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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
26 Marzo 2008
RISPOSTE

Per Pavese
E poi perché è ritornata nel cuneese? Per Pavese?
Domanda difficile, che andrebbe rivolta un po’ a tutti, quando torniamo in un luogo che ci ha segnato il passato. Perchè si torna sui propri passi, per volontà? Perchè ci si è costretti? Per affari o per affanni? Per Pavese o per piacere? Non so. Quello che so è che una parte di noi può essere felice di tornare in un posto che una volta chiamavamo casa, un posto che ha visto momenti felici e che si pèrdono nei fumi dei tempi che furono. Un posto che non potremo dimenticare, ma che magari vorremmo. Ma allo stesso tempo, è anche un posto che odiamo dal più profondo del nostro intimo, per quello che ci ha lasciato e per ciò che non ci ha perdonàto. Per quello che ci ha fatto diventare e per ciò che ci ha negato. Per tutto, e allo stesso tempo per niente, quel niente che adesso ci ritroviamo tra le mani e che guardiamo con occhi colmi di stupore e per dono divino.
E poi, perchè sono ritornato nel cuneese? Per Pavese?
Abbozzo un sorriso, e mi allontano in silenzio.

Poesia
Cala la nebbia, e lentamente ricopre l’orizzonte. Cala la nebbia, e tutto improvvisamente svanisce. Ogni singolo dettaglio scompare alla vista, come se non esistesse, come se non fosse mai esistito. Cala la nebbia, e scopro che il bianco mi avvolge e mi abbraccia, con tutto il suo candore incorporeo. Cala la nebbia, e davanti agli occhi non rimane altro che la fine dei miei piedi.
Il resto, tutto il resto, è un continuo inizio.
Cerco in tasca il mio taccuino, quelle quattro pagine bianche su cui sono solito prendere appunti. Il mio taccuino, la mia porzione di anima portatile che mi accompagna sempre nei miei viaggi all’interno del mio stesso spirito, e che non mi lascia mai solo. Il mio taccuino, che riesce sempre a stupirmi per la sorpresa di certi pensieri che vi ritrovo alla seconda lettura. Come se quello che vi ho appena scritto non fosse mio, come se quello che ho appena letto non fosse un mio pensiero, ma soltanto un’eco lontana di un qualcosa che cerca istintivamente di uscire dal mio corpo.
Prima di imparare a leggere, ho imparato ad ascoltare.
Scrivo due parole, ma subito mi annoio. Scrivo due frasi, e già mi sono stancato. Scrivo due pagine, e capisco che non avrei mai dovuto iniziare. Poggio quindi la penna, e lascio vagare lo sguardo su tutti quei pensieri irrisolti che mi accalcano la mente, che mi oscurano la vista. Cerco invano un percorso da seguire in tutto quel bianco, in mezzo al candore nebuloso. Cerco invano una strada da seguire, ma non riesco a trovare il mio cammino, non riesco a ricordare un insegnamento che mi possa portare a qualcosa. Vedo però qualcosa in lontananza. Laggiù, nel nulla, mi pare di scorgere delle macchie scure.
E non sono consigli, ma solo tracce.
Inizio a muovere i miei primi passi in quel paesaggio onirico che altro non è che una pianura satura di nebbia, e di pensieri incastrati nelle loro stesse trame. Cerco di pensare a qualcosa di positivo, e mi ritrovo a fischiettare dei gioiosi motivetti che non credevo nemmeno di conoscere. Mi sembra di essere quasi felice, in pace con me stesso, ma dentro di me so che mi sbaglio. Mi sbaglio. Lo so. Non basta una canzone felice, per riempire il mio cuore, per cullare i miei pensieri.
Non basta cantar d’amore, perché sia poesia.
E allora capisco che la vera poesia è nella nebbia, è QUELLA nebbia, è in tutta quella parte di mondo attorno a me che non vedo, e che quindi non riesco a scrivere e descrivere. Mi circonda, ma non riesco a toccarla, a raggiungerla, a vederla. La percepisco, la annuso, la sfioro, ma… ma in fondo, che cosa mi importa?
L’ultima parola, come la firma, è la mia.

Intervista
Colta in dama.
La pedina è arrivata alla fine della scacchiera, ma il suo tragitto oramai è finito. Terminato. Concluso. Ha avuto una breve vita, di casella nera in casella nera. S'era anche illusa, in gioventù, di potersi muovere non diagonalmente. Ma invano. Ora una mano la priverà del suo spazio nel gioco, e tutto finirà. E' perduta.
Colta in dama.
Cosa potrebbe fare? Forse provare ad spettare una risposta dall'alto, che mai arriverà? O provare a rispondere al richiamo di quella voce che sente provenire da lontano, ma che invece è dentro di se? Provare ad assecondare i suoi pensieri, le sue volontà, le sue passioni. Provare a colorare le sue intenzioni di blu, e liberarle nel vento bemolle. Provare a vivere. Ecco. Assecondare quella voce. Si.
Daino clamat.
Una pedina, da lontano, risponde alla vita.

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