PRAXIS - sacrifist
Luglio 2000
Praxis: piu' di un progetto solista, meno di una vera band. Un collettivo musicale, un'insana corsa ai confini della sperimentazione. Un gruppo di musicisti quasi del tutto estranei al mondo del metallo inspiegabilmente coinvolti in otto brani che piu' vicini di cosi' al metallo si muore. Vi piacciono i Mr. Bungle, il Devin Townsend rumorista e tutta quella musica che ondeggia sul limite tra l'insopportabile e l'assurdamente geniale? Avete trovato pane per i vostri denti.
I Praxis sono uno dei tanti progetti di Bill Laswell, stimato chitarrista di estrazione jazz, produttore e sperimentatore instancabile, manipolatore sonoro, piovra musicale capace di muoversi in centinaia di direzioni diverse attraverso mille collaborazioni e denominazioni. Attorno a lui, un manipolo di fidati collaboratori: Bootsy Collins e Bernie Worrell (storici membri dei folli Parliament/Funkadelic di George Clinton), Buckethead (misterioso chitarrista recentemente in tour con i Primus), i rumoristi newyorkesi Blind Idiot God, il famoso sassofonista John Zorn, Mick Harris (ex-drummer dei Napalm Death, fondatore degli Scorn e gia' con Laswell e Zorn nei terrificanti Painkiller) e infine il giapponese Yamatsuka Eye, mente dei pazzeschi Boredoms. Prendete le coordinate musicali di ciascuno di questi personaggi e mescolatele a una dose da elefante di caffeina. Il risultato sara' probabilmente molto vicino alla musica contenuta in questo disco. Certo, non e' detto che il beverone sia digeribile: ma gli effetti saranno sicuramente notevoli...Nel caso abbiate ancora le idee confuse a proposito dei Praxis, ci pensa l'opener "Stronghold" a mettere in chiaro le cose, due minuti scarsi di furioso attacco thrashcore, con inserti rumoristi (una sega circolare?) e la straziata voce di Yamatsuke ad annichilire il malcapitato ascoltatore. La successiva "Cold Rolled/Iron Dub" replica senza esclusione di colpi, inserendo in un orecchiabile groove funky le immancabili estremizzazioni di chitarra, prima di concludersi in un lento finale dub. A questo punto le vostre orecchie saranno pronte per la demolizione definitiva per mezzo della doppia cassa triturante di "Suspension", che si chiude con un delirante segmento tra bizzarri interventi di sax e voce. Il colpo da KO al cervello lo assegna "Rivet", una marcia robotica che fonde un riffone quasi death metal a misteriosi suoni elettomeccanici, mentre il singer nipponico si esibisce in un campionario di urla che di umano hanno ben poco. Diventa necessaria una pausa, vero? Per fortuna arriva "Deathstar" e potete prendere fiato sulle note dello space bass del vecchio Bootsy, in un lento e claudicante viaggio nelle basse frequenze. "The Hook" riapre le danze con un mix di elettronica e basso funky, su cui fanno man mano la loro apparizione suoni di chitarra, manipolazioni a fiato e chi piu' ne ha piu' ne metta, compresa una voce che in giapponese fa': "Pronto?". "Nine Secrets" unisce un riff slayeriano agli strambi interventi di Zorn, il cui sax quasi si confonde con i vocalizzi agonizzanti di Yamatsuke. Il delirio di "Sacrifist" si chiude con i dieci minuti di "Crossing", affidata alle dita di Bernie Worrell e al suo organo hammond: una canzone che in realta' e' un unico assolo dal sapore settantiano (con echi purpleiani), apparentemente del tutto avulso dal resto del disco, ma capace di integrarsi in modo misterioso con l'atmosfera generale di pazzia e sperimentazione.
Frastornati, sorpresi, incuriositi o magari disgustati dal frullatore musicale messo in piedi da Laswell e soci? Qualunque sia la reazione a queste mie poche righe, fareste bene a dare un ascoltata a "Sacrifist" (e a molti altri progetti del produttore americano): una sana lezione di musica "totale" e distruttiva, in barba a mille settorializzazioni.

VOTO: 1/1
Lorenzo
INFO:
Anno: 1994
Etichetta: Subharmonic
Durata: 44.43 minuti
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