Con questo "Surface Tension" debuttano i Clockwork, un sestetto proveniente da Philadelphia che, con piena fiducia dei propri mezzi, si getta nell'affollata arena del prog metal. Guidata dalla singolare ugola di Douglas Gillin, che sfodera alcune interpretazioni dal gusto teatrale, la band ci offre 8 brani ben costruiti, mai eccessivi negli arrangiamenti (anche se non mancano le finezze) e dotati di una atmosfera ariosa e aperta, creata da un uso intelligente delle tastiere e dai frequenti stacchi pianistici. Nella migliore tradizione del genere, le chitarre sfoderano assoli tecnici e ritmiche inticate, ben sostenute dal drummer Anthony Sciamanna, che si mostra degno discepolo di Mike Portnoy. Il riferimento a bands come Shadow Gallery e Dream Theater (e quindi ai classici del prog settantiano) e' piuttosto evidente nell'opener "Secrets of the Centuries" e nei fraseggi della piu' diretta "If These Walls Could Talk", dove fanno brevemente comparsa anche flauto e chitarra acustica. Ma questi sono gli unici tributi ai "padrini" del prog-metal; vero pregio dei Clockwork e' il non voler insistere con brani lunghissimi, pur nei limiti del loro stile musicale: "One Wing", con le sue atmosfere mutevoli, e la stupenda "Smile Under Sad Eyes" (grande abbinamento di musica solare e liriche tristi) sono ottimi esempi di come scrivere canzoni interessanti senza lasciarsi andare a sbrodolature eccessive. In questo senso il gruppo dimostra di aver capito che l'esibizione tecnica deve essere incanalata nel giusto binario espressivo, pena la totale incapacita' di emozionare l'ascoltatore. Guarda caso, i brani meno riusciti sono i due strumentali, sicuramente ben scritti (in particolar modo "East of Knowing", dal flavour mediorientale), ma del tutto inutili nel contesto del disco. "The Guardin' of Eden" e' la canzone piu' singolare, tutta costruita sull'interpretazione vocale e sui curiosi cambi di atmosfera, in un contesto a tratti fusion che esalta il lavoro del basso. La conclusiva "Design of Enlightment", oltre a sfondare il tetto dei 10 minuti, e' forse un po' troppo stereotipata e succube dello spettro dei Dream Theater, ma il segmento finale e' davvero bello.
Per gli amanti del prog metal questo album, pubblicato gia' da parecchi mesi, risultera' sicuramente appetibile, vista la qualita' superiore a molte altre uscite del genere. Per chi cerca invece totale innovazione, e' d'obbligo astenersi, anche se, a mio giudizio, tra i solchi del disco non mancano motivi d'interesse. Se un album come questo lo avessero pubblicato i Dream Theater un paio di anni fa, sarei stato probabilmente molto soddisfatto.