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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
18 Agosto 2011
TUTTI

Siete tutti lì, e vi osservo.
Uno sull'altro, addossati come un cumulo di cenere che non lascia respiro, ammucchiati quasi non vi fosse niente in grado di separarvi. Questo è quello che siete: una distesa di ricordi resi grigi, una pianura di desideri inespressi, un oceano di parole mai esaudite nel corso del tempo.
Siete tutti lì, e vi osservo.
I secondi scorrono inesorabili, accompagnati da un ticchettìo molesto appeso alla parete, mentre tutto intorno si interrompe il silenzio con leggeri schiocchi di sillabe bruciate, come se fossero un frammento di luna crollato dal cielo in frasi senza senso. Ma saranno poi prive di senso, queste frasi? Un significato si può trovare anche sul fondo di una confezione di caffè avariato, o nelle impronte di un estraneo al calar della notte. Dove si nasconde quel significato che ci costringe a continuare a respirare ossigeno in un mondo di zolfo e merda, in un paese di solitudine e abbandoni, in una città di promesse silenziose?
Lo so che ci siete. Vi vedo.
Abbraccio una coperta di lana e vento, incurante dei minuti che scorrono via silenziosi come quel fiume in cui mi gettai tanti anni fa, per sfuggire alla rincorsa di un gioco violento, uscendone sconfitto. Bagnato e distrutto. Affranto e maledetto. Solo. Abbraccio una bottiglia ormai vuota, cercando in essa il significato di una strada dal senso unico priva di uscite, come uno spicchio di luna incartapecorito e disperso. Abbandonato e sbiadito. Rifiutato e bandito. Solo. Abbraccio un suono che rimbomba nelle mie orecchie da anni, un suono di verità promesse e premesse mendaci, un suono di calore diffuso e colori dispersi. Un suono leggero come una lettera muta, un suono affabile quanto un bicchiere colmo di assenze. Un suono sincero e spavaldo. Duraturo e perduto. Solenne e taciuto. Solo.
Vi osservo.
Smettetela di puntare a me tutti quegli occhi saturi di truce ironia. Io vi vedo, e cerco di nascondermi dai vostri volti. Io vi vedo, e tento invano di trovare un gioco che non finisca domani. Ancora un giorno, ancora uno, e tutto il divenire avrà quel sapore aspro che si annusa soltanto negli incubi diurni, quando tutti i numeri si dissolvono e la musica si spegne. Come un carro che si spezza. Come un diamante che si piega.
Siete tutti lì: vi osservo.
Vi vedo.
Mettete una buona parola per me. Mettete una buona parola per voi.

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