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19 Agosto 2005
GIORNO UNO – 23.17
L’oblio si sta avvicinando, e con esso le speranze di un giorno perduto tra ricordi e convenzioni, tra filamenti d’argento che ci legano inesorabilmente al nostro passato e tenue primule appassite che ci ricordano il prospero futuro. Cosa possiamo aspettarci da noi stessi se non la più splendida ed inconsistente esistenza?
Ci siamo perduti in un giardino coperto di giacinti rossi, simbolo di fertilità e passione, simbolo di dolore e resurrezione, come a dimostrare agli atri, alle galassie, alle stesse anime dell’universo che esiste qualcosa di superiore che ci accompagnerà sempre, ovunque andremo, qualunque cosa accadrà.
Sono passati dieci anni da quei giorni, e niente sembra essere cambiato. Facce nuove, ma stesse situazioni. Vedo piedi salire sicuri su rocce che una volta erano nostre, e sorrido. Vedo volti salutare ammiccando, e ricordo che ci sono passato anch’io, da quelle strade, su quei posti, sopra quell’inesorabile scorrere del fiume. Non si fermerà mai, lui. Chissà quanti piedi hanno camminato sopra di lui, o lungo le sue sponde. Mi piacerebbe sentire i suoi racconti, e consolarlo per tutte le lacrime che versa quotidianamente. Sono e saranno sempre più di tutte le lacrime che potrà mai versare un continente in tutta la sua vita. È da invidiare, la vita di un fiume? Non lo so. Non so nemmeno se lo vorrei scoprire. Ma ci sto pensando, in questo momento, e soffro per lui. Non so perché e nemmeno se sia giusto, ma soffro per lui. O forse no. Soffro per me. Solo che non ho il coraggio di ammetterlo e ho quindi bisogno di metafore che cammuffino il mio stato d’animo, che asciughino ogni oncia di pianto io possa aver mai versato per giungere fino a queste conclusioni. Dove sarò domani? Cosa mi accadrà?
Oggi ho incontrato il mio passato, ho parlato con lui, abbiamo passeggiato lungo le rive del lago e abbiamo ricordato gli anni passati che non ritorneranno. È stato bello, in fondo. Oggi ho incontrato il mio passato, ed è stato come guardare in faccia tutto quello che ero e che sono diventato. Quello che avrei potuto essere e quello che potrei ancora diventare. Dipende tutto da me.
A domani, mio passato. A domani, miei sogni. A domani, volti che continueranno a vagare per queste strade, nonostante l’implacabile scorrere degli anni, dei secoli, dei millenni.
Lascio che l’occhio cada un’ultima volta sui totem di vetro, e sorrido. I loro consigli, oggi, sono stati preziosi. Chissà se lo saranno ancora domani. Chissà se la loro forza continuerà ad esistere nel tempo. Ma non mi importa. Ora sono loro, i miei undici totem di vetro, a conoscere la via. Mi devo solo fidare…
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