DEEP PURPLE
Gennaio 2000
Allora... cominciamo da un punto ormai controverso fra i fan: la distinzione in "Mark"! Fino al 1975 tutto e' stato tranquillo: l'ultima formazione era la Mark IV, quella con Tommy Bolin. I problemi hanno cominciato ad esserci con la reunion della Mark II (1984). Molti infatti, hanno preso a chiamare quella formazione "Mark V", per fare capire che c'era comunque una differenza - erano passati molto anni - con la vecchia Mark II. Altri (e io sono fra questi) hanno preferito mantenere il vecchio nome, magari indicando con "Mark II bis" (e poi "ter") questa reincarnazione. Ecco quindi che, per chi segue il primo standard di numerazione, la formazione con Turner e' la Mark VI, mentre per chi segue il secondo e' la Mark V (e cosi' via). Altri problemi sono stati dati dall'ingresso di Satriani nella band. Joe ha fatto praticamente da sessionman per un tour, e non ha inciso niente con la band. Molti, pero' (sia da uno standard che da un altro), si sono sentiti in dovere di inserirlo lo stesso nella numerazione, generando ancora piu' confusione (e ora le maniere di contare i Mark sono quindi 4, combinazione di "Mark V o mark II bis" e "con o senza Satriani"). Il casino e' che neanche i "massimi rappresentanti" del fandom Purpleiano si mettono d'accordo: la DPAS di Simon Robinson usa uno standard, il sito web un altro, i fanclub di tutto il mondo quello che gli pare.
Per fare chiarezza, io ho deciso di utilizzare quello che ritengo piu' logico... Ovvero: la formazione della reunion e' per me sempre la Mark II (chiamiamola anche bis... ma per me sempre la Mark II e'!), mentre mi sembra assurdo computare Satriani (che e' stato, a tutti gli effetti, un rimpiazzo temporaneo!)


Quindi:

Deep Purple Mark I - fine 1967/meta' 1969

Ritchie Blackmore: Chitarra
Rod Evans: Voce
Jon Lord: Organo, piano, clavicembalo
Ian Paice: Batteria e percussioni
Nick Simper: Basso


Shades of Deep Purple - 1968
Primo album della band, ma siamo ancora ben lontani dalla maturita'. Registrato in due giorni e mixato in uno (!!! Addirittura utilizzando un registratore a quattro piste per cinque strumenti!!!), e composto da pezzi che il gruppo aveva provato durante un tour a nome Roundabout, soffre della mancanza di una direzione precisa. La band cerca infatti di tenere i piedi in piu' staffe, ed ecco quindi momenti rock'n'roll (Hush), beat (One More Rainy Day, I'm So Glad, Love Help Me), psichedelici (il rifacimento di Help dei Beatles), hard rock (Mandrake Root) e prog (And The Address, Happiness, Hey Joe). L'esperto Lord (e' il piu' anziano della band) domina, mentre Blackmore e' relegato ad un ruolo di secondo piano (e penalizzato da un suono terrificante che rende inascoltabili gran parte degli assoli), anche se si riscattera' dal vivo. La voce di Evans e' calda, ma decisamente troppo pop e poco tecnica per quelli che saranno gli sviluppi futuri della band, mentre il basso rotondo di Simper e' piacevole. Nonostante tutti i suoi molti difetti SODP e' un album che riesce a suonare fresco e spontaneo, e, tutto sommato, anche godibile. Il disco e' completamente ignorato in Inghilterra, ma Hush (cover di un brano di Joe South) raggiunge inaspettatamente il quarto posto delle classifiche U.S.A., spalancando ai Purple le porte di un effimero successo americano.
Proprio negli States e' il primo tour ufficiale della band: originariamente doveva essere di supporto ai Cream, ma Clapton si ingelosisce a vedere un chitarrista piu' bravo di lui e li fa licenziare dopo tre date.

The Book Of Taliesyn - 1968
Costruito per ricalcare il predecessore, al fine di ripeterne il successo americano, e' probabilmente l'album peggiore dei Purple in assoluto. Le intuizioni buone non mancano, anzi, ma il non scegliere una decisione ben precisa si rivela penalizzante e viene a mancare quella freschezza che aveva caratterizzato il primo disco. Notevoli comunque lo strumentale Wring That Neck (dal vivo sara' usato per improvvisare ad oltranza), la ballata Anthem (con Lord che sperimenta per la prima volta con strumenti classici sugli assoli... peccato solo che la prestazione eccessivamente melodrammatica di Evans rovini un po' il risultato finale), la cover di Neil Diamond Kentucky Woman (una sorta di Hush atto II), e la psichedelica The Shield.

Deep Purple - 1969
Indubbiamente il disco migliore della prima formazione! Spariscono quasi completamente le cover (c'e' solo una toccante versione di Lalena di Donovan) e la band si impegna a sviluppare il proprio stile. A parte l'orrida opener Chasing Shadows, tutti i pezzi sono di qualita' e , in particolare, si distingue la lunga suite di April - che alterna un momento semiacustico, uno puramente orchestrale (invero non riuscitissimo) e un finale di grande hard rock (con il basso che cita... ehm, il Porompompero! ^___^) A questo punto, pero', e' chiaro che Evans e Simper non possono continuare con la band: il primo e' totalmente inadatto al mutamento di stile in atto, mentre il secondo (pur essendo un buon bassista) non e' in grado di assicurare quella potenza che la band vorrebbe, e in piu' non lega assolutamente con i compagni dal punto di vista caratteriale.

Deep Purple Mark II - estate 1969/estate 1973

Ritchie Blackmore: Chitarra
Ian Gillan: Voce, armonica, percussioni
Roger Glover: Basso
Jon Lord: Organo, piano, clavicembalo
Ian Paice: Batteria


Concerto For Group And Orchestra - 1969
Il grande sogno di Jon Lord (uno dei primi musicisti rock ad avere studiato al conservatorio) era di potere scrivere un'opera sinfonica che unisse le sue due grandi passioni: il rock e la musica classica. Stufi di sentirglielo ripetere, i manager della band (Edwards e Colletta) decisero di accontentarlo e di prenotare la Royal Albert Hall a sua insaputa. Lord aveva ora pochissimi (5 scarsi) mesi di tempo per scrivere l'intera partitura orchestrale, tenendo conto che, nel frattempo, doveva anche partecipare ai continui tour della band, e contribuire al songwriting dei pezzi del nuovo album in studio. I Purple nel frattempo avevano cambiato formazione, ed avevano accolto fra le loro fila Gillan e Glover, entrambi dagli Episode Six. Il primo album della storica Mark II e' proprio il Concerto For Group and Orchestra, registrato dal vivo nel settembre 1969 in collaborazione con la Royal Philharmonic diretta da Malcolm Arnold. L'evento fu letteralmente eccezionale (era la prima volta che una rock band ed un'orchestra si esibivano assieme su una partitura originale) e porto' i misconosciuti Purple per la prima volta all'attenzione dei media e del grande pubblico inglesi (la serata, i cui proventi andarono tutti in beneficenza, fu addirittura trasmessa in TV). Dal punto di vista strettamente musicale, c'e' da dire che il Concerto e' un'opera riuscita solo in parte: se nel primo e nel secondo movimento ci sono dei passaggi addirittura fantastici (la parte cantata da Gillan sull'Andante e' da brivido), soprattutto nel terzo la tensione cala notevolmente, e la qualita' pure. A discolpa di questo, pero', bisogna aggiungere (oltre al pochissimo tempo a disposizione di Lord per completare la partitura) che non tutte le parti in causa erano pienamente convinte di quello che facevano: non solo gran parte degli orchestrali (soprattutto i piu' anziani) erano letteralmente schifati all'idea di collaborare con un gruppo di capelloni, ma anche all'interno della band c'era chi (Blackmore soprattutto) considerava il Concerto una solenne perdita di tempo, che avrebbe rallentato la svolta hard rock che stava per venire. Beh... Comunque, alla fin fine l'evento concerto ebbe un grandissimo successo (il pubblico alla fine dell'esecuzione era letteralmente in delirio) e una notevole risonanza, e spinse molte altre band (fra cui i Nice di Keith Emerson, o i nostrani New Trolls) a tentare esperimenti simili. Il disco tratto dall'evento, invece, fu un gran fallimento... ma a quel punto poco importava: i Purple erano diretti su ben altri lidi!

Deep Purple In Rock - 1970
Dopo aver concesso a Lord il suo "sfogo sinfonico" (per inciso, il grande Jon fara' cose nettamente superiori con le orchestre, nel corso della sua carriera solista) Blackmore prende decisamente in mano le redini del gruppo, e traccia la direzione prossima ventura: violentissimo, devastante hard rock. Ecco quindi che nasce Deep Purple In Rock, un album che ha letteralmente sconvolto il mondo della musica pesante, andando a tracciare nuove frontiere dell'estremo sonoro. Sin dall'opener Speed King (con un attacco spaccatimpani), la band lascia capire quali sono le sue intenzioni: la base ritmica di Glover e del velocissimo Paice e' letteralmente tellurica, e su questa si innestano il cantato potentissimo e aggressivo di Gillan e le lunghe fughe solistiche di Blackmore e Lord, che non disdegnano di far trasparire i loro studi classici (per inciso, Blackmore e' il primo chitarrista rock ad usare regolarmente tutte e quattro le dita della mano sinistra, mentre l'impostazione blues tendeva a trascurare il mignolo a discapito delle altre tre). Beh... Fatto sta che In Rock e' una splendida mazzata, che colpisce duro in ogni suo momento, e che (oltre che in Speed King) ha i suoi punti di forza (ma nessun brano e' meno che immenso) nella surreale Child In Time (Gillan spaziale, Blackmore "fulmicotonante" sull'assolo), nella cattivissima Bloodsucker (ma oggi un pezzo cosi', con quel cantato, sarebbe considerato crossover?), e nelle lunghe fughe di Flight Of The Rat (meravigliosi il riff di chitarra e il cantato di Gillan) e nel distruttivo finale di Hard Lovin' Man (una cavalcata da brivido!)
In Rock, oltre a diventare un grandissimo punto di riferimento per tutto l'hard rock e il metal a venire, e' l'album che permettera' finalmente ai Purple di esplodere in madrepatria (anche grazie al singolo Black Night, una canzone comunque non inclusa nell'album) e di conquistare il posto che meritano nell'Olimpo dei grandissimi!
Ah... Non vi accattate l'edizione remaster celebrativa, che fa terribilmente schifo come suono e ha il finale di Hard Lovin' Man tagliato!!! (AAAAAAARRRRRRRGGGGGGGGHHHHHHHHHHH!) Molto meglio, se la trovate sull'usato o da qualche parte, la prima edizione in CD, che ha un suono un po' piu' sporco ma nettamente migliore e non ha problemi di tagli!

Fireball - 1971
Dopo il successo di In Rock, la band si trovo' nella situazione di dover far uscire un nuovo album a breve tempo, senza pero' potere rinunciare all'attivita' live necessaria per promuovere la propria musica in tutto il mondo. In queste condizioni (ovvero registrato nelle brevi pause fra una serie di date e un'altra), nacque Fireball, da molti considerato (ingiustamente) un prodotto quasi minore. L'album indubbiamente non ha la compattezza monolitica del suo precedessore, ne' le canzoni che sono la caratteristica vincente di Machine Head, ma e' comunque un grandissimo disco, che trova proprio nella varieta' e nella voglia di sperimentare il suo punto di forza.
Ecco quindi che troviamo episodi di hard rock velocissimo (la titletrack, con Paice scatenato alla doppia cassa), rock duro con venature funk (No No No e Demon's Eye), country/folk (la dylaniana Anyone's Daughter), pezzi dall'atmosfera evocativa (the Mule o l'incredibile Fools) e la progressiva (ma non nel senso di classicheggiante/spantegona) No One Came. Fools, in particolare, si rivela pazzesca: cupa e aggressiva, con un meraviglioso ed inquietante assolo di Blackmore che porta la sua Stratocaster ad evocare le sonorita' di un violoncello dannato. Fireball sara' l'album piu' sperimentale della band (ma con l'impronta del Purple sound sempre chiara ed evidente), e per questo il preferito di Gillan.

Machine Head - 1972
Registrato in condizioni di assoluta emergenza (leggete il testo di Smoke On The Water per avere un buon riassunto di quanto successo) e' l'album in studio di maggior successo della band, che con Machine Head riusci' a conquistare definitivamente anche gli States (dopo il fuoco di paglia dei tempi di Hush). Sicuramente e' anche l'album che contiene le canzoni piu' conosciute: Highway Star, Lazy, Space Truckin' e, naturalmente, Smoke... ma a mio avviso risulta alla fine meno avvincente (ma di pochissimo) dei due predecessori. Questo e' dovuto in parte al fatto che la versione definitiva (e migliore) di quelle songs e' quella presente su Made In Japan, e in parte perche' questo disco non ha ne' la patenza devastante di In Rock ne' la voglia di sperimentare di Fireball (non che queste caratteristiche siano assenti comunque, sia ben chiaro!), con la band che concentra tutti i suoi sforzi sul songwriting... e che songwriting, comunque!. La prova dei singoli e' in ogni caso pazzesca, mentre (con le sole eccezioni di Highway Star e Space Truckin') i testi di Gillan sono incredibilmente tristi ed introspettivi e a tratti lasciano intravedere i primi segni di insofferenza relativi alla sua presenza nei Purple ("Here in this prison of my own making year after day I have grown into a hero, but there's no worship... where have they hidden my throne?") In ogni caso, di fronte a capolavori come Highway Star, Lazy e Pictures Of Home (che qui brilla di luce doppia, visto che all'epoca non veniva suonata dal vivo, e quindi non e' presente su MIJ) non ci si puo' che inchinare! Smoke On The Water? Indubbiamente un pezzo carino, chissa' come ha fatto a diventare cosi' famoso... ;-D

Made In Japan - 1972
Semplicemente... Made In Japan, il piu' grande live album della storia del rock!
Registrato in tre sere a Tokyo e Osaka, nell'agosto 1972, mostra la band al suo apice creativo. Grande esplosivita' sonora, lunghe improvvisazioni e fughe strumentali, brani stravolti e riarrangiati, 5 prove individuali da fantascienza, un gruppo compatto e affiatato come pochi (nonostante fossero gia' emersi i primi screzi, cosa che anzi contribuisce ad innalzare il livello di tensione del disco). Sette brani per un totale di 78 minuti, e una piramide di energia che ha il suo apice nell'infuocata Highway Star e la sua base nella lunghissima e spaziale Space Truckin'. Ascoltate il duello voce/chitarra in Strange Kind Of Woman (con i due rivali che si picchiano musicalmente per cercare di sopraffarsi l'un l'altro), l'incredibile prestazione di Gillan su Child In Time (e pensare che il cantante dice di detestare la sua voce su questo disco!), il tumultuoso solo di Paice su The Mule, le continue sfide Lord/Blackmore, il solidissimo lavoro di basso di Glover... Ma come si fa a non godere?

Who Do We Think We Are - 1973
Registrato in parte a Roma e in parte in Germania, e' il frutto di una band ormai segnata da contrasti insanabili. In ogni caso, pur non raggiungendo i livelli di eccellenza assoluta dei tre predecessori, il songwriting e' comunque notevole, anche se viene a mancare un po' quel "fuoco sacro" che aveva caratterizzato le prove precedenti. Presi individualmente i pezzi sono comunque ottimi, e in particolare l'opener Woman From Tokyo (con un riff che ha fatto la storia) diventera' uno dei grandi classici! Rat Bat Blue contiene un incredibile assolo al clavicembalo di Jon Lord, mentre Place In Line vede la band confrontarsi con il blues alla Hellbound On My Trial. Nota di particolare merito soprattutto per Mary Long e Smooth Dancer che, oltre ad essere delle grandissime song, presentano un Gillan scatenato come autore di testi: la prima vede una cattivissima satira dei censori che cercavano di regolare la moralita' in Inghilterra (in particolare la famigerata MARY Whitehouse e il nobile Lord LONGman), la seconda un attacco frontale e diretto nei confronti di... Ritchie Blackmore!!!

Deep Purple Mark III - Estate 1973/Primavera 1975

Ritchie Blackmore: Chitarra
David Coverdale: Voce
Glenn Hughes: Basso e Voce
Jon Lord: Tastiere
Ian Paice: Batteria


Burn - 1973
Gillan se ne va di sua volonta', ritirandosi a vita privata stufo del music-biz, e, Blackmore, che vuole portare sangue nuovo nella band, pretende ed ottiene anche l'allontamento di Glover! Arrivano al loro posto lo sconosciuto David Coverdale alla voce (che nella vita faceva il commesso in un negozio del suo paese, e che si ritrova d'improvviso in una delle piu' grandi band del pianeta) e il bassista/cantante dei Trapeze Glenn Hughes. Per volere di Blackmore il sound della band si sposta verso il blues, anche se contemporaneamente si accentua la componente melodico/epicheggiante.
Ecco quindi che ci ritroviamo da una parte grandi pezzi di puro hard blues, come Lay Down Stay Down e What's Goin' On Here, dall'altra una magica song di atmosfera come Sail Away e soprattutto la celeberrima Burn, forse il pezzo che piu' ha contribuito a definire gli stilemi di quello che sara' il classic metal. Curiosamente pero', queste due anime diverse si integrano alla perfezione nell'ambito del classico Purple sound, e quello che viene vuori e' un album veramente bello ed intenso, assolutamente grande dal principio fino alla fine. La prova dei nuovi arrivati e' davvero incredibile: le due splendide voci sono molto diverse (piu' squillante Hughes, piu' negroide Coverdale) e complementari, si intrecciano alla grande e portano una bella ventata di novita' nella band. Oltre a Burn, l'altro capolavoro assoluto di questo disco e' Mistreated, con Coverdale che mette tutta la sua anima (ed una prestazione intensissima) su uno dei riff piu' belli mai scritti da Ritchie.

Stormbringer - 1974
L'album della discordia! Ma andiamo con calma... In poco piu' di un anno il bel giocattolo si e' gia' rotto: iniziano infatti una serie di litigi sulla direzione sonora della band, con Hughes (che nelle interviste ammette candidamente di detestare l'hard rock) che spinge sempre di piu' verso il funky, e Blackmore che invece vorrebbe accentuare l'aspetto evocativo/classicheggiante. Fra l'altro la band commette un grosso errore: si decide che i pezzi non verranno piu' accreditati a tutti i membri del gruppo, ma solo agli effettivi autori... Ecco cosi' che tutti cominciano a volere imporre le proprie song, in maniera da prendere i soldi delle royalties. A tutto questo bisogna aggiungere un inasprimento dei rapporti personali, con Coverdale e Hughes a contendersi la leadership vocale, con Ritchie che si fa prendere da una misteriosa antipatia nei confronti di David, e addirittura con il tastierista e il chitarrista che cominciano a litigarsi gli assoli.
Da tutta questa situazione, e da innumerevoli compromessi esce fuori un album... BELLISSIMO! Alcuni vecchi fan gridano allo scandalo e al tradimento (certo che chi si accosta a questo album dopo aver sentito In Rock deve avere l'impressione di ritrovarsi di fronte a due band completamente diverse!), ma Stormbringer e' un delizioso affresco in cui hard, soul, blues, funk, sonorita' classiche, e atmosfere jazzate si fondono mirabilmente in un groove unico, strapieno di feeling ed emozione. Il chitarrista e' demoralizzato per la situazione, ma si concentra sullo sviluppo di suggestivi assoli meravigliosi e riesce comunque a ritagliarsi un grande spazio come songwriter con l'epica Stormbringer (i Rainbow sono sempre piu' vicini), la dura Lady Double Dealer, la magica The Gypsy (e l'Arcobaleno incombe anche qui) e soprattutto la meravigliosa ballata semiacustica Soldier Of Fortune, con una prestazione da brivido da parte di Mr. Coverdale. Ma il resto dell'album non e' comunque da meno, e Hughes offre un contributo notevole sulla ballata Holy Man (in cui, per la prima volta, si occupa di tutte le parti vocali) e sul grandissimo shuffle Hold On (il pezzo che Blackmore odiera' di piu' in assoluto).

Made In Europe - 1976
Live postumo che fa da epitaffio alla Mk III, dato che presenta estratti degli ultimissimi concerti con Blackmore (aprile 1975)... Vorrebbe essere una sorta di prosecuzione ideale di Made In Japan, ma soffre della prova di una band stanca (ma comunque in buona forma) e, soprattutto, di una produzione un po' allegra da parte di Martin Birch (il tecnico del suono di fiducia della band sin dai tempi del Concerto... se esistono capolavori come In Rock, Made In Japan e Burn, Rising e On Stage e' anche merito suo) che assembla le canzoni prendendone parti diverse da piu' serate differenti (che e', la prova generale del Live Evil?)
Anche se non si raggiungono le vette di MIJ, e' comunque un disco godibilissimo, con belle versioni di Burn, Mistreated, Lady Double Dealer, You Fool No One e Stormbringer. Originariamente progettato come doppio, e' poi uscito solo in versione singola (anche se questa lacuna e' stata colmata di recente con l'ottimo The Final Concerts)

Deep Purple Mk IV

Tommy Bolin: Chitarra e voce
David Coverdale: Voce
Glenn Hughes: Basso e Voce
Jon Lord: Tastiere
Ian Paice: Batteria


Come Taste The Band - 1975
Il sostituto del dimissionario Ritchie Blackmore e' l'americano Tommy Bolin, che, appena entrato nella band, sposa subito la causa funk-rock di Glenn Hughes. Il risultato e' comunque un album molto buono, che vede una prova energica e compatta da parte della band, nonostante esista in realta' una profonda spaccatura fra Coverdale, Lord e Paice da una parte e Hughes e Bolin dall'altra. Il fatto che fra i due cantanti non ci sia piu' dialogo e' testimoniato dal fatto che, con la sola eccezione del nuovo capolavoro You Keep On Moving, i due si rifiutino di cantare l'uno sulle song dell'altro (tanto che Bolin deve occuparsi di una parte originariamente indirizzata ad Hughes su Dealer). Comunque... La potente Coming Home e Lady Luck segnano il legame col passato hard della band, mentre pezzi come Gettin' Tighter e I Need Love sono delle piacevolissime novita'. Bolin fa un ottimo lavoro sui riff, e in studio riesce a non far rimpiangere tantissimo Blackmore. Nuovi capolavori, la ballata soul per piano e voce (Hughes) This Time Around e la gia' citata You Keep On Moving, cadenzata ed avvincente.
Purtroppo, se su disco la band tiene, dal vivo non sara' cosi'. Bolin si rivela essere eroinomane e inaffidabile, e il piu' delle volte sta sul palco quasi solo per figura (soprattutto nei concerti finali in Inghilterra, dove il pubblico non e' pronto a perdonargli un solo errore), mentre Hughes e Coverdale si riducono (per manie di protagonismo) a fare a gara a chi urla di piu', finendo per rovinare anche quel poco di buono che era rimasto... Quando Lord e Paice decidono che si e' toccato il fondo sciolgono ufficialmente la band (marzo 1976), per una pausa che durera' ben otto anni.

Last Concert In Japan - 1977
Live postumo che vorrebbe essere dedicato alla memoria di Bolin (morto pochi mesi prima di overdose), ma che finisce per rendere un terribile servizio al chitarrista. La sera della registrazione Bolin era in condizioni pietose per via di una dose di eroina tagliata male, e per un incidente (sembra fosse caduto dal letto!!!) che gli aveva reso dolorante il braccio sinistro. Martin Birch, in fase di , decide (per non infierire troppo) di togliere dal mizaggio molte delle parti di chitarra (sentire Burn attaccare sull'hammond fa una strana impressione) e il risultato finale e' davvero sconfortante. Si salva ben poco, giusto una bella Soldier of Fortune per hammond e voce e una versione strumentale (sempre sull'organo, obviously) di Woman From Tokyo.

Deep Purple Mark II Bis - 1984/1989

Ritchie Blackmore: Chitarra
Ian Gillan: Voce
Roger Glover: Basso
Jon Lord: Tastiere
Ian Paice: Batteria


Perfect Strangers - 1984
Sono passati 8 lunghi anni, spesso costellati da false partenze e da annunci di reunion rivelatisi infondati, ma finalmente il momento e' arrivato: "Purple reform!!!" urlano le riviste, e i fan possono tornare a gioire. Ma chi sono questi cinque "Perfetti Sconosciuti" che fanno tanto parlare di se'? Naturalmente non puo' che trattarsi della Mark II, la formazione piu' amata, la piu' celebre, la migliore! Ora... Immaginate quale doveva essere lo stato d'animo del fan che si ritrova per la prima volta di fronte a questo disco... Abituato a soffrire, sapendo che la sua band preferita era divisa da tempo in tre entita' distinte, mette ora il vinile sul piatto e preme il tasto di avvio... Ecco che la puntina scende sul disco... Magari uno si aspetta un inizio con la band all'unisono, come era quello di In Rock... ma i Purple sanno stupire anche in questo! I 5 musicisti entrano letteralmente in scena _uno alla volta_, quasi a voler ribadire di essere veramente loro, che non si tratta di un sogno... Lord... Glover... Paice... Blackmore... GILLAN! Esplode Knocking At Your Backdoor, uno dei pezzi piu' belli che si siano mai sentiti, ed il fan entra letteralmente in Paradiso!!! La maestosita' dei Rainbow, l'hard anarchico dei Gillan, il solido rock blues degli Whitesnake si fondono nuovamente e rinasce, in tutto il suo splendore, il magico Purple sound! Perfect Strangers e' un album meraviglioso, forse il miglior lavoro di studio dopo in Rock, e mostra una band matura, calda, e incredibilmente affiatata nonostante la lunga separazione (la Mark II non esisteva da 11 anni, non dimentichiamolo!). La voce di Gillan e' un brivido caldo, Blackmore delizia con riff e soli incantevoli (quello di Knocking At Your Backdoor sara' votato come migliore assolo del 1984 da gran parte delle riviste di chitarra), Lord offre un tappeto tastieristico pauroso, Paice torna a scatenarsi come non poteva fare ne' con gli Snakes ne' con Gary Moore, e Glover offre la solita, perfetta, base ritmica. Oltre a Knocking, brillano in particolare la dura Under The Gun, la pomposa Perfect Strangers (che ha un grande riff basato su una scala frigia simile a quella di Kashmir), la veloce A Gypsy's Kiss (con un meraviglioso duetto neoclassico fra Blackmore e Lord) e la caldissima ballad Wasted Sunsets. Semplicemente immenso!

The House Of Blue Light - 1987
Nonostante qualche piccolo screzio, la band e' ancora qui, e anche se non all'altezza del predecessore, questo THOBL e' un disco piu' che valido. Purtroppo, pero', durante le registrazioni, i rapporti interpersonali tornano a guastarsi seriamente, anche per le divergenze di opinioni su quali brani mettere sul disco. Gillan adora Mitzi Dupree, un gran bluesettone divertito, ma Blackmore la odia a tal punto che si rifiuta persino di suonare la versione definitiva - quindi la band deve utilizzare la versione del demo (e naturalmente l'assolo di chitarra e' _meraviglioso_!). In compenso il cantante detesta la neoclassica Dead Or Alive, che ovviamente e' la preferita di Blackmore! Per il CD non ci sono problemi, ma al momento di compilare la tracklist del vinile (che allora era ancora molto importante) e' chiaro che tutte le canzoni sono troppe... Visto che gli altri 3 si rifiutano di lasciare fuori le restanti song, la guerra fra cantante e chitarrista si inasprisce... Alla fine viene presa una decisione salomonica: i pezzi restano tutti, ma con qualche sforbiciata qua e la', quasi tutti presenteranno dei tagli.
Aneddoti a parte, veniamo a parlare dell'album. Complessivamente, come dicevo, la perfezione (ehm...) di Perfect Strangers non viene raggiunta: Blackmore e' sicuramente meno ispirato e non sforna tutta quella serie di grandi riff che avevano caratterizzato l'album precedente, mentre il resto della band (Glover a parte) sembra un po' lavarsi le mani (per non contrariare lo stesso Blackmore) della scrittura dei pezzi... Alla fine il songwriting e' certamente inferiore a PS, ma la prova della band e' come al solito eccellente. L'album soffre pero' di un grosso difetto: la produzione. Iperpompata e potenziata, al tempo doveva suonare all'avanguardia ma, come spesso accade in questi casi, riascoltata oggi suona decisamente vecchia e troppo anni '80... Come a dire: a volere suonare moderni a tutti i costi si rischia di sembrare arretrati nel giro di pochi anni.
Fra i pezzi, decisamente belle l'opener Bad Attitude, l'orecchiabile Call Of the Wild, e soprattutto la prog-oriented Strangeways. I due pomi della discordia, Dead Or Alive e Mitzi Dupree, sono, naturalmente, i pezzi migliori! :-D
(Prima che mi dimentichi... Recentemente la Polydor ha rimasterizzato il catalogo anni '80 dei Purple... Bene, naturalmente, al momento di fare THOBL quegli incompetenti sono riusciti addirittura ad utilizzare i master della versione in vinile, quella con i tagli!!! AAAARRRRRRGGGGGHHHHH! Cercate l'edizione originale, se riuscite a trovarla!)

Nobody's Perfect - 1988
Questo e' praticamente il secondo live veramente concepito dalla band dopo Made In Japan, dato che gran parte di quelli usciti nel frattempo (e sono parecchi) sono in realta' postumi, anche se naturalmente ufficiali e autorizzati. Nessuno e' perfetto? Gia', proprio per niente... E questo live lo dimostra abbondantemente! Certamente, il tour di THOB non fu all'altezza di quello di Perfect Strangers e quasi sempre le prove erano improntate al puro e semplice professionismo: tecnicamente impeccabili (anche se Gillan era altalenante), in molti casi mancava pero' quella brillantezza, quel "fuoco" che era l'anima dei concerti dei Purple. Ovviamente i concerti memorabili non mancarono (vedi Vienna 87, letteralmente splendida!) ma in questo caso furono meno che in passato. Naturalmente, pero', prendere QUELLE date (regolarmente registrate) per il live album sarebbe stato troppo facile vero? Invece Nobody's Perfect riesce ad essere una perfetta fotografia delle serate _piu' grigie_ della band. Per carita'... E' un buon album, alla fin dei conti.... Ma e' chiaro che se il termine di paragone e' MIJ, N'sP crolla miserevolmente. Aggiungiamo una produzione terrificante (i suoni degli strumenti fanno tutti schifo!) e il solito giochetto, da me odiato, dell'assemblaggio casuale dei pezzi ("la prima parte della canzone la prendiamo dal concerto A, l'assolo da B, la parte conclusiva da C..." e quasi mai si trattava dei concerti migliori!) e' chiaro che poi il risultato e' quello che e'.
Ribadisco... Assolutamente non un album da disprezzare, ma in ogni caso un'occasione davvero sprecata... Soprattutto se poi la traccia aggiuntiva presentata come bonus e' una terrificante riedizione di Hush, che viene annunciata come "live in studio" quando poi si scoprira' che Blackmore non ne ha proprio voluto sapere di suonarla... tanto che la band ha dovuto prendere l'assolo da uno dei concerti, mentre le parti di chitarra ritmica sono suonate da Glover! Argh!

Deep Purple Mark V - 1989/1993

Ritchie Blackmore: Chitarra
Roger Glover: Basso, Armonica e Tastiere aggiuntive
Jon Lord: Tastiere
Ian Paice: Batteria
Joe Lynn Turner: Voce


Alla fine del tour per promuovere Nobody's Perfect, i contrasti insanabili fra Blackmore e Gillan portano al licenziamento del secondo ("They fired me, those bastards!"). Visto che Ritchie punta alla conquista del mercato americano, vengono vagliati i nomi di cantanti come Jimmy Barnes, Jimi Jamison, Lenny Wolf. La notizia che potrebbe far tirare un sospiro di sollievo ai fan (se venisse diffusa sul momento) e' che Ronnie James Dio sta provando con la band... solo che Ronnie viene scartato da Paice e Lord, per non rendere i Purple troppo simili ai Rainbow.... E infatti alla fine viene scelto Joe Lynn Turner!!! ARGH!
Il risultato di questa collaborazione con il gallinaccio e' il controverso Slaves And Masters. E parlare in maniera obiettiva di questo album e' veramente difficile... Lord, Paice e Glover (che nell'ultimo periodo dei Rainbow odiava a morte il cantante per questioni personali) acconsentono all'ingresso di Turner anche perche' le prove con lui vanno tutto sommato bene... Ma al momento della stesura dei pezzi il loro morale crolla letteralmente. Il cantante rovina ogni buona idea con cori stucchevoli e linee vocali talmente scontate e mosce da essere al limite del ridicolo e piu' di una volta Lord e' sul punto di lasciare ("Avevamo scritto una ballata meravigliosa, triste, intensa.. Un pezzo che poteva stare tranquillamente al fianco di When A Blindman Cries o Soldier of Fortune... Poi arriva il cantante e la trasforma in una canzone da cabaret!" - la song e'... sigh... Love Conquers All, e gia' dal titolo capirete come Lord abbia assolutamente ragione!), ma alla fine la band va avanti. Ed eccoci quindi a parlare di Slaves and Masters (e naturalmente tutti a malignare sullo schiavetto, Joe, e il padrone, Ritchie...): un album che, senza le linee vocali sarebbe pure bello. Certo... Paice e Lord sono estremamente demotivati, e si sente: il tastierista viene fuori solamente veramente solo su The Cut Runs Deep e Fire In The Basement, mentre il batterista offre una prova esemplare ma senza alcuna scintilla... ma nonostante cio' il songwriting delle parti strumentali e' decisamente valido (anche se meno heavy che in passato) e basta comunque la semplice classe dei musicisti a sostenere l'album. Il problema e' tutto nella voce... non tanto nell'interpretazione di Turner (qui e' questione di gusti... Io lo posso soffrire poco!) quanto nella sua maniera di scrivere. Le linee vocali rovinano veramente tutto, e ottengono il risultato di far scazzare parecchi fan. Il problema e' che poi, in alcuni casi, queste linee vocali sono pure copiate: la famigerata Love Conquers All ha un refrain derivato da White Room dei Cream, mentre in Cut Runs Deep Turner riesce nel dispeato tentativo di far sembrare i Purple dei cloni dei Manowar (il coro assomiglia infatti a quello di Hail and Kill!!!)
Insomma... Naturalmente non si puo' dare solo a Joe la colpa di quanto successo... E' chiaro che alla fine gli altri ci sono stati, ma sinceramente sono proprio convinto che con un cantante capace (un nome a caso: Doogie White), capace di scrivere linee vocali avvincenti e intelligenti (quelle di Stranger In Us All lo sono), l'album sarebbe stato di ben altro livello... e, in ogni caso, pagherei per avere una versione strumentale di Slaves!!! Mah... Comunque, i pezzi migliori risultano essere King Of Dreams (con Turner che, nel testo, risponde a Smooth Dancer di Gillan di quasi vent'anni prima... Sarebbe anche un'idea carina, se non fosse che che cosi' va ad avvallare la sua immagine di cagnolino fedele di Blackmore), la "lazyana" Fire In the Basement e la conclusiva Wicked Ways. Love Conquers All si segnala per uno dei testi piu' idioti e ridicoli di tutti i tempi (come disse qualcuno: "se Turner recitasse quelle parole alla sua ragazza, finirebbe per terra coperto di calci e pugni") Ovviamente, i Purple nel ruolo della A.O.R. band, con il cantante che si atteggiava a fighetto per ragazzine nei video e nei concerti (aveva quarant'anni, all'epoca), avevano credibilita' zero... E infatti il disco e' un grandissimo insuccesso... per fortuna! (Ma quanto cavolo di spazio ho dedicato a Slaves and Masters!?!?!?)

Deep Purple Mark III ter - 1993

Ritchie Blackmore: Chitarra
Ian Gillan: Voce
Roger Glover: Bass
Jon Lord: Tastiere
Ian Paice: Batteria


The Battle Rages On - 1993
Quando il nuovo album e' praticamente pronto, con i pezzi gia' registrati, Glover, Lord e Paice organizzano un colpo di stato e cacciano Turner, richiamando in formazione Gillan. Blackmore accusa il colpo, ma non e' chiaramente contento. Gillan reincide completamente le linee vocali, ci mette del suo a livello di testi (che quindi sono intelligenti!) e offre una prova vocale da paura! Il mio primo pensiero, quando ebbi l'occasione di ascoltare in anteprima il disco, e' stato: "SONO TORNATI!!!!!!!!!!!!!"
In ogni caso c'e' da chiarire una cosa: anche con Turner alla voce questo album sarebbe stato nettamente superiore a S&M... La band suona con molta piu' potenza, convinzione, Ritchie sforna una serie di riff veramente notevoli, e Lord e Paice tornano agli antichi fasti. Ma, ovviamente, e' chiaro che il cantante fa la differenza!
Battle e' veramente un album notevole... Certo, non mancano alcuni ripescaggi: Ritchie riutilizza alcuni riff gia' presenti su Bent out Of Shape dei Rainbow, ma nel nuovo contesto brillano davvero molto piu' che in passato. Nuovi capolavori l'immensa titletrack, l'orientaleggiante Anya e la surreale Solitaire. Per il resto, un paio di pezzi scarsi ma comunque interessanti (Nasty Piece Of Work e One Man's Meat) e tanta, tanta qualita' (in particolare Time To Kill, Ramshackle Man - dal grande testo autoironico - e A Twist in the Tale).
Gillan, che in teoria e' stato richiamato solo per un album celebrativo del 25esimo anniversario della band, dovrebbe andarsene alla fine del tour... Ma al momento di partire con il tour stesso, Ritchie annuncia agli altri che se ne andra' alla fine della prima serie di date europee. Per i concerti giapponesi e la seconda sequela di quelli europei viene quindi assoldato Joe Satriani. Gillan, che con gli altri si diverte molto, naturalmente resta!

Come Hell Or High Water - 1994
La BMG decide che e' il momento di far uscire un nuovo live album, in maniera di poter avere anche lei delle versioni dei grandi classici (MIJ e N'sP erano rispettivamente di Emi e Polygram). La band acconsente, a patto che il live sia doppio e presenti anche delle registrazioni col tour con Satriani. Naturalmente il live esce singolo (e qui il mio cuore sanguina) e all-Blackmore (e qui non posso che essere d'accordo!) Nonostante tutti gli scazzi (a Milano Blackmore e Gillan si sono guardati in faccia due volte per tutto il concerto!), il tour di Battle era stato _fenomenale_, indubbiamente il migliore dai tempi degli anni '70. E questo Come Hell Or High Water (registrato in gran parte in Germania) ne e' la testimonianza... Tutte le versioni qui presenti, sia dei classici che dei pezzi nuovi, sono maestose ed e' davvero impossibile non godere ad ascoltare l'esaltante Perfect Strangers, il grandioso guitar solo di Anya, i devastanti duetti di Speed King e, soprattutto, il meraviglioso intro di Smoke On The Water. Un degno epitaffio per l'ultimo atto di questa grandissima line-up... Peccato solo che siano solo 68 minuti di musica quando potevano essere quasi il doppio!

Deep Purple Mark VI - 1995... fino ad oggi!

Ian Gillan: Voce
Roger Glover: Basso
Jon lord: Tastiere
Steve Morse: Chitarra
Ian Paice: Batteria


Purpendicular - 1996
Satriani non resta, e il sostituto definitivo di Blackmore e' l'ancora piu' dotato (tecnicamente!) Steve Morse.
Il primo atto della nuova formazione e' l'ottimo Purpendicular, un album freschissimo, piacevolissimo e godibilissimo! Il geniale chitarrista (gia' leader degli sperimentali Dixie Dregs e della Steve Morse Band, ma visto anche a meta' anni '80 con i Kansas) porta nei Purple aria fresca e le sue molteplici influenze, che vanno dal country al jazz. Il suono della band si fa cosi' piu' vario e moderno ma, allo stesso tempo, recupera lo spirito degli anni '70, quando il gruppo non si creava problemi a sperimentare e cercare soluzioni nuove. Questo era l'obiettivo di Gillan (che si e' sempre considerato un anarchico del rock), e bisogna dire che con Purpendicular viene centrato in pieno. Loosen My Strings e Sometimes I Feel Like Screaming sono due nuovi grandi capolavori, ma assolutamente da non trascurare sono la frizzante opener Vavoom: Ted The Mechanic (che nei concerti diventera' elettricista, idraulico e tutto quel che parra' a Gillan), la classicamente Purple Cascades, la bucolica The Aviator e le psichedeliche Soon Forgotten e The Purpendicular Waltz. Una band rinata, indubbiamente!

Live At The Olympia '96
Con Satriani prima, e Morse poi, i concerti dei Purple tornano ad essere un happening in cui non e' solo il pubblico a divertirsi, ma anche i musicisti sul palco! Niente tensioni, niente scazzi... Ma solo tanta voglia di dare tutto quello che si ha, con un sorriso sulle labbra che e' sempre vero e mai di circostanza. LATO '96 (registrato in quel di Parigi) e' la prima testimonianza live ufficiale della nuova formazione, ed e' a tutti gli effetti (per volere della band) un bootleg ufficiale (e infatti la qualita' della registrazione non e' proprio eccelsa). C'e' ancora qualche piccolo problemino di affiatamento con Morse, e quindi la band non suona ancora compatta come fara' in seguito, ma la prova e' comunque piu' che eccellente. Il chitarrista incanta sui pezzi nuovi e non fa rimpiangere troppo Riccardino su quelli vecchi (anche se non raggiunge ancora i livelli di spettacolarita' degli ultimi due tour), ma questo live si distingue anche per altri due motivi: la presenza speciale di una sezione fiati che esce sul palco per accompagnare la band su quattro pezzi, conferendo loro una luce nuova, e soprattutto il fatto che in questo tour vengono suonati classici dimenticati (dalla band, non dai fan!) che con Blackmore non avevano mai trovato spazio. Fuori quindi, per una volta, le varie Lazy, Space Truckin', Strange Kind Of Woman e Child In Time, e largo a Fireball, Maybe I'm A Leo, Pictures Of Home, No One Came (coi fiati e' una figata doppia!) e When A Blindman Cries.
Cambia anche, dopo anni, la struttura base della scaletta: Smoke On The Water non e' piu' l'ultimo dei bis, ma passa a meta' concerto, e il suo posto e' occupato da Highway Star (anche questa uno sballo con trombe e tromboni!), che per anni e' stata l'opener classico! Insomma... Proprio niente male!

Abandon - 1998
Dopo "Purpendicular", Gillan si riscatena coi giochi di parole per il titolo del disco (A Band On)! Ed effettivamente Abandon mostra una band che va avanti, divertendosi a cercare di non ripetersi in un sound che, partendo dall'hard, non manca di incorporare tutto quello che ai 5 viene in mente (blues, soul, funk, un po' di jazz). Il risultato, pur buono, pero', e' questa volta inferiore a Purpendicular: il suono e' si' piu' duro e potente che nell'album precedente (ascoltate i riff di Morse su Seventh Heaven), ma alla fin fine manca quella freschezza che aveva contraddistinto il predecessore, tanto che alla fine il disco lascia un po' di amaro in bocca. La band se ne deve essere resa conto, tanto che ha annunciato che sul prossimo album chiamera' un produttore esterno (il povero Glover evidentemente non ne poteva piu'), in maniera da poter ricevere input diversi e nuovi. Le canzoni? Ce ne sono di estremamemente valide (Seventh Heaven, Watching The Sky, '69 - anche se nessuna di queste raggiunge in pieno lo status di capolavoro che avevano Sometimes e Loosen su Purpendicular), ce ne sono di molto buone (Almost Human, Any Fule Kno That), ce ne sono anche di mediocri. Alla fine quella che fa gioire di piu' i fan e' il remake di Bludsucker (dal glorioso In Rock), e la cosa e' un po' sintomatica. Alla fin fine Abandon si rivela un discreto album di transizione, ma quale sara' la nuova direzione e' tutto da vedere. Quel che e' certo e' che la recente serie di concerti (pazzeschi!) lascia davvero ben sperare!

Total Abandon: Australia '99 - 1999
Ma che e', adesso i Deep Purple fanno uscire un live album per ogni tour? Si! E allora? :-D Registrato durante la tournee' australiana di inizio anno e messo originariamente in vendita solo attraverso il sito web e ai concerti, Total Abandon e' un'altra ottima testimonianza di quello che la band sa fare dal vivo. Rispetto a LATO '96 vengono reintegrati gran parte dei classici e la band si rivela molto piu' affiatata, integrata, compatta... in una sola parola migliore! A questo live non mancano pero' dei difetti, e precisamente due: il piu' evidente e' la sorprendente tensione che blocca un po' la band nei primi due pezzi (evidentemente anche i quasi sessantenni si emozionano!), nervosismo dovuto probabilmente al fatto che la band non suonava in Australia da 15 anni e dal sapere di essere registrati (audio e video) per un live album. L'altro difetto e' la qualita' della registrazione: i suoni sono ottimi, ma il mixaggio e' un po' altalenante in un paio di occasioni (dov'e' la chitarra ritmica su Strange Kind Of Woman?). Questo, naturalmente, solo a volere essere pignoli. Quando la band si sblocca (dalla terza canzone, in pratica) non ce n'e' davvero piu' per nessuno e, anche se non vengono raggiunte le vette impossibili dei recenti concerti italiani (Gillan in particolare non e' cosi' in forma come a Pontoglio), i Purple dimostrano ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, di essere la migliore live band del pianeta. Highlights dei due CD: tutti gli assoli di Morse, e le incredibili prove di Pictures Of Home, Watching The Sky, Smoke On The Water (che il chitarrista introduce con una parata di riff storici da brivido), Lazy, Speed King, e Highway Star. Aspettando il nuovo Concerto!



APPENDICE I - I live postumi

Deep Purple Mark II

In Concert
Doppio CD della EMI, presenta due concerti registrati negli studi radiofonici della BBC, per il programma In Concert.
Il primo CD e' del febbraio 1970, quindi antecedente di 4 mesi all'uscita di In Rock.
Fondamentalmente si tratta di una prova solamente discreta: i 5 sono chiaramente emozionati, e in piu' hanno il problema di doversi limitare nelle jam per via dello scarso tempo a disposizione per il programma. Inoltre Gillan e' piuttosto giu' di forma, per via di un malanno. Apre una buona Speed King, sicuramente il pezzo migliore del lotto, segue una Child In Time buona nella parte strumentale ma decisamente sofferta nelle vocals (l'urlo strozzato di Gillan e' indimenticabile! ^___^), e si chiude con due discrete (ma nulla piu') Wring That Neck (lo strumentale del secondo album... e questa pausa giovera' alla voce del cantante) e Mandrake Root (che con Gillan al posto di Evans diventa tutta un'altra cosa). Come dicevo, la band si deve trattenere nelle improvvisazioni, e quindi queste due canzoni non rendono come faranno nei concerti veri della band.
Decisamente meglio il secondo CD, registrato, questa volta, poco prima dell'uscita di Machine Head. Non si raggiungono i livelli di Made In Japan, ma e' comunque una prova molto buona, con spettacolari versioni di Highway Star, Space Truckin' (con Gillan che sbaglia e inverte l'ordine delle strofe) e Lucille (il classico di Little Richard). Cosa che rende questo concerto imperdibile e' che, essendo stato registrato per presentare alla radio il nuovo album, vengono suonati pezzi, come Never Before e Maybe I'm A Leo, che non verrano piu' ripresi (la seconda ricomparira' nel set solo 22 anni dopo, con l'arrivo di Satriani). Per lo stesso motivo c'e' pure Smoke On The Water, che allora la band non eseguiva regolarmente dato che la considerata una canzone "minore". Sara' integrata nel set solo poco tempo prima dei concerti giappi di MIJ.

Gemini Suite Live
Dopo il Concerto for Group And Orchestra, a Lord fu concessa una seconda opportunita' di sfogare i suoi istinti orchestrali: la Gemini Suite! Costruita attorno alla personalita' dei 5 membri della band, l'opera era divisa in 6 movimenti, uno per ogni strumento (voce inclusa) piu' il gran finale con la band al completo. Nettamente superiore al Concerto, la GS incontro' pero' le resistenze degli altri membri del gruppo, che ritenevano che un altro progetto orchestrale avrebbe finito per creare danni all'immagine di band hard che i Purple si stavano faticosamente costruendo (dopo il Concerto era gia' successo che dei promoter si ritrovassero a scritturare il complesso convinti di avere a che fare con dei musicisti classici, inserendoli quindi in bill inappropriati o, addirittura, annullando l'ingaggio quando si vedevano arrivare la band senza l'orchestra!!!). Ecco quindi che Gillan e Blackmore acconsentirono si' ad esibirsi ancora un paio di volte in versione sinfonica, ma posero il veto a qualunque release su vinile dell'opera con il nome Deep Purple. Lord dovette quindi ripiegare, per la registrazione definitiva, su altri musicisti extra-Purple (ne parlero' al momento di curare la sua discografia) e questo fu l'inizio della sua grande carriera parallela solista. Per fortuna, pero' una delle due esibizioni (del Settembre 1970) dal vivo fu registrata e messa in onda dalla radio inglese, ed e' finalmente uscita su CD nel 1993. Anche se la qualita' della registrazione e' un po' quello che e', e' inutile dire che questa esibizione live e' nettamente superiore alla pur splendida versione in studio (registrata da Lord l'anno successivo): in particolare sono assolutamente deliziosi il movimento dedicato a Blackmore e, soprattutto, quello vocale, con una prestazione di Gillan che scuote veramente le viscere di chi ascolta. Gli amanti del rock progressivo, poi, non possono che godere con il movimento dedicato all'organo, e con il devastante finale. Grande album!

Scandinavian Nights (ma potreste trovarlo anche in versione USA col titolo New Live And Rare)
Volete sapere come erano i concerti dei DP ai tempi di In Rock? Ecco, questo e' l'album che dovete avere! Scandinavian Nights e' un delirio di follia improvvisativa. Tutte le canzoni vengono stravolte, allungate, rielaborate! Speed King (versione deliziosa, con una parte centrale di puro jazz rock) dura 10 minuti, Child In Time 17, Mandrake Root 29 e Wring That Neck addirittura 32. Fughe, inseguimenti, momenti d'atmosfera... C'e' proprio tutto il meglio che ci si puo' aspettare dal rock progressivo di quegli anni (si, perche' i Purple _erano_ una band progressiva). Di sicuro non e' un album che ascolterete spesso... Ma quando lo farete sarete letteralmente spazzati via dai trip strumentali di questa band. Dopo questo tour (e comunque, quanto fatto in questa serata era gia' qualcosa di eccezionale) il combo comincera' a ridurre le improvvisazioni per aggiungere via via sempre piu' pezzi al set. Unico (enorme) difetto di questo disco: la terribile produzione... Il suono dei Purple perde, purtroppo, quasi tutta la sua potenza, e quindi diventa piu' difficile digerire tutto quello che succede su questi due CD. Comunque: notevole (oltre ai pezzi gia' citati) anche l'assolo di Paice durante Paint It Black.
Registrato a Stoccolma nel dicembre 1970, non va confuso con l'omonima videocassetta che contiene, invece, una registrazione del tour di Machine Head.

Live In Japan
DEVASTANTE! 3 CD! Registrazione quasi integrale (quasi, purtroppo) dei 3 concerti jappi da cui e' tratto Made In Japan. Quindi immaginatevi la goduria di quell'album e moltiplicatela per tre!
E' davvero interessante confrontare le differenti versioni degli stessi pezzi e vedere come i Purple fossero in grado davvero di cambiare il volto ad una canzone da una sera all'altra. Tutte e tre le prestazioni sono davvero infuocate, e vale davvero la pena ascoltare e godere! Piccola curiosita': Blackmore al tempo si divertiva a giocare col riff di Smoke On The Water... e una volta riesce pure a sbagliarlo! Non succedera' mai piu' nei 27 anni successivi! :-) (E per fortuna per MIJ hanno scelto la versione migliore!) Un triplo album monumentale, che pero' e' consigliato ascoltare solo dopo avere mandato a memoria il papa' di tutti i live album!

In The Absence Of Pink: Knebworth 1985 (Mark II bis, obviously!)
L'unico concerto inglese del tour della reunion... e siamo di fronte ad una meraviglia! Questo doppio live album e' davvero strano: il suono e' orribile (in particolare la chitarra di Blackmore e' terrorizzante) e Gillan e' pure con la voce a mezzo servizio (colpa anche delle terribili condizioni metereologiche)... Eppure la band tira fuori una performance di puro cuore per ringraziare le decine di migliaia di fan accorsi da tutti la madrepatria per sopportarsi una giornata di diluvio in mezzo al fango e il risultato e' davvero incredibile! Si tratta di una performance esaltante sin dall'inizio, scandito dall'organo di Lord sulle note della Toccata e Fuga In Re Minore di Bach che va a fare da preludio ad una spettacolare Highway Star... e poi avanti con pezzi che erano classici gia' allora (Strange Kind Of Woman, Lazy) e altri che lo sono diventati nel frattempo (Perfect Strangers, una caldissima Knocking At Your Backdoor)... per concludersi con il pazzesco medley Nona Di Beethoven/Assolo di Lord con tanto di Zarathustra/Space Truckin'... E poi ancora i bis con Speed King (forse la migliore versione live di sempre!), Black Night e, naturalmente, una bellissima Smoke On The Water! Essendo una registrazione radiofonica bisogna purtroppo soffrire per la mancanza di Woman From Tokyo e Under The Gun, regolarmente eseguite ma purtroppo non trasmesse... Ma in ogni caso si tratta di un live davvero imprescindibile, che dimostra quanto la band sapesse fare cose immense anche negli anni '80! Notevole!

Mark III

Live In London
E passiamo alla Mark III! I Deep Purple erano ormai una band troppo grande ed importante per andare a registrare i concerti negli studi della BBC... e quindi la stazione radio decise di fare da promoter di un concerto effettivo e registrarlo. Prestazione infuocata (d'altronde era il tour di Burn!) si tratta della migliore testimonianza ufficiale di un concerto dal vivo di questa formazione. Burn e' letteralmente esplosiva, e la gioia continua per tutto il resto del set, in particolare con una Mistreated da paura e con una grandiosa Smoke On The Water. I nuovi arrivati sono perfettamente integrati, anche se Coverdale e' ancora parecchio emozionato, mentre Blackmore fa faville, e da veramente il meglio di se. Purtroppo questo incredibilmente concerto non e' ancora stato fatto uscire su CD (AARRGH!), e quindi, se lo volete, vi dovete accontentare del vinile (meraviglioso!) oppure della costosissima edizione d'importazione giapponese. In teoria dovrebbe prima o poi uscire l'edizione su due CD che conterra' anche la lunghissima Space Truckin', assente sul disco. Il problema e' che la BBC ha perso i master (RIAAAAARRRRRRRGGGGGGGHHHHHHH!), e finche' non saltano fuori quelli l'operazione e' rimandata.

California Jamming (o anche Live At The California Jam, per l'edizione americana).
Registrato il 6 aprile 1974 (una settimana prima della mia nascita!!! ^___^) e' la versione in CD della videocassetta omonima. Purtroppo la ABC ha distrutto i master originali subito dopo la messa in commercio della video stessa (venti anni fa), anche per vendicarsi degli scherzetti combinati da Blackmore durante il concerto... di conseguenza il suono di questo CD fa decisamente schifo, dato che e' tratto dalla video stessa (che gia' faceva pieta', in quanto a suono)!
Si tratta di una grande prova, anche se un po' piu' "monolitica" (e quindi meno frizzante) di quella del Live In London. Questo, oltre alla pessima qualita' audio e al fatto che, senza immagini, si perde tutto lo spettacolo Blackmoriano rende California Jam un CD per soli fan. Peccato perche' da quel concerto si poteva tirar fuori di molto meglio! Grandi, come sempre, Burn e Mistreated.

Mark III - The Final Concerts
Grande doppio Cd che va praticamente a soppiantare Made In Europe come testimonianza definitiva degli ultimi concerti con Blackmore. Eccezionali Burn, Stormbringer e Mistreated, ma la palma del pezzo migliore va probabilmente a The Gypsy, alla sua prima apparizione ufficiale su live album. Coverdale e' gia' molto piu' maturo e meno impacciato e offre delle grandi prove, mentre Hughes (comunque superbo!) mostra gia' la sua tendenza a strafare, andando a rovinare con degli inutili gorgheggi un meraviglioso assolo di Lord (con tanto di citazione di Also Spracht Zarathustra). Chi ha curato il mixaggio e' riuscito nella disperata impresa di andare a tagliare completamente il lungo assolo di Blackmore durante You Fool No One. Assassino!!!!

Mark IV

On The Wings Of The Russian Foxbat (Versione americana: King Biscuit Flower Hour: Live in California 1976)
Altro doppio CD che presenta un grandissimo concerto dell'era Bolin. Buttate via Last Concert In Japan ed ascoltate quello che il chitarrista era veramente in grado di fare su questo live: certo, l'assenza di Blackmore si sente, eccome... ma le versioni qui contenute di Burn, Lazy, Stormbringer e Highway Star sono comunque belle, per non parlare della notevole This Time Around. Grossa pecca di questo concerto la performance di Coverdale e Hughes, che sono si' in grande forma, ma sono anche irritanti quando si mettono ad urlare, per dimostrare la propria superiorita'. In ogni caso... SILENZIO! E ascoltate la PAZZESCA versione di Georgia On My Mind by Hughes. Dopodiche', lo giuro, non potrete proprio fare a meno di inchinarvi di fronte alla sua grandezza. Incredibile!!!



APPENDICE II - Le video

Ecco un breve commento sulle video dei Purple!

Concerto For Group And Orchestra.
In versione video rende 100 volte di piu' che audio e si respira sul serio l'atmosfera dell'evento. Grande!

Doing Their Thing.
Registrato in uno studio televisivo inglese, ai tempi di In Rock.
Presenta una grande Child In Time (intera) e spezzoni (sigh!) di Speed King, Wring That Neck e Mandrake Root. Notevole, con un Gillan in forma strepitosa.

Scandinavian Nights, dal tour di Machine Head.
Carina, ma non eccezionale. Gillan e' visibilmente raffreddato e Blackmore in certi momenti e' un po' scazzato (forse per la presenza delle telecamere, che il chitarrista detesta cordialmente)... inoltre la qualita' audio/video e' abbastanza scarsina. Comunque ci sono dei passaggi notevoli, come le improvvisazioni di Child In Time e Space Truckin' e l'accoppiata di bis Fireball e Lucille. Monumentale Paice!

California Jam, dal tour di Burn... la stessa del CD
Coverdale e' emozionatissimo: pochi mesi prima faceva il commesso e ora si ritrova di fronte a circa 400.000 persone! In ogni caso riesce a tirare fuori una Mistreated da paura. Il resto del concerto e' comunque ottimo, anche se un po' "monolitico". Vale la pena di guardarla anche e soprattutto per vedere quello che combina Ritchie nel finale.

The Videosingles.
Cinque videoclip risalenti ai primi due album della reunion. Divertenti Knocking e Call Of The Wild, interessante Perfect Strangers, noioso Bad Attitude, godibile Nobody's Home in versione live.

Heavy Metal Pioners.
Brrr! Lasciamo perdere! Mediocre assemblaggio di interviste, videoclip, momenti dal vivo, dagli inizi fino a Slaves and Masters... Non c'e' una sola canzone proprosta per intero, purtroppo.

Come Hell Or High Water
Stesso titolo (e tour) del CD live ma, a parte Anyone's Daughter, si tratta di tutta un'altra storia. Blackmore fa i capricci dall'inizio alla fine, entra solo a meta' di Highway Star, rovina la telecamera dietro Jon Lord, suona scazzatissimo per tutto il concerto... non so come facciano gli altri (che invece offrono una prova di cuore) a non prenderlo a calci nel culo. Un'occasione sprecata.

Total Abandon e A Band Downunder
Doppia videocassetta registrata durante il tour australiano del 1999. La prima e' la riproposizione in video dell'omonimo doppio CD, mentre la seconda presenta spezzoni live intervallati a interviste varie (alcune delle quali decisamente esilaranti). Trovate le recensioni complete delle due video nella sezione Archivi di Stargazer, e naturalmente vi consiglio di leggerle!
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