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3 Ottobre 2005
LUCE
Fermo, immobile. Le gocce gli scivolano dolcemente sopra, colano lungo il suo corpo, e cadono finalmente nel lago lastricato che giace ai suoi piedi. Un tenue bagliore di luce esce dal suo interno, come a giustificare la sua presenza in quell’oasi di solitudine che lo circonda, che lo avvolge, che lo nasconde alla vista di tutti.
Eppure lui è sempre lì. Fermo, immobile. Mille gocce sono già cadute attorno a lui, ma solo un centinaio l’hanno colpito. Cento colpi che sono come sussurri al vento ma che messi tutti insieme potrebbero piegare anche la più ferrea volontà del più risoluto degli essere viventi di questa terra. Eppure lui è ancora lì. Fermo, immobile. Ha un compito, e lo sta portando a termine nel più fedele e indiscutibile dei modi.
Tutto intorno a lui l’aria si sta facendo fredda, e i colori del giorno stanno cedendo il posto alle affascinanti tenebre della sera. Anime in pena continuano a correre ai suoi piedi, e non lo degnano nemmeno di uno sguardo. Lui che è sempre nello stesso posto da anni, senza la possibilità di vedere il mondo, di conoscere altri luoghi, di vedere altri come lui se non in lontananza, quando la nebbia non è ancora calata.
Fermo, immobile. La sua vita di lampione è destinata a svolgersi ogni giorno allo stesso modo. Accensione, spegnimento. Accensione, spegnimento. Accensione. Per sempre così. Per sempre fermo. Immobile.
Le gocce continuano a cadere, e sembrano quasi voler rigare la sua pelle ferrosa, la sua anima esteriore che praticamente scompare sotto quei colpi che provengono dal cielo. Le gocce continuano a cadere, e nascondono il suo tenuo colore a tratti, a righe, a momenti. Schizzi di dolce acqua saltano, volano, rimbalzano sui suoi vetri, sulle sue punte, sul suo spirito. Schizzi di dolce acqua che sembrano voler penetrare nel più profondo del suo cuore, là dove la luce non è ancora arrivata e forse non arriverà mai, perché non basta una misera lampadina ad illuminare l’oscurità dei suoi pensieri irrisolti.
Lo vedo piangere, e riconosco le sue lacrime. Non sono gocce che cadono dal cielo e scivolano giù, lungo la sua pelle grigia e scolorita. Non sono frammenti di cielo che un dio ha fatto cadere nell’attimo in cui ha squarciato un astro dimenticato. No, sono lacrime vere quelle che vedo in questo momento. Sono lacrime. Le sue lacrime. Lacrime di noia, per un’altra giornata passivamente vissuta. Lacrime di boria, per sentirsi utile a qualcosa in un mondo superficiale e stanco. Lacrime di gioia, per essere circondato da tante gocce che nascondono sempre di più le sue lacrime di noia, di boria e di gioia.
Fermo, immobile. Ieri era là, e domani vi sarà ancora. Se il caso, il fato o il destino vi porteranno ai suoi piedi, ricordatevi di alzare lo sguardo verso di lui, e rivolgergli un pallido sorriso. Ve ne sarà riconoscente. Sul serio. Saprà che tutte le lacrime che ha versato non sono passate inosservate, e che qualcuno ha ancora il coraggio di saperle distinguere da gocce di pioggia che a milioni cadono dal cielo, ogni giorno. Saprà che tutte le lacrime che ha versato non saranno state inutili, e che ha ancora una speranza. Sarà sempre lì, fermo, immobile, questo si. Ma con una piccola speranza nel cuore.
E chi siete, voi, per volergliela negare?
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