Il Gatto Fenriz aveva erroneamente creduto di trovarsi di fronte ad uno
sconosciuto gruppo portoghese, gli ultimi arrivati che provavano a
scimmiottare il suono gia' esplorato dai Moonspell di "Sin/Pecado". Si
era pero' sbagliato. Gia', perche' i Deepskin erano guidati da Ares,
quello stesso Ares che aveva militato nei Moonspell dei primi album, e
la miscela sonora che ora riproponeva con il suo gruppo era un figlio
illegittimo proprio di alcune sonorita' dei suoi ex-compagni, ma senza
raggiungere la loro intensita' compositiva.
Basi industrali e con poche idee facevano da sfondo a voci filtrate e
decadenti che ora apparivano e ora sparivano cercando di dare un pizzico
di melodia al tutto. Non mancavano certo i momenti interessanti come
nella canzone "crushed", o in "rubber black" ove si avvertiva quasi un
senso di malata epicita', ma in definitiva potevano essere considerati
poca cosa considerando anche la brevita' del disco.
Melodie cantilenanti e ripetitive, tastiere che ora con suoni aperti e
ora con effetti vari cercavano di riempire i vuoti creati da chitarre
spesso poco espressive, mai concludenti o avvincenti. Anche "underskin",
che a tratti sconfinava in un'acidita vocale e sonora, alla fine
lasciava con una sensazione di infelicita' e insoddisfazione latente.
C'era pero' qualcosa, un certo "non so che" che poco per volta, ascolto
dopo ascolto, aveva iniziato a stimolare il Gatto Fenriz, come se al di
sotto delle molte lacune del disco si celassero invece delle grandi
doti, delle immense possibilita'. Certo i Deepskin si sarebbero dovuti
prima liberare di tutti i fantasmi del passato, e poi allora chissa'...