito, e che forse il gruppo stesso non sapra' piu' tornare a quei livelli compositivi.
Tutto sommato, i Dream Theater hanno fatto un bel concerto, sicuramente non perfetto, sicuramente con delle evidenti (preoccupanti?) pause a livello di trasmissione di feeling, ma davvero un gran bel concerto. E poi il pubblico e' andato in pura estasi, e non ha lesinato i proprio applausi. E' questo quello che conta. E se ogni tanto qualcuno sbadigliava, poco importa. Forse aveva fatto le ore piccole la notte precedente. Forse.