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30 Aprile 2007
TALLINN - GIORNO OTTO
La bettolaccia dove abbiamo dormito non ci ha lasciato un buon ricordo, ma almeno non abbiamo passato la notte in macchina. Dopo una scarna colazione, ci siamo rimessi in viaggio per attraversare il Lussemburgo, poi la Francia, e successivamente tornare in Germania. Purtroppo va precisato che ai due confini con la Francia siamo stati fermati alla dogana e, se la prima volta i doganieri si sono limitati a farci aprire il bagagliaio e dare una controllata sommaria al contenuto della macchina, la seconda volta ci hanno fatti scendere dalla macchina e perquisito personalmente. Il doganiere mi ha anche palpato il culo, ma questo è un ricordo che voglio assolutamente dimenticare, ed il prima possibile.
In Belgio, prima di abbandonarlo, abbiamo fatto tappa all’autodromo di Spa, scattato varie foto dopo essere entrati addirittura dentro il circuito, e cose del genere che piacciono tanto agli appassionati di motori o gare ma che mi lasciano alquanto indifferente. Da vantarsene e bullarsene con gli amici, insomma.
Una volta tornati in Germania ci siamo diretti verso Frankfurt (indovinate un po’? Francoforte nell’italico idioma!) dove Alf ha cercato accessori strani per la sua lambretta e io sono riuscito anche a comperare due magliette del Jack Daniel’s. In fondo non sono state delle tappe inutili, ma solo con il senno di poi. Abbandonata la cittadina grossa ci siamo diretti verso la Foresta Nera, che abbiamo percorso in lungo ed in largo imboccando anche stradine secondarie non segnalate nemmeno sulla cartina e sterrate al punto da farci temere per la nostra stessa intelligenza. Oddio, non è che normalmente ne andiamo particolarmente fieri, dell’intelligenza, ma questa volta forse…
In ogni caso, siamo riusciti a perderci per stradine sterrate, mezze fangose, verbosamente erbose, boschive e assai tortuose come poche penso ce ne siano, solo per riuscire miracolosamente ad uscirne e dirigerci verso un paesino sempre nel mezzo della Foresta Nera il cui nome è Wolfach. Qui abbiamo trovato un alberghetto nel bel mezzo del borgo e, dopo aver passato una decina di minuti a conversare con il cameriere nel nostro classico inglese stentoreo, abbiamo mostrato i documenti ed il tipone è quindi esploso ridendo in un “ma siete italiani? Ma porco d*o!”. Abbiamo quindi scoperto che il padre era di Latina e nonostante lui fosse nato in Germania parlava e capiva benissimo la lingua tricolore. Ci ha consigliato un bel pub dove abbiamo consumato le ultime birre prima di infilarci in camera e prepararci a dormire. Alf è riuscito a trovare il cartone di South Park in televisione, oltre ad un documentario di maledetti subbacqui. Sono ovunque, maledetti. Maledetti. Adesso ci accingiamo ad andare a dormire, che forse è anche meglio. Domani si tornerà verso l’Italia. Domani. L’avventura è oramai quasi finita.
Aggiunta dell’ultimo minuto, prima del sopravvento del sonno. In questi giorni abbiamo scoperto dei modi di dire che penso ci accompagneranno nei prossimi tempi. Comincio ad elencarli con relativa spiegazione.
Sei proprio un gatto polacco. Ai lati delle strade polacche era pieno di gatti morti: di conseguenza, potremmo riassumere il detto nel più classico “puzzi di cadavere”. Auto esplicativo, direi. Abbiamo visto un solo gatto vivo, ed era all’interno di un giardino recintato.
Sei furbo come una volpe polacca. Sempre ai lati delle strade polacche, oltre ai gatti c’erano anche miriadi di volpi. Quindi, se le volpi polacche finiscono quotidianamente sotto le ruote dei camionisti e delle persone che stanno prendendo la patente (era pieno!), tanto furbe non devono proprio essere. Di conseguenza, la precisazione di cui sopra.
Scopi come un riccio belga. In Belgio non hanno gatti e volpi ai lati delle strade, ma... ricci. Quegli animaletti con tante spine, si, proprio quelli. Ergo, penso che le attività sessuali dei suddetti animali possano essere riassunte in pochissime righe. Praticamente nulle, ecco. Serve dire altro?
Ah, oggi abbiamo superato i 7000 km, percorrendone 800 circa nella giornata di oggi.
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