Con l'uscita di "Beyond the stars" i prog metallers Ivory Tower rilasciano il loro secondo album (dopo l'esordio omonimo del 1998, se si esclude un primissimo lavoro autoprodotto quando la band ancora si chiamava "Ax'n Sex"), un disco piacevole, che si lascia ascoltare e che presenta degli spunti tutt'altro che disprezzabili.
La proposta musicale si abbevera alla fonte degli (ex?) maestri del metallo progressivo Dream Theater, con chitarre dall'umore cupo e quasi thrashy, il tutto arricchito da melodie ariose saltuariamente confinanti con quelle del power piu' raffinato (non per niente gli Ivory Tower sono tedeschi). I cinque musicisti teutonici sono tutti estremamente ottimi e mostrano buon gusto anche in fase di arrangiamento, con una lode particolare per il tastierista Stephan Machon (che ha delle uscite veramente spettacolari e mai canoniche) e per l'unico chitarrista Sven Boge, abilissimo anche nelle ritmiche piu' intricate. Il cantante Andre' Fisher e' tecnicamente preparato, anche se dovrebbe imparare a modulare maggiormente la propria voce, che forse risulta, alla lunga, un po' monotona. L'album inizia con la grazia e il dinamismo di "Silence", che si snoda tra ritmiche complicatissime e chitarre massicce, e prosegue con brani come "Secret in me" e la lunghissima (12 minuti) "Foreboding" che non possono non piacere a chi ha amato i Dream Theater di Awake (avete presente "The mirror" e "Lie"?), conditi dai cambi di tempo piu' impensabili ma sempre estremamente diretti e robusti. La ballad "Game of life" e' abbastanza suggestiva, mentre la title-track miscela partiture thrash e sapienti pause tastieristiche e possiede un ritornello molto gradevole. Tra le dieci canzoni proposte (compresa la strumentale malinconica "Treehouse theme"), forse la migliore e' la conclusiva "Treehouse", otto minuti di magia, con un Fisher stavolta decisamente all'altezza. Giochi vocali, passaggi strumentali mozzafiato, e un refrain delicato dai colori tristi, il tutto sottolineato da tappeti di tastiere ancora una volta rubati ad "Awake". Inoltre il finale, che contiene un assolo chitarristico decisamente ispirato, e' veramente splendido. Un disco non fenomenale e non fondamentale, quindi, ma se i Dream Theater avessero fatto uscire un album cosi' dopo "Awake" (invece di quel mattone di "Falling into infinity"), molti avrebbero gridato al miracolo. Agli Ivory Tower manca sempre un pizzico di personalita'...ma sono sempre al secondo disco, lasciamoli crescere. E quello che fanno adesso non e' affatto male.