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18 Novembre 2003
ELIO A TEATRO
PROLOGO
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Pazuzu: "Quando entra Elio, facciamo un coro Forza Panino?"
SoleLibero: "No, dai..."
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RECENSIONE
Era stata una bella serata, e anche se non era più abituato, il Gatto Fenriz raccolse le idee e riprese in mano quella penna che non scriveva più da tanto tempo. Non era colpa della cartuccia esaurita. Era finalmente giunto il tempo che ricominciasse a far udire la sua voce. Era tempo di tornare a raccontare le proprie opinioni. Era tempo di raccontare quella splendida serata a teatro.
Da anni oramai seguiva le gesta di Elio e delle sue Storie Tese, e l’idea di vedere un’opera teatrale in cui recitava uno dei suoi cantanti preferiti lo aveva stuzzicato fin da quando aveva acquistato il CD con le musiche. “Storia d’amore e d’anarchia”, l’opera scritta da Lina Wertmuller ed interpretata da Giuliana De Sio ed Elio, era già stata portata in televisione nel film con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato. Era la storia di Tunin, il personaggio interpretato da Elio, un poveruomo che per poter portare a compimento un attentato a Mussolini si rifugia in un bordello dove si innamora di una ragazza. Nel bordello vive Salomè, il personaggio di Luciana De Sio, che dovrebbe aiutare Tunin a portare a termine il suo lavoro, prima che l’amore entri in gioco e mescoli le carte nella vita di tutte le persone.
Anche se la storia era in fondo abbastanza semplice, il risultato era decisamente accattivante e convincente, per la bravura di tutti i personaggi e la caratterizzazione delle figure principali. Elio era l’impersonificazione del perfetto contadino, strappato dalla sua terra per un ideale che non era neanche suo, ritrovandosi con una pistola tra le mani e un amore indesiderato nel cuore. Anche Giuliana De Sio non era stata da meno, nel difficile ruolo della prostituta che si concede alle persone che odia, e trama alle spalle del potere in Italia. Il ventennio fascista, in fondo, era stato anche questo.
La scenografia, minimalista quanto bastava, serviva con le sue tinte scure e rossastre a rendere quell’angoscia e quel calore che si respira in una casa chiusa, con tutte le sue contraddizioni, le sue gioie e i suoi dolori.
Le musiche, infine, erano il condimento finale che amalgamava alla perfezione tutto l’insieme, regalando al pubblico emozioni semplicissime e profonde con episodi indimenticabili quali “pazzia e libertà”, “ricciulini” e “canzone arrabbiata”. Erano canzoni che ti si legavano allo spirito, che entravano in te e non ti lasciavano fino a che il sipario non scendeva implacabile alla fine dell’opera. Canzoni che raccontavano una tristezza immensa e inevitabile, il disagio e l’ineluttabilità della vita, il destino in agguato e le conseguenze delle azioni di ogni uomo. Canzoni semplici, spesso ridotte ad uno strumento e una lirica appena sussurrata, ma che con quelle semplici note scandite da una chitarra o da un pianoforte raggiungevano scompartimenti dell’animo normalmente assopiti.
Il Gatto Fenriz era pienamente soddisfatto di quella serata a teatro, che non avrebbe potuto concludersi in modo migliore: era salito nei camerini e aveva parlato con gli interpreti principali. La sera, al ritorno a casa, era consapevole di aver conosciuto un lato nascosto di uno dei più eclettici tra gli odierni cantanti italiani. Dal giorno dopo, non sarebbe più riuscito a cantare “forza Panino” senza pensare, un poco, a Tunin.
EPILOGO
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Giuliana De Sio: "A che nome lo firmo?"
Pazuzu: "...Pazuzu!"
Giuliana De Sio: "Zuzu?"
Pazuzu: "No, Pazuzu..."
Giuliana De Sio: "Ma sono due parole?"
Pazuzu: "No, e' una..."
Giuliana De Sio: "Ah... ed e' il diminutivo di...?"
Pazuzu: "...Daniele!"
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