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Luglio 2010
27 luglio 2010
SOLITUDO
Cos’è la solitudine?
È un bicchiere vuoto al centro di una tavola imbandita, un bicchiere sulla cui superficie spoglia e trasparente si riflettono tutti i colori delle bottiglie che lo circondano, senza sfiorarlo mai. Un bicchiere mai sol-levato al cielo per un brindisi notturno, un bicchiere la cui forma è soltanto una sagoma sfocata di cui nessuno ricorderà la presenza, di cui nessuno reclamerà il possesso. Un bicchiere pulito, talmente pulito da non aver mai conosciuto gli aromi di un sorso di vino speziato, talmente pulito da essere l’unico testimone della scena di un crimine che non è mai stato commesso.
Cos’è la solitudine?
È il pianto di un bambino perso tra la folla, un vagito primordiale che si alza al cielo fino a raggiungere e superare tutte quelle nuvole che si stanno facendo lentamente più scure, man mano che i tenui colori del giorno lasciano spazio ai freddi calori della sera. Il pianto di un bambino abbandonato, il pianto di un cuore spezzato, il pianto di una mano che non riesce più a stringere tra le proprie fragili dita tutta quella sicurezza che fino a qualche istante prima lo cullava e lo rassicurava, lo carezzava e lo chiamava per nome. Il pianto di un bambino perduto, senza la speranza di conoscere quell’isola inesistente nascosta oltre il mattino, un bambino perduto come un ricordo che non riesce più a riaffiorare, un bambino perduto come un sogno dimenticato in quel cassetto abbandonato di un’infanzia che non tornerà mai. Non tornerà più.
Cos’è la solitudine?
È una foglia che si stacca dal ramo che le ha dato la vita fino a quel preciso istante, e lentamente cade giù, fino a sdraiarsi placida al suolo. Una foglia oramai colorata dal tempo, che ha vissuto la sua vita tra sorelle che nemmeno la conoscessero, una foglia circondata da presenze ma mai riscaldata da un pensiero di conforto. Una foglia secca, una foglia morta, una foglia che finirà in un cumulo di immondizia non appena spunteranno le prime luci dell’alba.
Questa, è la solitudine. Questi, erano i pensieri che affollavano la mente di E, mentre continuava a fissare l’orologio aspettando che giungesse l’ora dell’aperitivo.
La solitudine è come una folle corsa all’ultimo respiro verso una meta sconosciuta, una corsa che spezza il fiato, una corsa che distrugge i legamenti delle gambe, una corsa senza tempo nella speranza di rag-giungere un traguardo lontano. Una corsa verso quello spazio segreto nascosto tra bocca e stomaco che nasconde tutte le risposte alle do-mande che non abbiamo il coraggio di rivolgerci. Una corsa dannata, una corsa fortunata, una corsa come...
...come quella del ragazzo che sfrecciò davanti ai suoi occhi distanti, lo sguardo fisso davanti a sé, i pugni stretti forti ai fianchi, e una strana macchia chiara a contorno irregolare dei vestiti scuri.
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