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20 Agosto 2005
GIORNO DUE – 13.58
Sono ferma. Immobile.
Sono una pietra che ha visto tanti inverni, e nonostante gli anni che passano, continuo a restare ferma, immobile, come un sasso. Su di me sono passati innumerevoli piedi, scarpe di ragazzi e ragazze che salivano sulla mia cima soltanto per dominare il mondo per cinque minuti, senza sapere che è invece il mondo a dominare il loro destino. Ragazzi e ragazze che si sono illusi di essere i padroni di quella pietra che sono io, si sono illusi di avere l’intero universo ai loro piedi quando invece, ahimè, ai loro piedi c’era soltanto un po’ di licheni e qualche lucertola spaurita dalle grida e dagli umori giovanili.
Sono ferma. Immobile.
Sono una tendina che lascia passare oltre di se soltanto lo sguardo di un maniaco, una persona che guarda alla vita con invidia e con disperazione. Lascio passare il suo sguardo, e trattengo invece lontano la vista delle persone che passano, ignare, lungo la strada, che scorrono via e lasciano dietro di sé soltanto il rumore dell’ultimo modello di scarpe e lo sguardo omicida del maniaco che proteggo. Se soltanto potessi gridare. Se soltanto potessi parlare. Spargerei ai quattro venti tutto quello che so, e non proteggerei più, con i miei ricami fatti a mano, quello sguardo voglioso e lascivo che sbava non appena vede qualcosa di fuori dall’ordinario, o di semplicemente normale ma irraggiungibile per lui.
Sono ferma. Immobile.
Sono una nuvola che giace nel più profondo azzurro del cielo, senza avere la speranza che si sollevi prima o poi quell’alito di vento che la porterà lontano, via da questi monti e da questo paesaggio che tanto può stare a cuore ad una persona malata di vita, ma altrettanto può essere odiata da me, misera nuvola che non ho nemmeno la speranza di assumere le sembianze di un drago leggendario grazie al soffio di un qualche vento, per far sognare ad occhi aperti un bambino che volga verso di me il suo sguardo innocente. Ho perso la mia più grande battaglia, quella con la pioggia, e ora sono soltanto una macchia bianca nel firmamento celeste di un giorno senza temporali.
Sono ferma. Immobile.
Sono la coscienza di un ragazzino che sale sopra di una pietra sulle rive di un lago. Sono la coscienza di un maniaco che segue con il suo sguardo i passi di chiunque cammini lungo la via. Sono la coscienza di un bambino che vede draghi là dove ci sono soltanto nuvole, e sogna felice.
Sono ferma. Immobile.
E ciononostante continuo a disperarmi. Quale sarà il mio destino? Quale sarà la via che prenderanno i miei passi, al termine di questa seconda giornata di ascesi temporale? O sacri totem, ditemelo voi...
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