Blue Oyster Cult (1972)
"We're pain, we're steel, a plot of knives, We're Transmaniacon MC", cosi' si presentano i Blue Oyster Cult nel pezzo di apertura del loro debutto e gia' si capisce che fanno sul serio. Tutto l'album si regge su una combinazione di mistero, ambiguita' e ossessione che non da' tregua all'ascoltatore; colui poi che abbia la curiosita' di esplorarne i testi potrebbe non uscirne piu': paura, sesso, violenza e la sensazione che ci sia qualcosa di imponderabile dietro a tutto questo. Un album inquietante, che musicalmente ruota attorno a hard rock, funky e blues; certamente figlio dei tempi, e per questo oggi difficilmente definibile Heavy Metal, ma la via per tale genere passa anche di qua, e non siamo ad una fermata periferica.
Tyranny and mutation (1973)
Musicalmente piu' maturo del debutto si muove comunque su coordinate molto simili tanto che l'opener "The red and the black" era gia' sul primo ("I'm on the lamb but I ain't no sheep"), ma questa versione e' decisamente piu' trascinante. Fra i pezzi ci sono alcuni classici come "Hot rails to hell" (uno dei piu' pesanti mai scritti dal gruppo) "7 screaming diz-busters" o "Teen Archer" e su "Baby Ice Dog" collabora per la prima volta Patty Smith. Curiosamente e' l'unico album a presentare il gruppo come The Blue Oyster Cult (con l'articolo), e in origine era diviso in due parti: la nera e la rossa, a simboleggiare due aspetti diversi della musica ma anche della vita, ma anche della paura, ma anche ...
Secret treaties (1974)
Il terzo album dei Blue Oyster Cult idealmente completa un ciclo, un crescendo sia dal punto di vista lirico che musicale. Si tratta forse del capolavoro assoluto della band, dove il mistero di testi ambigui e visionari si riflette su trame musicali solo apparentemente semplici; un disco il cui ascolto sembra svelare macchinazioni surreali ("It's the nexus of the crisis, the origin of storms"), e non e' detto che sia soltanto una sensazione. La sola "Astronomy" fa gridare al miracolo, e resta uno dei pezzi piu' famosi dei BOC (no, non perche' ne hanno fatto una cover i Metallica!), ma non e' certo l'unica ad entusiasmare: "Career of evil", "Dominance and submission", "Flaming telepaths", "ME 262" sono tutti brani trascinanti ed evocativi che incantano l'ascoltatore trasportandolo in una dimensione parallela.
On your feet or on your knees (1975) Live Album
A suggellare la prima parte della loro carriera ecco arrivare uno splendido album dal vivo, perfetto compendio agli sfracelli che i nostri hanno gia' fatto in studio. Il suono potentissimo, le frequenti improvvisazioni, l'atmosfera ricca di energia ne fanno sicuramente una pietra miliare; inoltre per il sottoscritto questo e' uno dei manifesti dell'Heavy Metal. Fra i pezzi troviamo un paio di cover, delle quali resta memorabile "Born to be wild", e quella "Buck's boogie" che i Blue Oyster Cult da sempre eseguono dal vivo e che in poche parole significa assolone di Dharma, chitarrista sempre piu' apprezzato all'epoca.
Agents of fortune (1976)
Il sound si fa meno grezzo e le tastiere di Lanier vengono messe un po' piu' in evidenza, il risultato e' un album diverso dai precedenti, meno oscuro e inquietante e per questo anche meno affascinante ma pur sempre di grande qualita'. E' anche il disco con cui i Blue Oyster Cult riescono a sfondare il muro della popolarita', "(Don't fear) The reaper" infatti diventa un hit mondiale; ma anche altre tracce troveranno fortuna nel repertorio classico della band, come "E.T.I." o "This ain't the summer of love". Da questo tour i nostri inseriscono il laser show nel loro act. Scelta spettacolare che non manca di sollevare un vespaio di polemiche facendo cosi' parlare molto del gruppo in giro per il mondo.
Spectres (1977)
"Godzilla" riesce a ripetere il successo di "(Don't fear) The reaper", e conferma la popolarita' raggiunta dal gruppo. Cio' nonostante, pur essendo uno degli album "commerciali", questo "Spectres" recupera almeno in parte l'oscurita' degli esordi e si posiziona senza troppa fatica fra i migliori di sempre. "Death valley nights" (dall'incedere contagioso), "Nosferatu" (dalle atmosfere soffuse) e soprattutto "R.U. ready 2 rock" (tirata e trascinante) sono i pezzi migliori.
Some enchanted evening (1978) Live Album
Il piu' corto dei tre live mostra la band all'apice della fama, quando riempiva le arene. Vi troviamo un paio di cover, "Kick out the jams" (MC5, davvero trascinante) e "We gotta get out of this place" (The Animals, a dire il vero non molto convincente), e le immancabili "(Don't fear) The reaper" e "Godzilla". Un disco riuscito solo in parte, che esaurisce la sua carica emotiva gia' nella prima meta' dove si ascolta una splendida versione di "Astronomy", con un assolo finale da brivido.
Mirrors (1979)
L'album pop dei Blue Oyster Cult. Prodotto da un Tom Werman decisamente fuori forma, sembra fare piu' di un ammiccamento alle classifiche. Il risultato e' un album altalenante, che in qualche occasione mostra evidenti i segni di una produzione sbagliata, ascoltate ad esempio "In thee" o "The vigil", e in altri suscita perplessita' ("Mirrors"). Non mancano poi anche alcuni pezzi che funzionano molto bene cosi' come sono, ad esempio "Dr. Music" o "The Great Sun Jester". Comunque sia decisamente la pecora nera della discografia del Culto.
Cultosaurus Erectus (1980)
L'album del ritorno a sonorita' piu' pesanti. E' anche quello della collaborazione con Moorcock ("Black Blade") e probabilmente quello con il miglior artwork (presente la copertina con, appunto, il Cultosauro?). Messe da parte le velleita' da classifica, la band chiama Martin Birch alla consolle e produce il disco piu' potente della sua carriera fino a questo momento. Chitarre bene in evidenza, ma anche tanta effettistica (mai pacchiana pero') e alcune soluzioni originali, come l'inserimento di fiati fra riff tiratissimi, sono gli ingredienti portanti del tutto; un insieme entro al quale ci si puo' fare male con la ritmatissima "Monsters", lasciarsi trascinare dalle atmosfere sognanti di "Deadline" o calarsi nell'universo alieno di "Black Blade". E se alla fine vi sembrera' di non essere soli nella vostra stanza, forse non sarete molto lontani dalla verita'...
Fire of unknown origin (1981)
"Burnin' for you" e' uno dei tre hit mondiali dei BOC (gli altri sono un lucertolone giapponese e una mietitrice...), ma l'intero album e' ottimo; complici anche delle tastiere dal suono maligno, vi si respira quell'atmosfera oscura tipica dei loro dischi migliori. I Blue Oyster Cult confermano con questo platter di essere inarrestabili, e si dimostrano gruppo accorto e al passo coi tempi; non vi e' dubbio infatti che il loro sound sia a questo punto calato pienamente nella nuova decade, e il risultato oltre che personalissimo e' incredibilmente affascinante. "Veteran of the psychic wars" fa parte della colonna sonora di "Heavy metal" mentre "Vengenace (the pact)" e' ispirata dall'episodio finale di quel cartone. "Joan Crawford" resta uno dei miei pezzi preferiti in assoluto!
Extra Terrestrial Live (1982) Live Album
Strano a volte il destino: il 1982 dovrebbe essere l'anno della consacrazione, l'apoteosi del Culto, e invece ... Mentre Buck Dharma pubblica il suo primo (e fin'ora unico) album solista ("Flat out"), i Blue Oyster Cult escono con questo album dal vivo, definitivo fin dalla prima traccia: quella "Dominance and submission" che qui acquista un fascino eterno nel duetto pubblico/Bloom. Una selezione di tredici tracce scelte da tutte le epoche della loro carriera, fra le quali spiccano la meravigliosa "Joan Crawford" e la ruvidissima "Dr. Music", "Black Blade" e una intensa cover di "Roadhouse Blues" dei Doors. Ma la brutta notizia e' che Albert Bouchard suona la batteria solo in due pezzi, e' infatti gia' fuori dalla band e pensa di intraprendere la carriera solista; per la prima volta nella sua storia il gruppo cambia line-up, e da questo momento non sara' piu' la stessa cosa.
The revolution by night (1984)
Con Rick Downey alla batteria i BOC registrano un album che sta' in mezzo fra Hard Rock, AOR, e pop. Il risultato e' forse un po' troppo altalenante, con pezzi melodici ma corposi come "Eyes on fire" oppure pezzi piu' pesanti come "Shadow of California" accanto a vere e proprie "canzonette", seppur divertenti, come "Let go". Interessante notare come l'ennesima collaborazione con Patty Smith ("Shooting shark") dia vita ad uno dei brani migliori del disco. In ogni caso Lanier non gradisce la nuova dimensione e se ne va, e a questo punto per i Blue Oyster Cult la fine e' davvero vicina.
Club Ninja (1986)
La via all'hard rock melodico che il precedente "The revolution by night" aveva tracciato e' qui ampiamente sviluppata, purtroppo non sempre al meglio, e se questo gode di una produzione migliore (alla consolle troviamo infatti Pearlman) in esso mancano i picchi qualitativi dell'altro. "White flags", "Dancing in the ruins" e "Madness to the method" sono i pezzi migliori, ma in essi (con l'eccezione forse dell'ultima) manca quel valore aggiunto che solo i Blue Oyster Cult piu' in forma riescono a trasmettere. Non a caso questo e' il disco dell'abbandono di Joe Bouchard, che causa lo scioglimento del gruppo.
Imaginos (1988)
Oddio che album!
Si puo' dire che "Imaginos" rappresenta il trait d'union fra i primi tre dischi del Culto e soprattutto fra i pezzi di "Secret treaties", vi sono infatti due tracce che in origine erano proprio in quet'ultimo: "Astronomy" e " Blue Oyster Cult" (prima "Subhuman"). Rappresenta il tentativo di raccordare in un unico concept le idee piu' visionarie di Pearlman e per questo non tutto torna alla perfezione, ma il risultato e' da brividi: la storia ruota attorno ad una presenza maligna che nei secoli riesce a combinare le peggiori nefandezze (fra cui scatenare due guerre mondiali) e non mancano macchinatori occulti (forse alieni) ed eventi inspiegabili. Questo e' il disco dei Blue Oyster Cult che tutti dovrebbero avere in casa, soprattutto perche'... non e' un album dei BOC! Rimasto per lungo tempo solo un progetto, Albert Bouchard decide di realizzarlo come solista quando lascia la band nel 1981. Poi la casa discografica si rifiuta di pubblicarlo, poi i Blue Oyster Cult si sciolgono nel 1986, poi la prima formazione si reincontra, poi i BOC si riformano ma senza i fratelli Bouchard... Un casino! Ma alla fine esce, a nome Blue Oyster Cult ma con una lista di ospiti infinita; tanto che se dite un nome a caso di quel periodo probabilmente vi diranno che ha suonato qualcosa su questo disco!
Career of evil (1990) Raccolta
Una compilation, per di piu' senza inediti, puo' forse essere interessante per chi non conosce affatto la band, ma in questo caso si richiederebbe una selezione di brani il piu' ampia possibile, che contempli cioe' tutte le fasi della sua carriera. Non e' il caso di questa che pur avendo il pregio di essere un cd singolo, e quindi non troppo oneroso per le nostre tasche, predilige un po' troppo i primi tre albums, lasciando fuori inspiegabilmente "Astronomy" e l'intero "Fire of unknown origin". Contiene pero' numerose tracce tratte dai tre live, ottime per farsi un'idea della dimensione piu' grintosa della band.
Bad channels (1992) Col. Sonora
Esce a nome Blue Oyster Cult ma non si puo' certo considerare un album della band, dal momento che contiene solo due brani suoi: "Demon's kiss" e "The horsemen arrive", pezzi molto heavy che pero' non riescono a ricreare l'atmosfera inquietante dei momenti migliori della sua carriera. Sulla copertina trovate quel monicher per la presenza di tutta una serie di frammenti strumentali composti ed eseguiti da Buck Dharma; unico vero motivo di interesse per questo "Bad Channels", che per il resto si muove sui binari di un Hard Rock spesso e piacevole da ascoltarsi ma nulla piu'.
Cult Classic (1994) Ri-registrazione di classici
Sembra incredibile ma non l'ho ancora ascoltato. La track-list contiene tutti i classici, comprese "Burning for you", "(Don't fear) The reaper" e "Godzilla". E' inoltre la cosa piu' vicina ad un nuovo album in sei anni, quindi di per se' interessante.
Workshop of the telescopes (1995) Raccolta con inediti
Doppio cd antologico, contiene una versione in studio di "Born to be wild" e tre dei quattro pezzi che compongono il "Bootleg EP", un dodici pollici promozionale registrato dal vivo a New York nel 1972. Per i fans forse un po' poco per giustificare la spesa (si tratta pur sempre di soli quattro inediti su trentuno tracce!) e per gli altri...Diciamo che manca l'equilibrio: su due cd il primo e' interamente dedicato ai primi tre albums, compreso anche il primo live, sacrificando quindi il resto della produzione del gruppo nel secondo, col risultato di non riuscire ad essere davvero esaustivo. Insomma anche per un neofita, che voglia avvicinarsi al gruppo partendo da una visione d'insieme, questa raccolta rischia di non essere all'altezza. La nota positiva e' il booklet davvero ben curato, con una esauriente biografia della band...
Heaven forbid (1998)
Primo vero album dieci anni dopo "Imaginos", che vero album non era, e dodici dopo "Club Ninja", tanto tempo non puo' non lasciare qualche segno... Un hard rock di classe, spesso e dal gusto vagamente retro', e' la proposta attuale dei Blue Oyster Cult che qui confermano purtroppo di non avere piu' il fascino inquietante di una volta, ma bene o male oggi la band e' questa e "Heaven forbid" dimostra che e' viva e puo' ancora dire molto: "See you in black", "Harvest moon" o "Cold grey light of dawn" sono infatti bei pezzi, destinati ad entrare nel cuore di ogni fan della band. Una cosa: se ascoltando l'album vi accorgete che ci sono due cantanti, avete ragione. Se poi doveste stupirvi del fatto che la voce di Bloom suoni ancora come vent'anni fa non preoccupatevi: quella voce non e' la sua!